Web a luci rosse: una pericolosa abitudine*

Caprioglio Ilariadi Ilaria Caprioglio

I problemi connessi all’eccessiva stimolazione visiva li vivono anche i giovani alle prese con una pornografia sempre più violenta e spinta oltre ogni limite. Genitori e figli accomunati dall’appartenenza a quel gruppo che il medico Mario Chimica (Guarire con l’amore, Rizzoli, Milano 1966, p. 317) definiva degli infantili sessuali: persone che consumano l’atto amoroso in assenza di un genuino reddito emotivo, affamate di sesso in quanto carenti di un corretto nutrimento per l’anima e per il cuore:

Chi ha fame di sesso cerca la sazietà, ovunque la trovi. Butta giù quel che il caso gli offre. C’è una brama sessuale delle teste vuote, una mancanza di scelta dei cuori vuoti, che abbassano il sesso a un pericoloso e alla fin fine noioso gioco di società. (Peter Kolosimo, Psicologia dell’eros, Rizzoli, Milano 1967, p. 22).

Da una ricerca condotta dalla Società italiana di Andrologia è emerso come il calo del desiderio e i problemi di erezione, connessi a blocchi psicologici, si stiano diffondendo fra i giovani destinati a diventare, accanto ai loro papà e ai loro nonni, accaniti consumatori di Viagra e simili. Questo dato, tuttavia, non sorprende se si riflette sul costante bombardamento, proveniente dal mondo della pubblicità, di immagini di nudo o con riferimenti espliciti al sesso al quale i maschi sono esposti fin dalla primissima infanzia.
Risentono, inoltre, dell’assuefazione al materiale pornografico che rintracciano agevolmente sul web e delle difficoltà vissute nei primi approcci con le coetanee, caratterizzati spesso dall’aggressività e dall’esibizionismo di queste ultime.

A partire dagli anni Sessanta, molte madri si sono scontrate con la tempestaSenza limiti copertina ormonale dei figli e con la scoperta di qualche giornale pornografico nascosto fra la biancheria dei cassetti o le vecchie cianfrusaglie abbandonate in cantina. La pornografia per un adolescente può svolgere paradossalmente una funzione liberatoria, quasi catartica che permette di sdrammatizzare le fantasie sessuali infantili, liberando l’inconscio dall’angoscia che ancora le circonda
attraverso una loro proiezione all’esterno che, per quanto inquietante, consente di controllarle, elaborarle e condividerle (Silvia Vegetti Finzi, Anna Maria Battistin, L’età incerta, Oscar Mondadori,Milano 2011, p. 142).

Tuttavia, ai giorni nostri, quando la mamma “migrante digitale” si imbatte, nella cronologia della ricerca su internet, nei siti a luci rosse frequentati dal proprio figlio, capaci di far impallidire le vecchie riviste paterne, riceve un virtuale ma dolorosissimo pugno nello stomaco. Quale potrebbe essere la tattica corretta da adottare per fronteggiare simili emergenze?
Ignorare l’accaduto per non mettere in imbarazzo un adolescente che sta scoprendo la sessualità, oppure affrontare l’argomento nel modo più sereno possibile? Nessuno deve considerarsi immune a tali incidenti di percorso: si possono verificare anche nelle famiglie dove è stata offerta ai figli un’infarinatura di educazione sessuale fin dalla più tenera età, magari per spiegare semplicemente la nuova gravidanza della mamma.

Ricordo ancora quando, verso i tre anni, il mio primogenito mi pose la fatidica domanda su come nascono i bambini. Cercai di confezionare una risposta delicata ma, al contempo, sganciata da qualsiasi riferimento al mondo animale, leggi cicogne, o vegetale, leggi cavoli. Così gli parlai del corpo della donna, custode al suo interno di un posticino accogliente e sicuro dove far sviluppare, dal semino deposto dal babbo, un bambino. «Funziona come quando poniamo i semi delle piante nei vasi colmi di terra e aspettiamo pazienti che spuntino i germogli». Ero soddisfatta della mia spiegazione, in bilico fra sessualità e botanica, tuttavia il secondo quesito di mio figlio, perché dai piccoli bisogna sempre aspettarsi una domanda di riserva insidiosissima, mi mise in seria difficoltà: «Mamma, il papà come fa a metterti dentro il semino?».

A quel punto una genitrice attenta allo sviluppo psicofisico della prole ha davanti a sé due strade da percorrere. La prima, accidentata e fortemente in salita, consiste nell’impegnarsi a fornire una risposta il più possibile esaustiva ma edulcorata. La seconda, la mia preferita, asfaltata e larga come un’autostrada a tre corsie, prevede una risposta standard: «Tesoro mio, te lo spiega il papà
questa sera!». Un modo simpatico per incoraggiare il dialogo con la figura paterna, spesso impegnata in altre mille cose.
Tornando alla questione dei primi approcci virtuali al sesso da parte di un adolescente, non è semplice spiegargli senza imbarazzarlo che, con le dovute cautele, può andare a dare un’occhiata ad alcune immagini che circolano on line. Il problema, tuttavia, risulta più complesso di quello che dovevano affrontare le nostre madri, quando scoprivano qualche numero di Playboy sullo scaffale dei libri di scuola. In quei casi potevano permettersi di tralasciare l’accaduto, correndo il rischio che il figlio continuasse ad acquistare le riviste per adulti da sfogliare insieme agli amici.

Adesso è differente: diventa fondamentale dialogare con i ragazzi, spiegando loro il rischio concreto che corrono di essere travolti nel vortice del “sempre di più”, tipico del materiale pornografico presente in rete dove non c’è limite alle perversioni e alla violenza.
Le fantasie indotte da scene forti e ripetute nel tempo possono avere un ruolo notevole nel creare attese e inclinazioni, nel predisporre a una sessualità complessa e contorta. Sul rapporto con un partner in carne e ossa verrà proiettato questo immaginario pesante (Anna Oliveiro Ferraris, op. cit., p. 135).

Tali immagini e filmati sono facilmente accessibili con un clic e vengono fruiti, quasi sempre, in totale solitudine. Le generazioni precedenti si sudavano i trenta minuti di sesso con la pornostar preferita: andavano a comprare la videocassetta da un giornalaio, situato almeno a tre isolati di distanza dal proprio quartiere e poi aspettavano, pazientemente, che la casa fosse libera dai genitori.
Dopo tutto l’impegno profuso nell’organizzazione e l’adrenalina prodotta per la paura di essere scoperti, si riunivano fra amici e la serata scorreva allegra, in compagnia di qualche ragazza che, apostrofando come depravato il fidanzato, lanciava un’occhiata furtiva e incuriosita al film.
La tecnologia ha semplificato tutto e isolato tutti, con la conseguenza che ogni giorno le cronache registrano un allarmante bollettino di guerra, spaziando dagli stupri di gruppo alle violenze più feroci e aberranti ai danni dell’universo femminile.

Nel corso della crescita ci sono momenti in cui il cervello di un bambino e di un preadolescente risponde agli stimoli sessuali.
Durante questi periodi la mente sembra sviluppare una sorta di hardware per gli stimoli sessuali che riceve e da cui in seguito sarà attirata e attratta. Se in queste fasi di particolare sensibilità, il bambino viene esposto a stimoli devianti o immagini pesanti è facile che poi sviluppi dei gusti altrettanto devianti. Potrà ad
esempio associare il sesso alla violenza (Anna Oliveiro Ferraris, op. cit., p. 136).

Quale messaggio veicolare al nativo digitale che si immerge nel mare magnum del web a luci rosse con il rischio di affogare nell’assuefazione? La prima preoccupazione di un genitore ipertecnologico potrebbe essere quella di dotare il computer di un potente antivirus, ma come preservare i figli dalle radiazioni del porno alle quali sono costantemente esposti tramite pc, tablet, smartphone?

A colloquio con Roberto Surlinelli, direttore tecnico capo della Polizia postale e delle Comunicazioni di Genova
D. Oltre il 60 per cento dei minori naviga fra le insidie presenti
nel web senza il controllo di un adulto e la maggior parte dei genitori ritiene impossibile che il figlio possa incontrare un pedofilo in rete oppure possa mettere online immagini di sé nudo o in atteggiamenti espliciti: con quali strumenti sarebbe possibile invertire questa rotta spericolata?
R. Sono molteplici i pericoli che un minore può incontrare on line a partire da scene sempre più violente, e liberamente accessibili, di sesso estremo come accade negli snuff video, nei quali la vittima risulta essere torturata e a volte uccisa dal suo carnefice. Il minore, inoltre, può contribuire attivamente a creare immagini e video a sfondo sessuale nei quali è protagonista e dei quali, una volta messi in rete, perde il controllo. Rientra in questa casistica il fenomeno denominato porn revenge, cioè vendetta pornografica, che consiste nel rendere pubbliche su internet situazioni di intimità con un ex partner al fine di vendicarsi per l’abbandono: i siti che raccolgono questo materiale sono definiti Texxxans in quanto i primi nacquero proprio in Texas.
Lo strumento principale per arginare tali pericoli, qualunque sia l’età dell’internauta, è sempre rappresentato dal dialogo fra genitori e figli in quanto i sistemi di parental control da soli non risultano essere più sufficienti.

D. Quali precauzioni può prendere un genitore per tutelare il figlio all’epoca degli smartphone? Esistono filtri capaci di proteggerlo da immagini e video violenti?
R. Esistono dei filtri anche per gli smartphone che, tuttavia, i giovani possono agevolmente aggirare e che, comunque, non risolvono il problema in quanto un ragazzo può sempre utilizzare il cellulare di un amico privo di sistemi di parental control. Sarebbe necessario, quindi, costituire una rete di consapevolezza fra genitori e insegnanti al fine di tutelare i propri figli.

D. Quali strategie di contrasto potete mettere in campo per arginare il dilagare della pornografia e della pedopornografia su internet?
R. Non possiamo agire per contrastare la pornografia presente su internet in quanto la pubblicazione di tale materiale, destinato a un pubblico maggiorenne, non costituisce reato. Le strategie di contrasto che, invece, mettiamo in atto per arginare il fenomeno della pedopornografia in rete, di specifica competenza della Polizia postale e delle Comunicazioni e attuate dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (cncpo) sono le seguenti:
la raccolta delle segnalazioni e il monitoraggio della rete; l’utilizzo del software cets (Child Exploitation Tracking System) a fini investigativi in sinergia con altre forze di polizia nel mondo;
l’attività sotto copertura di nostri agenti che, fingendosi fruitori, scambiano materiale pedopornografico utilizzando reti di file sharing (cioè reti di condivisione di file) oppure lo acquistano su altre piattaforme; la creazione e l’aggiornamento di una black list di siti di natura pedopornografica ai quali non è possibile accedere
dall’Italia; il monitoraggio delle iniziative di turismo sessuale.

D. Nel 2013, per la prima volta, la sede centrale di Facebook a Palo Alto ha aperto i suoi archivi, collaborando con la magistratura italiana impegnata nelle indagini su un pedofilo, permettendo di prelevare oltre quattrocento file che testimoniavano i contatti fra l’imputato e le sue giovani vittime. L’accesso ai dati memorizzati si
può considerare un importante passo avanti nella lotta al grooming (l’adescamento dei minori in rete)?
R. Assolutamente sì, rappresenta un valido strumento al fine di raccogliere prove ma, anche in questo caso, è fondamentale rendere consapevoli i giovani e gli adulti in merito ai rischi che possono derivare dalla pubblicazione su internet di qualsiasi contenuto che potrebbe contribuire a determinare la web reputation di ognuno.

D. Si può parlare di un rischio assuefazione alla visione di materiale pornografico, pedopornografico e violento anche da parte degli operatori della Polizia postale? Quali sono le misure precauzionali che adottate?
R. Gli operatori sono monitorati periodicamente attraverso test anonimi e, comunque, quando manifestano disagi o sindrome da stress lavorativo correlato, il burnout, sono sottoposti a colloqui con psicologi appartenenti alla Polizia di Stato e destinati temporaneamente ad altre funzioni.

* Brano tratto dal Cap. 3 del saggio “Senza limiti. Generazioni in fuga dal tempo” , di Ilaria Caprioglio, Sironi Editore (2014)