“La cardiochirurgia è la punta di diamante di un ospedale: ma anche il più bravo centravanti, senza attorno una squadra di livello, non va da nessuna parte. E la nostra forza qui ad Alessandria, lo dico con assoluta convinzione e consapevolezza, deriva proprio dal lavoro di gruppo, e dalla sinergia costante non solo con la cardiologia diretta dal dottor Pistis, ma con la terapia intensiva, con tutti gli altri reparti del Santi Antonio e Biagio e anche con la struttura dirigenziale e amministrativa, con cui quando serve si discute anche, ma per fortuna remando sempre tutti nella nostra direzione: e i risultati, lo dico senza falsa modestia, ci sono e sono facilmente misurabili”. Il dottor Domenico Mercogliano ha una simpatia e una cordialità che tradiscono subito le sue radici partenopee, e soprattutto l’amore per il suo lavoro: “Ho fatto tutta la vita il mestiere di cardiochirurgo, come sognavo da ragazzo: più fortunato di così…”. E l’importanza di un clima accogliente e sorridente, lo scopriremo nel corso della conversazione con il direttore del reparto di cardiochirurgia dell’Ospedale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo, è un elemento assolutamente essenziale per ‘stemperare’ nei pazienti quelle paure e quei timori che, inevitabilmente, si accompagnano a disturbi cardiaci. Proviamo allora a scoprire meglio insieme peculiarità e punti di forza di un reparto che è da parecchi anni ai primi posti nazionali di tutte le classifiche di ‘valutazione’, sia dal punto di vista dei risultati ‘tecnici’ ottenuti, che per lo straordinario livello di customer satisfaction, facilmente riscontrabile anche semplicemente navigando un po’ in rete.
Dottor Mercogliano, nell’immaginario popolare collettivo il cardiochirurgo, dai tempi del ‘mitico’ Barnard e dei primi trapianti, rappresenta la sintesi stessa della medicina…
(sorride, ndr) Certamente, e non senza ragione, questo settore è un po’ la punta di diamante della medicina: ma consideri che il cardiochirurgo, quando opera, indossa occhialini quasi fantascientifici, con cui inquadra solo il micro universo su cui deve intervenire: questo implica il massimo della fiducia e della collaborazione con tutto che c’è attorno: in primis cardiologia e terapia intensiva, ma anche la Tac e in realtà tutto l’ospedale. E’ proprio un grande gioco di squadra che consente di ottenere quei risultati che fanno la differenza e che, qui ad Alessandria, parlano da soli.
Ci aiuti a tracciare un po’ la storia della cardiochirurgia alessandrina: che è piuttosto recente…
Recente e prestigiosa: il reparto cardiovascolare (cardiochirurgia più cardiologia) ha aperto nel 1998, e da allora è cresciuto moltissimo per numero e complessità di interventi e di attività. A fondarlo fu il professor Medici, mentre il sottoscritto proprio in quell’anno arrivava ad Alessandria, dopo esperienze variegate tra Napoli, Roma, Bergamo e Inghilterra. All’epoca lavoravo in una struttura privata, mentre dal 2003 sono qui al Santi Antonio e Biagio, responsabile della cardiochirurgia dal 2011. Oggi il nostro reparto è punto di riferimento per un bacino di circa 600 mila persone, e opera in stretta collaborazione con l’Università di Torino, e con le altre strutture cardiochirurgiche della sanità pubblica piemontese.
A proposito di bacino territoriale, e di hub di riferimento: la riorganizzazione in corso nella sanità piemontese cosa cambierà, per quanto vi riguarda?
Spero che qualsiasi cambiamento possa solo essere migliorativo. Già oggi abbiamo una convenzione con le Asl per tutti i presidi ospedalieri del territorio alessandrino ed astigiano. In qualche caso, come a Casale Monferrato, esiste un vero e proprio ambulatorio cardiochirurgico sul posto, dove i pazienti vengono seguiti passo passo e ‘preparati’ all’operazione: naturalmente gli interventi si fanno solo ad Alessandria, ma la sanità che, anche nel nostro settore, si muove e va sul territorio, incontro alle esigenze del paziente, è un elemento essenziale. Speriamo appunto di poter non solo continuare su questa strada, ma di riuscire ad ampliarla.
Dottor Mercogliano, quanti interventi al cuore effettuate in un anno?
Nel 2014 sono stati circa 400, ma siamo strutturati per arrivare anche a 420-430. E i nostri pazienti arrivano per il 20% da altri quadranti regionali piemontesi, e per circa il 10% da fuori regione, estero compreso. La grande distinzione che va fatta è quella tra due percorsi: da un lato ci sono gli interventi ‘in elezione’, ossia quelli che possono essere programmati nel tempo, che sono circa il 55% per cento del totale. Dall’altro lato ci sono i casi che passano dal pronto soccorso, che complessivamente arrivano al 45%, e che si dividono in urgenze (chi deve essere operato entro 24 ore) ed emergenze (quelli che vanno subito in sala operatoria, con priorità assoluta e zero tempi morti).
Il che, dottor Mercogliano, fa pensare ad una struttura aperta H24, come si dice in gergo. Ossia giorno e notte, festivi compresi….
Ed è assolutamente così: siamo in totale 7 cardiochirurghi altamente specializzati, e a rotazione assolutamente sempre pronti ad intervenire, così come succede per gli anestesisti, e per tutto il personale coinvolto in sala operatoria. Ma vale anche per chi fa le Tac, e per i colleghi cardiologi. E naturalmente ricordo anche la qualità del nostro personale infermieristico Siamo un team interdisciplinare, puntiamo sulla crescita del nostro brand, non sull’immagine dei singoli: anche se sul marchio, onestamente, possiamo ancora migliorare. Nel senso che ci sono realtà probabilmente più famose di noi, ma non più brave e qualificate: ma non le dirò mai quali, naturalmente….
Le classifiche nazionali del settore dicono che la cardiochirurgia di Alessandria è, da sempre, fra le prime cinque del paese….
Confermo: e sul fronte emergenze siamo assolutamente fra le prime tre.
Qualche difetto lo avrete anche voi Direttore: criticità strutturali ad esempio?
No, la qualità del reparto è ottima dal punto di vista logistico, come naturalmente le tecnologie. Certo, se potessimo avere più posti letto non ci dispiacerebbe: attualmente sono 10, e in realtà costantemente 12 o 13, perché facciamo miracoli. Ma sono pochi comunque.
Qual è il rapporto di un cardiochirurgo con i suoi pazienti? Dopo operati (con una percentuale di successo che ad Alessandria risulta tra le più elevate in assoluto) li seguite ancora?
Dopo l’operazione ci sono alcuni passaggi standard: il primo, naturalmente, è la terapia intensiva, reparto con cui abbiamo un rapporto strettissimo. Il passaggio successivo, altrettanto essenziale, è la riabilitazione: e anche qui ad Alessandria abbiamo una vera eccellenza, che è il Borsalino. Naturalmente il cardiochirurgo ad un certo punto ‘passa’ la mano al cardiologo, e al medico curante. Ma il rapporto coi pazienti rimane, e sanno di poterci contattare in qualsiasi momento.
Dottor Mercogliano, ad Alessandria esiste anche una cardiochirurgia privata convenzionata, che è quella della Clinica Città di Alessandria. Sono vostri concorrenti?
(riflette e sorride, ndr) Ci ho anche lavorato prima di arrivare qui al Santi Antonio e Biagio nel 2003: li conosco bene. Direi che sul piano culturale sono assolutamente un arricchimento, e abbiamo rapporti di buon vicinato. Dopo di che, parlare di concorrenza è improprio: una struttura privata, non avendo pronto soccorso, non fa urgenze ed emergenze, per cui questo ci differenzia moltissimo. Ma vado oltre: nel mio ormai lungo percorso professionale ho accumulato una serie articolata di esperienze, tanto nel pubblico quanto nel privato: ebbene, rimango convinto che per tante ragioni, in buona parte intuibili, la sanità pubblica, soprattutto in ambiti nevralgici come la cardiochirurgia, sia sempre e comunque la Formula 1.
Avete nuovi progetti alle porte?
Assolutamente sì: anche perché la capacità di innovare sempre, così come la formazione continua, sono elementi essenziali della nostra attività. Gliene cito almeno tre, di progetti che ci inorgogliscono: uno di prossima partenza, e due che sono già realtà da qualche anno, ma rappresentano appunto delle novità per il settore. Il primo è la cardiochirurgia mini-invasiva estrema, che pratichiamo già da tre anni: tecnica che ci consente, in particolare, di riparare la valvola mitrale anziché sostituirla, lavorando con una telecamera ad alta precisione.
Un progetto che, invece, partirà nei prossimi mesi è quello dell’utilizzo della robotica in cardiochirurgia: fino ad ora la stessa robotica è stata utilizzata in altri comparti della medicina, e noi ora, primi in Piemonte e in collaborazione con l’Università di Torino, ne svilupperemo l’utilizzo, con l’obiettivo naturalmente di rendere sempre più efficace ed incisiva la nostra tecnica di lavoro.
E il terzo progetto, Direttore?
Il terzo percorso innovativo, sviluppato negli ultimi tre anni in stretta sinergia con i cardiologi, è il progetto Tavi, che consiste nella sostituzione percutanea della valvola aortica: il che significa senza il tradizionale taglio. E’ una tecnica meno invasiva, anche se al momento anche costosa: la si utilizza con pazienti considerati a forte rischio. In realtà proprio sul fronte della valvola aortica e dei bypass siamo una vera e riconosciuta eccellenza: sono uno dei nostri principali cavalli di battaglia.
Ettore Grassano