Le Matricole [Ars Eloquendi Goliardiae]

1970--pontifexdi Antonio Silvani.

N.P.

Le storie che stiamo per narrarvi sono completamente prive di documentazione fotografica.

Che la matricola sia lo studente iscritto al primo anno di una Facoltà universitaria, lo sanno tutti. Pochi, per contro, conoscono la definizione Goliardica di matricola:

Definizione di matricola

mATRICULA est

minus, quam minus, quam minus, quam minus

quam minima particula merdae, vix, aegre, stente

e culo defecatum.

Diamo la traduzione di questa definizione in perfetto latinus maccheronicus:

“La matricola è meno, che meno, che meno, che meno di una piccolissima particella di merda, a fatica, con sofferenza, a stento defecata da un culo”.

Da notare il “minus” ripetuto ben quattro per sottolineare la pochezza della matricola ed il genere neutro di “defecatum”, in quanto la matricola non può avere un sesso definito.

Per comodità e per evitare di pronunciare tutta la filastrocca (filastrocca che invece le matricole erano obbligate a recitare tutte le volte che si chiedeva loro di definirsi), le matricole sono per lo più definite con lo sbrigativo “minus quam merda”.

Il termine matricola, infine, non significa soltanto iscritto al primo anno di università, ma indica pure tutti gli scherzi, le “torture”, i riti di iniziazione che devono sopportare i “minus quam merda”.

matricoleLa caccia alla matricola

Alessandria solo da pochi ani ha una sua università, per cui nella nostra città non si poteva dare la caccia alle matricole nelle segreterie, negli istituti, nelle mense (cosa che già facevamo quotidianamente negli atenei a cui eravamo iscritti). Ma i minus quam merda della nostra città mettevano il naso fuori di casa almeno una volta e molto spesso  viaggiavano in treno per raggiungere la città sede della loro facoltà. Ed in questi  frangenti ed in questi luoghi branchi di lupi senza pietà facevano loro le cose più indicibili…

Le matricole quando, in giro, vedevano avvicinarsi qualche Goliarda cercavano di svicolare, ma se venivano catturate, dovevano subire più o meno quello che subivano in Università.

Prima di tutto, se non avevano tempo da perdere, gli anziani obbligavano la matricola a finire la sua passeggiata in mutande, se invece volevano divertirsi, potevano obbligarla ad entrare in mutande in tutti i negozi e, una volta all’interno, far finta di pisciare o contro il banco o nella vetrina o semplicemente in un angolo.

Spesso si vedevano folti gruppi di minus quam merda coricati (sempre in mutande) in mezzo alla strada (ovviamente nelle isole pedonali) che obbligavano pedoni e ciclisti a fare lo slalom.

Era di sicuro effetto vedere un anziano passeggiare nella vasca, nello struscio (chiamatelo come cazzo volete) con una matricola … al guinzaglio. La vittima, a carponi, con una lunga corda al collo, doveva seguire il proprio “padrone”, cercando di imitare il più possibile un cane: fermarsi per annusare qualcosa, alzare la zampa, ringhiare davanti a certe persone, abbaiare, cercare di annusare il culo ai cani veri che incrociavano, di annusare e farsi annusare da un altro cane matricola, ecc.

Quante volte in treno si vedeva un minus quam merda cinguettare (o imitare il verso di qualunque altro animale) per tutto il viaggio, appollaiato sulle rete portabagagli oppure poteva capitare che qualche malcapitato dovesse viaggiare col pene fuori dal finestrino… la punizione raggiungeva il culmine del godimento (per i carnefici) quando avveniva nel periodo invernale, per le colorazioni che acquistava la verga e che comprendevano tutte le tonalità dal rosso al viola. Quando il treno si fermava nelle stazioni alla matricola era permesso di coprire il suo attrezzo con un foglio di carta di quaderno su cui era disegnato a colori vivaci… uno smagliante pene!

Concludiamo la chiacchierata di questa settimana con una storia di cui, assieme ad una merdosissima matricola, fummo protagonisti.

Mia mamma, come abbiamo già detto, era proprietaria di un rinomato ristorante alessandrino ed una domenica mattina (noi dormivamo il sonno del giusto nel nostro lettino) ci svegliò incazzata come una iena e ci fece un culo che era un cappello da prete; motivo: quanto un affezionato cliente le disse la sera prima.

«Mio figlio si è iscritto a Pavia, ma ha il terrore di mettere piede in aula per i tremendi scherzi a cui sono sottoposte le matricole… tra questi farabutti c’è anche un alessandrino, un certo Antonio Silvani, descritto come spietato…»

Meno male che il cliente conosceva mia madre solo come la Signora Olga (oppure col suo cognome da nubile) e quindi l’onore del ristorante era salvo, ma non si salvò il nostro sfintere anale e neppure il nostro portafoglio, per un punitivo salasso della “paghetta” settimanale, durato un mese.

Dopo circa dieci giorni, era un lunedì, il merdoso rampollo (qualcuno me lo fece vedere in fotografia) giunse col treno in quel di Pavia (viste le forti nevicate di auto ne giravano ben poche), mentre noi eravamo arrivati la sera prima.

Rimase basito alla vista del funereo comitato di accoglienza ed iniziò a lamentarsi quando fu obbligato a salire in macchina. Lo portammo nella campagna innevata, vicino agli istituti universitari e, con uno smagliante sorriso sulle labbra e con voce calda, amichevole e suadente, dopo  esserci presentati ed aver sottolineato le sue colpe, gli dicemmo:

«Cara matricola, oltretutto della mia città, potrei sodomizzarti a morte, potrei infliggerti pene innominabili e nessuno solleverebbe obiezioni, in quanto ne avrei ben donde, ma nella mia infinita bontà e per dimostrarti che non serbo rancore, ti farò scopare gratis!»

Il malcapitato fu obbligato ad allestire velocemente un pupazzo di neve in foggia muliebre, a cui, all’altezza della sinfisi pubica, praticammo un accogliente buco.

Per lungo tempo la matricola copulò la nivea pupazza e solo quando la sua verga acquistò un patologico colore paonazzo lo facemmo smettere dicendogli con disprezzo:

«Non sei solo un delatore, sei anche un povero impotente!»

Salimmo in macchina e lo lasciammo solo soletto in aperta campagna.

Di ani ne sono passati, e tanti, ma, non capiamo perché, questa ex matricola, oggi distinto ed affermato professionista, si ostini a non rispondere al nostro saluto quando lo incrociamo per strada!