Province, la finta rivoluzione di Renzi [Controvento]

Renzi 10di Ettore Grassano

La cosiddetta ‘abolizione delle Province’ si sta sempre più profilando ciò che si sospettava fosse: un bluff da pokeristi di scarsa esperienza. O da politici demagoghi, fate voi.

“Tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità degli italiani”, gonfia il petto il Renzi. E non dice che stiamo parlando al più di 100 milioni di euro di risparmi, su una ‘macchina’ (quella degli enti provincia, appunto) che costa su per giù (ma sì, diciamola come Renzi: agli italiani) qualcosa come 11 miliardi di euro. Ma attenzione, che questo è solo l’antipasto. Perchè, alla trasformazione in legge del ddl Delrio (che dopo la sofferta approvazione al Senato torna alla Camera, per l’ok definitivo), una parte dei dipendenti delle Province potrebbe passare in carico, come le relative funzioni, alle Regioni. E il contratto regionale è assai più generoso di quello provinciale.

Eppure, c’è poco da fare: oggi il segnale che va dato è ‘dagli addosso al politico’, in una sorta di nuova caccia alle streghe che mescola e confonde tutto, senza condurre a nulla di buono, e di davvero migliorativo.

Quindi stiamo pronti alla rivoluzione ragazzi: tra pochi mesi potremmo avere nuove targhe su Palazzo Ghilini e Palazzo Guasco, con la scritta Regione Piemonte anziché Provincia di Alessandria, e magari il sottopancia “edificio de-politicizzato”, che per gratificare il popolo in fin dei conti, di questi tempi, basta poco.

Francamente, se le riforme che ha in mente Renzi, e che pensa di poter realizzare, sono tutte di questa portata, siamo mal messi.

Anche perchè ho ascoltato il ministro Marianna Maida (tanto caruccia, e davvero chic: ma il resto è tutto da dimostrare!) affermare che, se si riuscisse a pre-pensionare un po’ di migliaia di dipendenti pubblici, se ne potrebbero assumere altri, ma più giovani! Embhè, tutto diverso da prima quindi: rivoluzione anagrafica.

L’altra mattina, intanto, ho sentito una signora raccontare, al bar, che il figlio, che crede ancora in questo Paese, ha costruito un nuovo capannone, investendo i risparmi di famiglia (speriamo per lui non tutti). “In Svizzera o in Austria?”, gli ha chiesto caustico il barista. A chi dareste torto dei due? Chi di voi (avendoli, si intende) in questo momento se la sentirebbe di ‘scommettere’ davvero i propri denari sulla ripartenza del Paese, al di là delle chiacchiere?