Sei di Alessandria se…[Lo Straniero]

marenzana_angelodi Angelo Marenzana

Nel corso di quest’ultima settimana ho avuto il piacere di leggere, proprio sulle pagine di CorriereAL, due differenti pezzi a firma, il primo (Lisondria, l’infanzia, le bombe, l’amore) di Danilo Arona e  il secondo (Corso Roma, il tram e la Libreria Bertolotti) di Tony Frisina.

Sorvolo sulla presentazione degli autori, egregi e stimati rappresentanti (anche anagraficamente) di una stessa generazione, ma soprattutto per il fatto che sono due nomi a non aver alcun bisogno di premessa alcuna, tanto è la loro notorietà nel mondo alessandrino.

Si tratta di due spezzoni, direi emozionanti, di Alessandria del secolo scorso. E credo che non siano il frutto di pennellate tra il retorico e l’agiografico da consegnare alla memoria. E nemmeno si tratta solo di un afflato di nostalgia per il bel tempo che fu. Piuttosto, e mi permetto di leggere nelle intenzioni nascoste dei loro autori, è stato fatto un buon uso della scrittura per comparare (nel primo caso) un’idea di forza e vitalità che fiorisce in mezzo al dramma della guerra e che oggi spesso non riusciamo a ritrovare nonostante i drammi siano più soffusi al contrario di allora. E (nel secondo) per sostenere un’idea di bellezza (pensata, progettata e realizzata) da contrapporre al vuoto di un pensiero architettonico e decorativo capace, ormai da troppi decenni, di rendere dignità alla città.

Basti solo pensare all’ultimo (in ordine di tempo) obbrobrio perpetrato ai danni della collettività, ovvero il recupero di corso Roma, costato neanche poco in denaro e disagi.

Sono due articoli che, nella loro essenza, si completano. Da una parte la forza di una donna (che rappresenta certo una generazione) dall’altra un’idea di bellezza, utile ad ospitare l’anima di chi in una città ci vive.

E se pure lasciamo le pagine di CorriereAl e ci perdiamo tra i gruppi di Facebook, in queste ultime settimane ne scopriamo uno tutto cittadino “Sei di Alessandria se…”, una specie di piacevole “tormentone” ormai giornaliero che spinge diversi “amici” a proporre piccoli percorsi nel mondo di ieri. Ricordi rapidi, quasi folgoranti, di personaggi, istantanee di momenti, detti, luoghi comuni, con il dialetto a farla da padrone per battezzare una quotidianità fatta di vezzi ormai scomparsi.

Che dire? Se non salutare positivamente queste ventate che spazzolano via la polvere che piano piano rischia di depositarsi sul nostro senso di appartenenza alla città.  E forse non è nemmeno un caso che tutti questi ingredienti di “alessandrinità” diano una punta di gusto a una città che oggi, forse come ieri, appare agli occhi dei più come sfibrata. Una città che sembra bombardata (basta vedere le strade), non più in grado di reggere le intemperie (di qualunque natura siano). Immobile, paludosa, lenta anche grazie a troppi anni di governo ambiguo, incompetente e senza un’idea di futuro da proporre.

E se nel futuro non troviamo garanzie, ben venga il rimestare un po’ nel passato, sperando di ritrovare un po’ di quel ristoro di cui abbiamo bisogno per provare a ripartire.