Percorrendo le strade di Carrà: il lirismo magico delle colline del Monferrato [Very Art]

Carrà l'attesa aperturadi Cristina Antoni

‘In una pianura doviziosa di messi, sulla sinistra del Tanaro, sorge Quargnento con lo sfondo delle vicine colline del Monferrato…Chi è nato come me in un paese e vi ha trascorso l’infanzia, avrà sempre nella memoria immagini e sensazioni di campi e bestiame, emozioni pressocchè ignote a chi è nato in città. Soprattutto sono ancora vive oggi in me alcune strade che corrono in mezzo alla pianura aperta o si arrampicano sulle colline……….’

Carlo Carrà ne ‘La mia vita’

 

Se da Quargnento si sale verso la collina di Cuccaro c’e una strada bellissima, comoda per il cammino, ricca di silenzi, che congiunge due paesi e si snoda in sentieri tra i vigneti.
L’odore del mosto e della terra umida all’ora del tramonto nel primo autunno fanno si che la passeggiata sia anche inebriante mentre si scorgono meravigliosi panorami tra cielo, vigne, camparot (alte torri di guardia a difesa delle vigne) e profili di paesi arroccati.

Non è difficile, con una simile ispirazione, immergersi nelle atmosfere metafisiche di Carlo Carrà, natio di quei luoghi, che sicuramente hanno contribuito non solo alla realizzazione di opere importanti (come ‘La strada di casa’ e ‘L’attesa’) ma anche a nutrire il suo animo diCarrà la strada di casa sensibilità, lirismo e magia per farne un grandissimo artista.
Con il suo percorso artistico, dal Futurismo, alla Metafisica, per esprimersi infine nella più personale cifra stilistica del Realismo magico, il pittore quargnentino si attesta nella storia dell’arte come uno tra i maggiori esponenti del Novecento e della sua Avanguardia. Sue opere figurano nelle collezioni dei più prestigiosi musei del mondo.

La sua arte conferisce onore, gloria e valore aggiunto al nostro bellissimo territorio, così schivo e impenetrabile, che schiude i suoi misteri tra le brume della sera a chi con animo sensibile lo sa percorrere e comprendere apprezzando la bellezza semplice delle cose reali, ma anche intrise di poesia e magia.

Ne la ‘Strada di Casa (1900), prima opera firmata dall’artista, le pennellate divisioniste non dissimulano un sentimento carico di lirismo e di particolarissima armonia, come ne ‘L’Attesa’(1926) appartenente già al realismo mitico. Le immagini sono magnetiche, rammemoranti ed evidenziano luoghi la cui aura o sostanza si dissolve e si perde nella corsa alla modernità, quasi a diventare archetipi .
Così il paesaggio collinare natio diviene ‘il paesaggio’ per eccellenza, come poi saranno, per un lungo periodo, le marine della Versilia. Attraverso la rappresentazione della realtà apparentemente muta, ogni foglia, albero o sentiero parlano di un tempo sospeso, trascendendo e divenendo scrittura. ‘Il paesaggio diviene poema pieno di spazio e sogno’, per dirla con l’artista.
“Quasi tutti i miei dipinti, ha confidato Carlo Carrà, nascono da un lavoro interiore, oscuro e lento.”
Egli lasciava ‘riposare’ i dipinti per settimane e mesi prima di ritornarvi ad aggiungere qualche velo di colore o qualche nuovo elemento che finivano per donare all’opera nuovi e sorprendenti significati.

Carrà solitudineNato a Quargnento l’11 febbraio 1881, da una famiglia che era lì dai tempi delle migrazioni celtiche e quindi piemontese da secoli, cresce a stretto contatto con la natura, scoprendo fin da subito la sete della conoscenza ed il desiderio di disegnare e creare ovunque..
Penultimo di sette fratelli, a nove anni perse la madre ed a dodici iniziò a lavorare come decoratore a Valenza, Biella e poi a Milano, dove frequentò l’Accademia di Belle Arti a Brera, trascorrendo le domeniche alla Pinacoteca di Brera, al Poldi Pezzoli, alla Galleria d’arte moderna del Castello sforzesco. Segantini e Previati furono gli artisti che lo impressionarono maggiormente prima di recarsi a Parigi, dove restò colpito dagli Impressionisti. Nel 1900 si recò a Londra per esigenze di lavoro e qui venne a contatto con gli ambienti socialisti e marxisti..

Rientrato a Milano, nel 1902 e 1903 proseguì l’attività di decoratore. Firmò nel 1910 il manifesto futurista, movimento che seguì e che gli ispirò numerose belle opere.
Iniziò invece nel 1915 l’importante e produttiva esperienza metafisica, parallelamente alla quale egli svolse anche un’attività letteraria di collaborazione alle riviste del tempo. E’ di quell’ispirazione Solitudine, 1917, battuto all’asta poco tempo fa per oltre 3,5 milioni di euro.

La sua vera cifra stilistica fu però quella del passaggio successivo, dopo gli anni Venti, legata al ritorno ai grandi maestri del Passato, Giotto e Masaccio, alla semplicità delle linee e delle forme, ai silenzi e all’enigmatico mistero della Natura e al contatto con essa (realismo mitico).

L’animo dell’artista, in cui si sedimentano con i ricordi dell’infanzia le ondulazioCarrà manifesto futuristani collinari del paese natio, trovò ispirazione anche nei paesaggi marini della Versilia, ove si recava a trascorrere l’intera stagione estiva.

Ma l’opera che a mio parere personale più denota il legame con il territorio è l’Attesa (1926), rappresentativa della bellezza semplice della natura e di ciò che la circonda, un immagine perfetta, realissima, tanto da sembrare vera, ma sospesa, senza tempo, come un sogno fatto all’alba un istante prima di svanire. In un piccolo spazio si raccoglie e si sviluppa un universo intero.
L’immagine della figura umana silente ed appoggiata allo stipite della porta, il cane rivolto nella stessa direzione, il cortile e sullo sfondo la collina divengono l’icona, la rappresentazione assoluta dell’attesa e dell’aspettativa …
per l’artista forse un ritorno alle origini nell’attesa di tornare a percorrere la strada di casa.