Il senso della vergogna [Il Flessibile]

caruso_copertinadi Dario Caruso.

Io.
Quindici anni.
Liceo.
Classe di venticinque.
Ora di matematica.
Interrogazione.
Non sapevo nulla, erano settimane che temevo quell’istante. Ed era giunto.
A quindici anni vivi ancora nella convinzione che ti basta chiudere gli occhi, pensare a una lei qualunque e il mondo passa senza accorgerti che esisti.
Quel giorno a quell’ora il mondo si accorse di me.
Anzi se ne accorse il prof di matematica.
Recatomi alla cattedra, mi rigirò come un calzino, con la grazia e l’eleganza (oggi rara) di chi sa che non hai studiato ma che per non umiliarti prova a sondare varie parti del programma senza successo e quindi ti liquida in quattro minuti netti.
“Due…” disse laconico e un po’ dispiaciuto il prof di matematica scrivendo mestamente sul registro.
Tornai al posto.
Quei quattro metri che mi separavano dal banco mi sembrarono eterni, gli occhi dei mie compagni erano bassi ma li sentivo puntati addosso, mi pareva di ascoltare una litania tipo “dead man walkin’…dead man walking’…”, piangevo dentro e sudavo fuori.
Insomma, in sintesi provavo vergogna.

Teo Mammuccari.
Mi sono sempre chiesto quale dote nascondesse questa figura di show-man.
Oggi ho avuto la conferma, e con me tutta la nazione, di quale dote lo ha portato ad occupare ore e ore delle nostre reti televisive più importanti.

Gigi D’Alessio.
Mi sono sempre chiesto se la camorra fosse davvero così potente da avere la possibilità di portarlo agli onori delle cronache musicali nazionali ed internazionali.
Oggi sappiamo che la camorra unitamente alla mafia possono farlo.

Belen Rodriguez.
Su di lei mi sono fatto meno domande poiché di ragazze belle e incapaci ne troviamo, sempre meno ma comunque ancora troppe (si sa che tira più di un carro di buoi).
Oggi però abbiamo la prova provata nonché la consapevolezza che la politica e il malaffare tirano più di quei peli. Chi l’avrebbe detto? Se lo sapesse mio nonno…

Il buonsenso e quel senso di vergogna, che io ancora oggi mantengo inalterato, non appartengono a questi tre ceffi.
Potete scommetterci.
Li troveremo ancora lì, boriosi e illuminati dalle luci della ribalta.
E noi saremo spettatori; incapaci di reagire, resteremo ammutoliti nel sorbettarci parole volgari, canzoni scontate e tette protette.

Ora chiudo gli occhi e spero fortemente che il mondo passi senza accorgersi che esisto.
Con un po’ di vergogna.