Ave atque vale, insigni esempi di bellezza muliebre et virile, che il solo pensarvi mi causa una possente erezione senile… poi il sogno finisce e voi ritornate ad essere quell’umano sfacelo che da sempre vi contraddistingue. Mi auguro che abbiate tutte e tutti trascorso un ferragosto di assoluta libidine costellata da numerosi atti fornicatori, solo interrotti da un intenso lavoro dei muscoli masseteri e dei sollevatori del gomito!
Ciao dunque cari tentativi di ominizzazione, siamo nel 1969+1, ormai sul finire dell’ano accademico (i caldi della primavera inoltrata già inducono le gentili donzelle a levarsi i primi strati degli inutili indumenti) e, siamo sempre in quel di Pavia.
La bella Pavia a cui sono particolarmente affezionato, la bella Pavia che in qualche osteria, in qualche bordello, in qualche aula, nasconde ancora un pezzo del mio cuore, la bella Pavia dove, tantissimi anni fa, la mia anima entrò subito in comunione con Santa Madre Goliardia, la bella Pavia dove Bacco, Tabacco e Venere segnarono con indelebili stimmate la mia mente, i miei sensi, il mio spirito, la bella Pavia dominata dalla Minerva, l’imponente statua che rivolta verso il Ticino, porge il suo severo benvenuto a chi entra in città. La Minerva, simbolo di questo meraviglioso centro universitario, da sempre l’unica vergine di Pavia… perché ce l’ha di pietra!
Siamo dunque a Pavia e qualche frustolo di tempo viene sottratto allo studio (gli esami incombono) grazie ad una festa tardo primaverile alla tavernetta del Demetrio, stupendo bar del centro.
Io ero sempre Cardinale agli Esteri dell’O.G.A.K. – S. Al. ed ancora non pensavo a quello che Santa Madre Goliardia mi avrebbe offerto di lì a qualche mese.
Ecco qualche scena della festicciola.
La foto n° 1 a prima vista sembrerebbe un’ammucchiata gay, ma è solo un po’ di cameratesco calore tra amici.
Il sottoscritto (a), in tonaca cardinalizia (ora non ci entrerei neppure con un braccio) è a fianco di Gigus Sukintoki (b), Cardinale del S.O.T.C.a.P. (Supremus Ordo Taurini Cornus atque Pedemontanus) di Torino. Veramente Gigus (purtroppo da tantissimi anni nel Walhalla dei Goliardi) aveva un altro nome Goliardico, ma preferisco non citarlo in quanto era una nota quanto atroce bestemmia. Non per nulla questo porporato era giudicato il secondo bestemmiatore dell’italico stivale (non è escluso che si parli anche del primo nel prosieguo delle chiacchierate).
La lettera (c) indica il mio amatissimo compagno di scorribande Roberto, in perfetti abito e comportamento talari. Più in alto (d) ecco il capo di un gruppo Goliardico torinese, la Sacra et Temibile Vola del Vampiro.
A fianco ecco il volto sorridente (e) di Golia II Mediolanensis, il capo della Sacra Goliae Comphraternita di Milano. Narra la leggenda che il mio amico Arturo (questo era il suo nome secolare) tanti anni fa sia passato a miglior vita nel migliore dei modi per noi maschietti: murénda sùta i fèr (morendo sotto i ferri), che, in dialetto alessandrino, significa: morendo nel corso di un appassionato coito!
Un altro mio grandissimo amico, purtroppo anche lui scomparso da pochi mesi era (f) Johannes VI Anagnostata, Pontifex Maximus del S.O.T.C.a.P. di Torino. Colui che tende la mano verso il pastorale di Johannes è Rupertus Palestinensis, Cardinale di Torino, le cui idee politiche erano del tutto coerenti col suo nome Goliardico.
Qualcuno di voi, acefali lettori, si lamenterà che ho citato troppi morti, ma in Goliardia vige l’antico adagio “è bello doppo il morir vivere ancora”, nel senso che chi viene ricordato con nostalgia non muore mai, è sempre tra di noi.
Come si evince dalla foto n° 2, religio omnia vicit ed infatti ecco che gli astanti, interrotto ciò che stavano facendo, si inginocchiano (il sottoscritto,”b“, in tenera gioventu era stato chierichetto… che dire: ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio…) o restano in piedi compunti e silenziosi per il “momento dello spirito”: da notare come un Goliarda (c) rampogni i due dietro di lui che continuano imperterriti a chiacchierare.
L’amico Roberto (a) sta impartendo la benedizione iniziale.
In questa foto sono presenti due seri (almeno si spera che oggi lo siano) professionisti, due valenti medici: un otorinolaringoiatra di Alessandria ed un dermatologo di Casale Monferrato.
La n° 3 è uno spicciolo di archeologia Goliardica: è una cartolina, che risale circa agli ani ’20, opera della Goliardia bolognese.
Si nota un Goliarda in adorazione, inginocchiato all’altare che deve essere oggetto di culto di ogni studente universitario.
Possiamo apprezzare, tra i candelabri, l’effige degli dei che compongono la Sacra Triade Goliardica: Tabacco, Venere e Bacco.
Un ginocchio del Goliarda è appoggiato su di un tomo, che sta ad indicare come lo studio sia un altro (magari secondario…) degli obiettivi da raggiungere.
E che significa il sole effigiato? E’ l’esame superato! Il punto interrogativo significa il voto ottenuto.
Nell’iconografia Goliardica il sole è spesso effigiato col numero 18 al posto del punto interrogativo: l’importante è superare l’esame, anche col minimo!
Da notare infine la pubblicità (allora reclame) di un’antico ed ancor oggi attivissimo pastificio: fin da allora la Goliardia ha sempre trovato la maniera di procedere, di vivere, di ottenere il superfluo, a testa (e non solo…) alta!