L’Italia divisa [Il Flessibile]

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di Dario B. Caruso.

È vero che alcuni avvenimenti debbono essere valutati a freddo, senza l’ansia di far male a qualcuno poiché le ferite altrimenti sono ancora aperte e fresche.
Ed è inutile dire che ci sono ferite che fanno male anche dopo molto tempo.
Allora nella pagina odierna cercherò di essere oggettivo, di non perdere il lume della ragione e soprattutto di essere chiaro per non dar luogo a fraintendimenti di sorta.
Sappiamo che il nostro Paese è diviso.
Tristemente e inesorabilmente diviso, aldilà delle barriere generazionali e di genere.

Per questo motivo ho atteso un mese; proprio per definire, lucidamente e a bocce ferme, il mio pensiero sull’accaduto.
Il Festival di Sanremo.
Giunto alla sessantacinquesima edizione, ha dominato le testate dei telegiornali e dei quotidiani, nonché dei tabloid di vario genere.
Come sempre; e come sempre c’è stato qualche record di ascolto: il picco della prima serata, la media più alta della terza serata, il nuovo record al momento della proclamazione dei vincitori e così via.
Eppure mai come quest’anno l’Italia si è divisa.
I primi tre posti rappresentano tre latitudini.

italia_flexAl primo posto il meridione.
Quei tre giovanotti che cantano vecchie melodie con nuovi arrangiamenti, si presentano vestiti di vecchi smoking con nuove facce, sono idolatrati dal pubblico dei cinque continenti, piacciono ai nonni, alle mamme e ai giovani che amano la tradizione.

Al secondo posto il centro.
Quel quarantenne con i capelli manga che canta canzoni pop venate da un filo di rock accennato timidamente, piace all’italiano medio ed ai giovani (soprattutto maschietti) che si lasciano affascinare dal mito ormai sbiadito della chitarra distorta.

Al terzo posto il nord.
Quel volto pulito che racconta gli immigrati di seconda generazione perfettamente integrati, che canta l’amore romantico e lo fa in maniera intelligente e originale, piace all’italiano intellettuale ed ai giovani (soprattutto femminucce) che per via dell’emancipazione non possono più giocare alle bambole e si limitano a sognare il principe azzurro.

Novello Giuseppe Mazzini un fiorentino di mezz’età, il quale ha riunito le tre diversità sotto un unico grande segno: quello della musica.
Checché se ne dica il Festival della Canzone Italiana, pur essendo maldestro, iniquo, lottizzato e politicizzato, ci ridona almeno una volta all’anno quel senso Risorgimentale che si è perso.
Ignobilmente.