Il vecchio duomo [Alessandria ieri e oggi]

tony-ed-io-3-(2)di Tony Frisina e Antonio Silvani.

Edificata nel 1170, sopravvivendo a demolizioni parziali, restauri e modifiche, la vecchia cattedrale di Alessandria troneggiò fino al 1803 in quella che oggi è piazza della Libertà, per tutti gli Alessandrini piazza Rattazzi.

L’all. 1 mostra la maestosa facciata di questo duomo (stampa tratta da un dipinto di anonimo dei primi ‘800) e la sua dettagliata pianta, stupenda per la sua asimmetria, disegnata nel ‘700.

Dietro al duomo fu costruito nel 1730 ca. il palazzo Ghilini, sede della Prefettura e, fino a poco tempo fa (prima del gattopardesco ridimensionamento) della Provincia, dimora nel 1803 di tale Contessa Cristina Ghilini Mathis, donna nota per le sue virtù non del tutto adamantine (vedi all. 2).

Secondo la vox populi (che, come si sa, è anche vox dei) la mole del duomo dava noia alla Signora Contessa in quanto le impediva la visuale della piazza: la ricostruzione di L. Visconti  (vedi all. 3) rende perfettamente l’idea.

Si sa, inoltre, che in questo fatidico anno 1803 Napoleone Bonaparte venne in quel di Alessandria e, secondo il gossip dell’epoca, numerosi furono gli incontri (all. 4) di alcova tra lui e la contessa Cristina.

Sembra che la nobildonna fosse una vera maestra nell’ars amandi e che il Bonaparte fosse ben disposto nei suoi confronti, fatto sta ed è che, così si narrava e si narra tuttora, nel tepore delle lenzuola, un di lei desiderio si trasformo in un impegno per il Console a vita francese, cosicchè…

… sempre in quell’anno il duomo fu demolito e nell’all. 5 possiamo apprezzare la piazza senza più il duomo.

Ufficialmente si disse che si era creata una piazza d’armi centrale, ufficiosamente si sussurrava che la scopata tra Napoleone Bonaparte e Cristina Ghilini Mathis (traduciamo la scritta dialettale nell’allegato) passò alla storia come la mano più cara della storia, costata ben un duomo!

Diceva Cicerone: “Scorta inter matres familias versabuntur…”.

Una felice ricostruzione di Alessandro Scarrone (all. 6) mostra come sarebbe bello, ai giorni nostri, il vecchio duomo ancora intatto e quello che resterebbe di piazza R attazzi a fargli da sagrato.