Provincia: addio alle armi! [Controvento]

Palazzo Ghilinidi Ettore Grassano

Tutti a casa, in ordine sparso e con un po’ di malinconia da ultimo giorno di scuola. Quello della maturità però, quando è certo che a settembre si farà altro, ma non si sa ancora bene cosa.

Ieri pomeriggio, a Palazzo Ghilini, è calato il sipario sul consiglio provinciale, ‘almeno su quello democraticamente eletto’, come ha ricordato il presidente dell’ente Paolo Filippi, probabilmente destinato ad un ruolo di ‘reggente’ (ancora presidente, commissario o cosa?) fino a fine anno, con al suo fianco alcuni assessori, ma ancora non si sa quanti, e quali. In verità, ed è ancora Filippi a parlare, “regna sovrana l’incertezza su procedure, competenze, dipendenti”.

E se è vero che “nel corso dell’ultimo mandato provinciale si sono alternati al governo centrale ben 4 premier: Berlusconi, Monti, Letta e Renzi”, è altrettanto chiaro che spetta a quest’ultimo l’onere di fare chiarezza su un processo che, ad oggi, lascia a casa gli amministratori (i politici, nel gergo comune) delle Province, ma soprattutto mantiene nell’incertezza decine di migliaia di dipendenti (60 mila, se non ricordiamo male: circa 600 ad Alessandria) che, se interrogati sul loro futuro, allargano le braccia e ti dicono: “ce lo dica lei, che fa il giornalista”.

Nel frattempo, che almeno una parte di loro si stia ‘girando i pollici’ già da un po’Filippi conferenza non è un mistero: diciamo che sono in stand-by, che fa più fine.
Senza colpe personali, sia chiaro: anzi, niente di peggio che andare al lavoro con l’incubo di non sapere che fare, e che sarà di te dopodomani. Ma questo stato di cose i nostri governanti fingono ad oggi di ignorarlo, evidentemente presi da altre priorità. Così come il presidente (uscente) della Provincia di Alessandria ha ricordato che anche la motivazione più concreta da cui Mario Monti partì, ossia quella del risparmio, pare naufragata nei fatti, e in tutte le proiezioni sin qui formulate. Anzi: se una parte dei dipendenti provinciali diventassero regionali si avrebbe un aumento ‘secco’ dei loro contratti di circa il 20%. Così come Filippi ha ribadito l’altro aspetto, quello relativo agli appalti per beni e servizi: “Pensate solo al riscaldamento per tutte le scuole, finora gestito da noi in maniera centralizzata: se dovranno essere 7 diversi centri zona ad occuparsene, con 7 diversi piccoli contratti separati, di quanto lieviteranno i costi?”

Auguri dunque a Renzi e ai suoi sodali, cui ora spetta il compito di agire hic et nunc, oppure di procrastinare il tutto ‘all’italiana’, non si capisce bene con quale orizzonte.

Ieri comunque, prima di Filippi, è toccato a diversi esponenti del consiglio provinciale (l’ex sindaco di Balzola Francesco Bonafè, il neo consigliere regionale Pd Walter Ottria, Vincenzo Demarte dell’Idv, Pier Carlo Fabbio come capogruppo del ‘fu’ Pdl) ricordare, con toni e accenti diversi, il ruolo svolto dall’ente Provincia in oltre 150 anni di storia, con particolare riferimento agli ultimi venti. “Abbiamo fatto tutti, maggioranza e opposizione, fino in fondo il nostro dovere, e concludiamo il nostro compito a testa alta”, ha concluso Paolo Filippi.
Ma, inutile nasconderselo, da parte del popolo sovrano (ad Alessandria come a Udine o a Catanzaro) non c’è stata e non ci sarà nessuna indignazione di massa per il passo indietro della politica nelle Province. Però qualcuno dica a Matteo Renzi che la riforma delle stesse comincia ora, e che è tutta ancora da realizzare:  si attendono segnali concreti.