Ecce homo [Very Art]

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Caravaggio (1)di Cristina Antoni

‘Ecco l’uomo’, Gesù Cristo flagellato, mostrato ai Giudei da Ponzio Pilato, allora governatore romano della Giudea. Gesù al momento dell’arresto, secondo i Vangeli, viene ritenuto innocente dal Governatore, ma egli accontenta ugualmente il popolo che lo vuole giustiziare ed inizia a farlo ‘flagellare’. Mostrandolo, coperto di piaghe e ferite pronuncia la frase che dà il nome all’opera: ‘Eccovi l’uomo, vedete che l’ho punito?’

Questo pare dire, l’uomo vestito di nero, dallo sguardo cinico che emerge dalla penombra, forse a rappresentare lo stesso autore nella bellissima opera di Caravaggio proveniente da Palazzo Bianco di Genova e in mostra a Novara, ad ingresso gratuito fino al 20 luglio presso l’Arengo del Broletto, di cui si è gia parlato nell’articolo della settimana scorsa.

Di Michelangelo Merisi, autore del dipinto , ancor oggi, si scrive, si studia, siCaravaggio (2) approfondisce e si fanno interessanti scoperte (vedi Vittorio Sgarbi con libro in uscita e intervista su La Stampa di ieri) sulla modernità dell’artista), perché Caravaggio è stato indubbiamente uno dei più grandi protagonisti della storia dell’arte italiana, ha influenzato tutta la pittura barocca ed ancora oggi continua a comunicare a piu di quattrocento anni dalla tragica scomparsa avvenuta a Porto Ercole nel 1610. Con la sua vita irrequieta e tormentata, le sue luci, le ombre, le prostitute romane divenute sante o madonne nei suoi dipinti, i ragazzi di strada ritratti come angeli, lui stesso autore, nel 1606 di un delitto che lo costringe alla fuga continua per evitare la pena capitale, Michelangelo Merisi ha illustrato ‘nel teatro della fede’ la Roma d’inizio Seicento, rendendola eterna e soprattutto moderna.

Caravaggio 3Osservando l’opera in questione,  si può dire che in centoventotto centimetri per centotrè è rappresentata l’intera umanità. In realtà sono tre figure: Cristo, l’uomo che con i polsi legati e la corona di spine subisce la pena nonostante l’innocenza, l’ingiustizia; Ponzio Pilato, l’uomo di potere, il cinico, l’indifferente, faccia interrogativa e perplessa, inconsapevole del delitto che sta per commettere;  il carceriere, piuttosto premuroso all’apparenza, intento a porgere un mantello o una coperta, mentre prepara Gesù allo scherno della folla.

Lo spazio del dipinto è delimitato dalla balaustra di una finestra che ci separa dalla scena sacra. Caravaggio coinvolge lo spettatore nel sacro dipinto e, identificandosi con Ponzio Pilato, pare invitare ad entrare nella scena e a comprendere i personaggi. La figura di Gesù è illuminata da una luce naturale e divina, che lo esalta e lo rivela.
I personaggi dell’opera non si toccano tra loro, ma sono uniti da una linea invisibile, quella degli sguardi: dal carceriere a Cristo, da Cristo alle mani, dalle mani al volto di Pilato, che vestito alla moda del Seicento guarda lo spettatore negli occhi..

La tela è stata dipinta nel luglio del 1605 per il cardinale Massimo Massimi,Caravaggio (4) personaggio potente della Roma dell’epoca, ed è l’ultima opera eseguita dall’artista prima della fuga da Roma.
Esiste ancora un documento, un contratto autografo dove Caravaggio stesso attesta la committenza dell’opera.
Registrato per la prima volta nell’inventario di Palazzo Bianco di Genova nel 1921, come copia da Lionello Spada senza indicazioni di provenienza e pesantemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale, il dipinto rimane ignorato fino al 1951 quando nella mostra milanese dedicata a ‘Caravaggio e i caravaggeschi’ curata da Roberto Longhi, viene esposta e pubblicata un’altra versione dello stesso soggetto conservata alla Galleria Nazionale di Messina, definita ‘copia cruda’ di un originale andato perduto.. Quest’ultimo viene immediatamente riconosciuto da Caterina Marcenaro, allora direttrice delle Belle Arti di Genova, e dal Longhi stesso nel dipinto conservato a Palazzo Bianco, che ne pubblica l’autografia su ‘Paragone’ nel 1954.