Mare Nostrum 1: gli alessandrini signori dei mari [Alessandria perduta]

Boccassi 1di Ugo Boccassi

Chi mette in dubbio la natalità monferrina di Cristoforo Colombo, dovrebbe leggere attentamente questo articolo, e il prossimo. È vero che di alessandrini per mare – tranne il corsaro, battente bandiera genovese, tal Battista di Felizzano, nel 1450, e l’eroe di Lissa Faà di Bruno, nel 1866 – sono poca cosa per attestare aleramici lombi di “colline empatiche al mare”, ma lo stuolo di ammiragli mandrogni – da Ettore Bravetta a Mario Castelletti – che, in tempi recenti, hanno solcato le acque mediterranee ed oceaniche, dà la sensazione che qualcosa di genetico, in questa terra argillosa, ci sia davvero. Insomma, gli alessandrini sono stati grandi anche in acque diverse dal Tanaro e dal Po e, forse, la dimestichezza coi burcé ha sviluppato in loro la capacità di costruire natanti, di affrontare le onde e di esplorare i fondali.

Comincio a parlarvi di Carlo Lardera – il re dei sommergibili

Conseguita presso il Politecnico di Torino la laurea in ingegneria civile, l’alessandrino CarloSommergibile Lardera entrava nel 1894 nel Corpo del Genio Navale, ottenendo una seconda laurea – di ingegneria navale e meccanica – conferitagli alla Scuola, Superiore Navale di Genova.
Fu quindi destinato all’Arsenale della Spezia, coadiutore dei maggiori maestri d’arte navale militare; e la sua attività si esplicò nella costruzione di svariati esemplari delle principali classi delle nostre navi da battaglia, che segnavano lo sviluppo della preparazione del nostro armamento pre-bellico. Tale armamento iniziò con il «Carlo Alberto», tipo degli incrociatori da 7500 tonn., col «S. Marco» (9200 tonn.) e successivamente con la nave «Roma»; venne poi l’allestimento della prima corazzata, «Dante Alighieri», seguita dalle altre due corazzate «Conte di Cavour» e «Andrea Doria», alla cui costruzione il Lardera attese quale capo riparto dell’Arsenale.

L’ingegnere A. Scribanti, maestro eminente di architettura navale, allorché la «Conte di Cavour» scese al mare in quelle magnifiche giornate della nostra rinascita marinara, commentando i criteri tecnici ed economici seguiti dal Lardera nella costruzione della nave, così scriveva nella «Rivista Nautica» (Roma, 1910): «Di questo lusinghiero risultato diamo lode a quanti hanno contribuito a raggiungerlo: … al Maggiore Lardera, perché con amore di tecnico valente e con intelligenza di studioso dei fenomeni industriali ed economici, molti accorgimenti ha pensato e li ha coordinati all’ordinamento generale degli Arsenali».

Verso la fine del 1913, invitato dall’ingegnere Laurenti – il pioniere del sommergibilismo italiano, allora direttore tecnico dei Cantieri di Muggiano – il Lardera passò ai Cantieri stessi, sulla sponda del golfo della Spezia opposta a quella dell’Arsenale, ove il genio di Cavour aveva previsto sarebbe sorta un giorno una nostra cospicua industria, navale.
Dal maggio del ’15, per circa un anno Carlo Lardera fu poi in Russia, mandatovi dalla Società dei Cantieri di Muggiano e ivi ebbe l’incarico di costruire grandi unità subacquee, di oltre 900 tonn.; ciò che per altro non poté fare, per la sopravvenuta rivoluzione. Ritornato quindi in Italia, assunse la direzione dei Cantieri di Muggiano, che sotto la sua guida sapiente ebbero una notevole trasformazione, tanto da essere ben presto considerati tra i principali dei Mediterraneo. Ciò avveniva all’inizio del periodo bellico e il Lardera svolse allora un’intensa operosità per la costruzione di numerosi sommergibili – oltre una trentina – di vario tipo e tonnellaggio, sia per l’Italia che per le Marine dei Paesi alleati. E gli stessi Cantieri, diretti dall’insigne ingegnere alessandrino, provvidero pure alla preparazione e alle riparazioni del naviglio mercantile necessario ai traffici di guerra.

Terminato il conflitto, il Lardera proseguì con rinnovato fervore nell’opera di ampliamento dello stabilimento di Muggiano, e progettò e costruì i quattro sommergibili di grande crociera tipo «Balilla» (tonn. 1400 circa): unità che si sono dimostrate perfette nel compimento di difficili missioni. Nell’ultimo periodo della sua carriera, il Lardera ha ancora diretto la costruzione degli incrociatori «Zara» e «Diaz» che furono i migliori tra gli incrociatori delle loro classi.

L’opera molteplice del generale Carlo Lardera si riassume nella costruzione – avvenuta col suo concorso o sotto la sua direzione – di oltre settanta navi, che diedero sempre e ovunque felicissime prove della loro efficienza; né tale grande attività impedì all’ingegnere alessandrino di dedicarsi anche a studi proficui nel campo sociale ed economico.