Dal Perù al Napoleon [Il Superstite 227]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

In piena apoteosi del bar Perù in Alessandria, a Spinetta Marengo apriva il Napoleon. Era il 16 luglio 1965. Il locale consisteva in una avanguardistica commistione di attività: albergo, ristorante, bar (per tiratardi) e – da lì a un anno, per la precisione dal 15 ottobre ’66 – Whisky a Go Go (e sul termine ci torniamo tra qualche riga). La famiglia Lentoni – il padre Emilio, la moglie Antonietta e i due figli, Giorgio e Luciano – era già saldamente abbarbicata al ponte di comando e in breve creò, imponendolo con dolce e astuta prepotenza, lo “stile Napoleon”, chiave di volta per capire un successo in crescendo durato per ben un quarto di secolo.
Non è così facile descrivere lo “stile Napoleon” a chi non ha mai frequentato il posto. Intanto perché trattasi di un soggetto impalpabile che non si è creato in un giorno, ma si è autogenerato nel corso del tempo. Perché Giorgio e Luciano, insieme, erano proprio così: abilissimi nel farti capire che quel luogo – certi luoghi sono in primis paesaggi della mente – si proponeva sostanzialmente come una via di mezzo tra una confraternita non dichiarata, un club per simili, una seconda casa con regole particolari non scritte prima fra tutte quella di essere sempre disponibile a farti prendere per il culo (va scritta in questo modo altrimenti non sarebbe Napoleon…). Un’atmosfera assolutamente “mandrogna”, in questo senso incrocio perfetto tra il bar Baleta e la Piazzetta (la clientela era in buona parte la stessa), cognomi importanti della città tra i frequentatori ma anche ragazzacci. E, forse, per i cliché dell’epoca, anche qualche ragazzaccia.
Non ho argomenti per dissertare sull’albergo, ma ne ho migliaia per il ristorante, anche seNapoleon1 per motivi anagrafici ho cominciato a sedermi a quei tavoli negli anni Settanta. Ho sempre mangiato bene, però i Lentoni erano soliti dire: «Da noi si mangia, capita l’antifona?»
Ma veniamo al jolly, il Whisky a Go Go, termine che scatenò dissertazioni quasi filosofiche e in odor di scandalo dato che l’insegna luminosa troneggiava e troneggiò sino alla fine tra le luminarie esterne proprio sopra la parola «ristorante». Ogni tentativo di renderla in italiano si dimostrava fallace: discoteca, tavernetta, ritrovo, club, terminologie corrette ma nessuna rendeva l’idea. Lassù al primo piano fu sempre uno spazio unico, senza termini di paragone, dove si ballava, si suonava, si flirtava nel buio e si beveva soprattutto un sacco di whisky. Per l’appunto, a Go Go.
NapoleonWhiskyPer i puristi e gli storici va certo ricordato che il termine fu preso in prestito – ignoro se qualcuno lo suggerì a Giorgio e Luciano, poi vantandosene come di un’idea originale (se fosse così, ci troveremmo in pieno stile Napoleon, un po’ sbruffone e gradasso…) – da un locale piuttosto mitico di West Hollywood, California, posizionato al numero 8901 di Sunset Boulevard nella Sunset Strip, fondato l’11 gennaio 1964 sulle fondamenta di una dismessa stazione di polizia. Per chi ricorda l’insegna del Napoleon, noterà che la grafia è quasi la stessa. In ogni caso si potrebbe andare ancora più indietro nella genesi del nome: almeno al 1947 quando a Parigi venne inaugurato sulla Senna Le Whisky à Go-Go, frequentato quasi in esclusiva da marinai americani.

Presumo che, se qualcuno nel ’66 ne avesse chiesto merito a Luciano, magari lui avrebbe risposto che il riferimento verbale doveva ricordare il GogaMiGoga, arcaico frasario piemontese che lascia intendere baccanali, orge erotiche e altro al di là dell’immaginazione. Il che in quegli anni ancora rilucenti di Dolci Vite, macchine scoperte, vitelloni, bagni nella fontana, Fred Buscaglione e whisky facile, aveva certo un suo senso.
Pensatela come volete, ma il Whisky a Go Go di Spinetta Marengo arrivò al momento giustoNapoleon2 (anche se personalmente ero ancora un po’ imberbe per andarci…) e andò ad assommarsi ad altri locali della città, un po’ diversi tra loro per target e proposte: il Ciao Amici Club di via Pontida (due stanzoni per ragazzini beat di cui avete visto una foto nella precedente puntata); il Pepes di via Legnano, dove si suonava al pomeriggio (lì mi gustai a un centimetro dal palco i Nuovi Angeli, i 4 K con i giovanissimi Franco Russo e Paolo Stella, gli Angeli dell’Inferno, i Black Stones, e poi ci andai pure io con i Leons) e si tirava tardi la notte, e molti lo scambiavano per un night; il Dancing Ferrovieri, aperto solo il sabato per concerti importanti e risse tra i Mods delle Cabannette e gli antagonisti del centro. Insomma, il ragazzo piazzettaro, un po’ fichetto e capelli alla moda, quello che consumava l’aperitivo all’Esco (l’Escobar), girava con il MiniCooper o il Maggiolino con un po’ di grana da spendere, forse non trovava ancora il suo locale.

Così fu sino all’ottobre del ’66. Perché per il Whisky a Go Go, una volta definita la sua larga fascia di età, giunse puntuale e atteso il successo, determinato dal più inossidabile dei dogmi alessandrini che devo porgervi in perfetto stile Napoleon: lassù era sempre pieno di belle fighe. Insomma, per dirla un po’ più soft, ci transitavano le bellissime del reame e di conseguenza i maschietti arrivavano a squadroni.
E’ ovvio che si registrarono serate storiche. Una è ancora oggi documentabile da un corposo biglietto d’invito che riporto integralmente.

SABATO 20 GENNAIO I968, ore 22, SERATA “MASQUERADE”

Regolamento obbligatorio:

Avere l’invito
Conservare l’allegato talloncino per accedere al locale
Presentarsi per poter essere ammessi alla festa “masquerade”, ossia non in costume carnevalesco, bensì con abiti stravaganti attinenti alla moda attuale (beat, hippy, liberty) e al ridicolo
Avere l’animo adatto
Non si ammettono deroghe
Tutto è concesso. Ci si appella alla buona educazione.

L’errore consistette nel segnalare che tutto era concesso... Alla settimana prossima.
Nella foto qui sopra, e in home page, un giovanissimo Giorgio Lentoni con il mitico Ruby Rubinelli davanti al locale