Il dipinto ‘La ragazza con il turbante’ di Jan Vermeer e l’età dell’Oro della pittura olandese valgono davvero un viaggio a Bologna, ma anche più lontano se dovesse essere, e sarà da qui a poco, al Maurithuis dell’Aja, importante e storico Museo ristrutturato, che sarà inaugurato a metà giugno.
La ragazza e le altre preziosissime opere della pittura olandese del Seicento torneranno, dopo aver fatto un passaggio in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa (unica sede Bologna) nel loro scrigno naturale ed ivi resteranno a simboleggiare un’epoca di grande fasto per la storia dell’arte ed in particolar modo per la pittura.
In Olanda, nel diciassettesimo secolo, per lunghi anni si assiste ad un fenomeno che appare difficilmente spiegabile per la sua ampiezza; la diffusione della pittura supera tutte le altre arti ed attività culturali. Vi sono numerose opere di grandi studiosi di storia dell’arte che illustrano questo periodo, ma nessuno sa spiegare con certezza il reale motivo di questa fioritura dell’arte pittorica che portò come conseguenza un importante fenomeno.
E’ difficile raccontare in un solo articolo la grandezza della pittura olandese seicentesca, e di tutte le opere in mostra in questo periodo e fino al 25 maggio a Palazzo Fava di Bologna…già solo le nature morte, con i loro silenzi ordinati meriterebbero un capitolo a parte. Nell’articolato percorso della mostra è impossibile non soffermarsi sui paesaggi invernali, con i cieli carichi di nuvole scure in movimento che disegnano la piccola era glaciale di quel secolo nei paesi nordici (nel seicento vi furono infatti inverni molto rigidi e ghiacciati), dei pittori pionieri, (Jacob Van Ruisdael, Jan Both), che viaggiavano con taccuino, annotavano e poi in studio riportavano le loro impressioni, ben lontani ancora dagli impressionisti che produrranno direttamente con tela e cavalletto en plen air.
E’ favolosa anche la sala dedicata alla ritrattistica, in particolare lo sono le opere di Rembrandt e di Frans Hals e Gerard Ter Boch. Molto affascinante il Ritratto dell’uomo con cappello piumato (forse un tronie di fantasia), ed il Ritratto di uomo anziano, ed anche il Ritratto degli sposi di Frans Hals.
Quando si giunge di fronte alle scene di vita quotidiana immortalate da Jan Steen (Ragazza che mangia le ostriche, 1660 circa) o Ragazza che scrive una lettera di Gerard ter Boch, o la Vecchia merlettaia di Nicolas Maes non si può far altro che immergersi totalmente in quel mondo, in quelle atmosfere, fatte di chiaroscuri, di fiamme, di dettagli preziosi e minuziosi, scene di vita quotidiana che l’arte altissima ha fermato per sempre in un tempo che resta sospeso….
Come non restare ammaliati e quasi un po’ commossi di fronte al tenero cardellino, piccolo animale ricco di simbologia e mistero, portatore di messaggi e colori variopinti, ma anche drammatici, così ben ritratto da Carel Fabritius nel 1654 poco prima della sua morte, in un’esplosione avvenuta a Delft proprio nell’ottobre di quell’anno, a causa dello scoppio di una polveriera.
Il tragico evento distrusse purtroppo anche l’atelier dell’artista, e proprio per questo motivo del talentuoso pittore possediamo oggi solo un piccolo numero di opere. La qualità e l’originalità dei suoi dipinti è tale che egli viene giustamente ricordato tra i grandi autori della Golden Age. Fu allievo di Rembrandt ed influenzò Vermeer con la sua tavolozza chiara e brillante. Il piccolo animale nel toccante dipinto apparentemente libero da gabbie è in realtà legato per la zampina ad una sottile cordicella; da un esame radiografico effettuato sull’opera, il dipinto risulta essere stato affisso all’interno della voliera di un ricco collezionista e cosi commissionato a Fabritius…per creare un effetto trompe l’oeil…è tutta un’illusione ottica, anche lo sguardo malinconico dell’uccellino.
Di Jan Vermeer, il mitico pittore olandese di Delft, famoso per l suoi interni ricchi di atmosfera meditativa, luce, ordine naturale e splendidi colori, rimasto sconosciuto per duecento anni e poi fortunatamente rivalutato, morto in grande povertà e del quale conosciamo soltanto 37 dipinti vi è anche un’altra tela in mostra, Diana e le sue Ninfe. L’opera, datata 1653 e’ stata riconosciuta non senza difficoltà al genio di Vermeer. Come nelle altre sue opere, pur trattandosi di una scena mitologica l’ambientazione è tipica di una scena di interno, dove l’ordine , la meditazione e la naturale predisposizione delle cose regnano sovrani; in questo caso Dafne è colta nel momento in cui si fa lavare i piedi dalle Ninfe, quasi un’immagine cristologica.
Al termine del percorso della mostra bolognese, in una sala sovrastata da affreschi e intarsi in legno del Carracci, improvvisamente compare Lei, l’opera piu famosa di Jan Vermeer, con il volto fanciullesco colto di sorpresa, in atto di torsione , con lo sguardo che da ogni possibile angolazione incrocia gli occhi dello spettatore
La tela non è grandissima ma il volto è pieno di luce è questo lo rende piu’ grande. Non si sa se si tratta del ritratto di una serva di casa, come ha voluto sottolineare la celebre opera letteraria di Tracy Chevalier e la successiva trasposizione cinematografica, o della figlia del pittore o la moglie o se si tratta di un ‘Tronie’, tipica raffigurazione dell’epoca, non centrata su una persona reale, ma immagine di fantasia spesso dipinta con abiti fuori moda o abiti esotici, come ad esempio in questo caso il Turbante giallo e azzurro (infatti il nome dell’opera è ‘La ragazza con il turbante’). L’azzurro , molto prezioso è stato realizzato con polvere di lapislazzuli. L’orecchino, troppo grande per essere una perla naturale, è forse una murrina importata da Venezia e poi dipinta , sempre che non sia frutto di fantasia, eseguito con due sole pennellate che non si sfiorano nemmeno. Il ritratto ha un valore ormai inestimabile, fama planetaria al pari della Gioconda di Leonardo e dell’Urlo di Munch. Divenne celebre sono nel 1881, quando fu messo all’asta all’Aja ed acquistata per due fiorini da Arnoldus De Tombes, che con testamento al momento della morte lo dono’ al Maurithuis.
Bella l’idea di immaginare la ragazza come Griet la servetta graziosa ed intelligente del romanzo e del film…ma non è necessario fermarsi a questa storia romanzata nell’osservare il ritratto della ragazza….Lei rapisce, incanta e trasporta in un tempo fermo, silenzioso e sospeso, che forse non esiste o non può essere definito….contiene un attimo di infinito, di bellezza, il ritorno ad uno sguardo familiare, alla giovinezza, ad un sogno…..potrebbe essere al tempo stesso Silvia di Leopardi, o Nerina, o Beatrice di Dante, il suo non è un richiamo erotico, ma magico, di una fanciulla in fiore che racchiude un sogno che non morirà mai.