Il vento dell’Expo [Controvento]

Expo 2015 nuovadi Ettore Grassano

A pochi mesi dalla partenza della manifestazione (1 maggio-31 ottobre 2015), l’attenzione attorno al ‘fenomeno’ Expo 2015 sale, come sacrosanto che sia, anche a casa nostra.

E’ slittata a martedì prossimo, causa maltempo, l’attesa firma in Camera di Commercio del protocollo d’intesa tra alcuni player istituzionali che dovrebbero rappresentare la ‘cabina di regia’ territoriale, e fare da fulcro ad una serie di progetti, iniziative, strategie di valorizzazione delle terre alessandrine, ed in particolare del ‘brand’ Monferrato.

Gli stessi temi li affronta, nell’intervista pubblicata su CorriereAl, Manuela Ulandi, presidente di Confesercenti Alessandria e ‘anima’ del progetto Lun’esco.

Cosa dicono un po’ tutti? Che Expo 2015 per le terre alessandrine è un treno assolutamente da non perdere, anche e soprattutto per le possibili ricadute benefiche di lungo-medio periodo sull’economia del territorio, e anche sulla sua riqualificazione infrastrutturale.

Ossia: evviva i tedeschi, gli scandinavi e i cinesi che, nel 2015, decideranno di spostarsi dal mega villaggio di Expo-Rho-Pero (un sito da un milione di metri quadri che si propone di ospitare più di 20 milioni di visitatori) alla scoperta dei territori circostanti, e ben vengano tutti i progetti di marketing e comunicazione finalizzati ad ‘intercettarli’, per far loro scoprire il Monferrato, ma anche il tortonese e le altre parti della provincia, e tutto ciò che può loro offrire in termini ricettivi, culturali, enogastronomici (Nutrire il pianeta, non dimentichiamolo, è anche il leitmotiv della kermesse mondiale). Ma la questione è essere davvero pronti ad accoglierli, e a valorizzare ciò che abbiamo in maniera tale che, per i nostri territori, si apra un nuovo ciclo economico, di cui Expo 2015 può rappresentare la leva, il propulsore di partenza. Non il fine ultimo.

Siamo pronti a tutto ciò? Rispondere no è troppo facile, quasi scontato. E però non si può neanche evitare di fare i conti con la realtà dei fatti. Che è al momento la seguente:

La Regione Piemonte è un ente con 8 miliardi e mezzo di debiti su un bilancio annuale fra gli 11 e i 12 miliardi di euro. Ossia se fosse una grande azienda privata sarebbe già fallita, e in liquidazione. Da ‘molock’ pubblico no, però deve tagliare, tagliare, tagliare. Soprattutto nelle periferie che contano e ‘pesano’ meno, ça va sans dire. Per cui, che possa finanziare in maniera significativa progetti infrastrutturali (ferroviari, in particolare) a sostegno di un’area come la nostra è improbabile. Anzi, tutti i segnali recenti vanno in direzione opposta, e ora andrà ad aggiungersi l’emergenza della messa in sicurezza post maltempo, che ha fatto in diversi comuni della Provincia danni davvero ingenti.

La Camera di Commercio invece, da un anno a questa parte, sta dando una serie importante di segnali positivi. Ma anche lì devono fare i conti con la ‘mannaia’ governativa, che prevede riduzioni drastiche e progressive di risorse. Naturalmente ciò non significa che la ‘cabina di regia’ non possa incidere, in un’azione di coordinamento fra forze diverse: i comuni capozona e le associazioni di categoria in primis. Ma l’impressione è che i privati dovranno fare comunque, in gran parte, da soli.

Le domande allora diventano: quanti di questi privati hanno la forza di esserci? Emergeranno in questi anni dei leader, ossia imprenditori ‘forti’, capaci di investire, e anche di esercitare il necessario ‘appeal’ e un’adeguata capacità attrattiva in ambito internazionale?

E’ verissimo, come dice Manuela Ulandi nella sua intervista, che questo territorio non avrà un futuro industriale (e semmai, aggiungiamo noi, avrà bisogno di cent’anni per smaltire i danni causati dal suo passato/presente industriale). Ma è anche vero che sviluppare una vocazione di tipo diverso, diciamo ricettivo/culturale/enogastronomico di standing internazionale occorre saper mettere in campo una serie di forze, investimenti, competenze che non si inventano, e non si organizzano in 6 mesi.

Un esempio lampante è la risorsa Cittadella ad Alessandria. Oggi un rudere per nostalgici, potenzialmente un contenitore di futuro tutto da inventare: ma, appunto, gli investitori dove sono?

D’altra parte, però, chi ben comincia è a metà dell’opera, e questo Expo 2015 può essere per il Monferrato e per tutto l’alessandrino la rampa di lancio verso un futuro meno grigio, in cui l’entusiasmo prenda il posto dell’odierna rassegnazione.