Giovedì pomeriggio agitato ad Alessandria, almeno nei palazzi della politica e nelle redazioni dei giornali. La sentenza della Corte dei Conti del Piemonte, di cui ormai avrete letto tutti, ha cominciato a girare intorno alle 16, tra dichiarazioni entusiaste e imbarazzati silenzi. Al sottoscritto è toccato anche spiegarne il senso in tempo reale ad un ‘non alessandrino’ di altissimo profilo, di cui leggerete l’intervista su CorriereAl nei prossimi giorni.
E ci ho provato così: “La Corte dei Conti ha semplicemente ufficializzato quel che ogni alessandrino di buon senso già sapeva: ossia che il dissesto di questa città ha avuto radici non quinquennali ma pluridecennali, e tanti responsabili, e non uno solo”. Il mio navigato interlocutore ha sorriso, come a dire “sai che novità, è così ovunque in questo Paese”, e ci siamo rimessi a parlare d’altro.
Dunque, rispettiamo questa sentenza come tutte le altre, e non commentiamo il dispositivo, ma le sue conseguenze.
La prima è che tutti gli ex assessori e consiglieri della giunta Fabbio, ex sindaco compreso, possono ricominciare anche subito a far politica (ma più di uno ci ha già detto “per carità, mi basta e avanza quest’esperienza”), senza alcun limite di incandidabilità, ineleggibilità e decadenza. Ma questa è questione che riguarda in fin dei conti qualche decina di persone. Peraltro la sentenza della Corte dei Conti non cancella la precedente condanna per danno erariale: semplicemente dice che “la dichiarazione di dissesto del Comune di Alessandria non è stata diretta conseguenza del danno provocato dai convenuti, ma affonda le proprie radici nel passato”.
La seconda conseguenza, che dovrebbe appunto interessare tutti gli alessandrini, è quanto sia esteso questo passato, e quali siano dunque i responsabili della situazione che si è creata nel tempo: e non vogliamo esortare alla caccia alle streghe (non ci è piaciuta per nulla neanche quella nei confronti di Fabbio and company, e non abbiamo partecipato), ma a valutazioni di tipo politico complessivo. Perché il dissesto del comune di Alessandria lo stanno pagando a caro prezzo tutti i cittadini, non solo in termini di aumenti di tariffe, ma per il precipitare della qualità della vita, e per il depauperamento del territorio. E, se è sacrosanto guardare avanti e costruire un nuovo scenario, altrettanto lo è non farsi incantare da pifferai magici, ed esigere il massimo di chiarezza e di trasparenza.
Anche se ogni sconfitta è sempre orfana, in realtà il dissesto alessandrino ha avuto padri e madri, e anche tanti figli che a lungo han fatto finta di non vedere, e han raccolto i loro piccoli e grandi benefici, fino al crack definitivo. Guardiamo avanti dunque, ma senza ipocrisie, e senza illuderci che il mondo nuovo sia indenne da antichissimi vizi.
Ps: In allegato, un’analisi di Mauro Traverso, già Movimento 5 Stelle, e assiduo lettore e commentatore del nostro magazine, che cerca in modo semplice di riassumere e spiegare le 3 delibere della Corte dei Conti, e di conseguenza le ragioni storiche del dissesto.