Renzi e la burocrazia [La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

‘Scopa nuova, scopa bene’ è proverbio antico che si può applicare a molti ambiti. Sicuramente alla politica. Sicuramente a Renzi. Non voglio pennellare un altro ritratto del nuovo presidente del Consiglio; voglio solo dire che vista la giovane età, visto l’entusiasmo con cui si muove, vista la notevole fiducia in sè stesso, vista la determinazione di cui fa sfoggio, i primi cento giorni del suo governo è molto probabile saranno veramente dedicati ad affrontare questioni importanti, di grande momento, come si suol dire.

Ma quello che mi ha molto confortato è che domenica Renzi abbia dichiarato che per lui la guerra contro la burocrazia “sarà la madre di tutte le battaglie”, il nodo cruciale di tutto il suo programma.. E l’ha detto alto e forte, non sottovoce, tra qualche amico, ma in modo da guadagnarsi le prime pagine dei giornali (vabbè che ormai ogni cosa che dice fa quella fine, ma andiamo avanti). Così forte e chiaro l’ha detto, che qualche organo di stampa ha pensato bene di sostenere il popolare Matteo con qualche pezzo di approfondimento destinato a spiegare per bene ai lettori di cosa si tratta.  E forse incoraggiati dall’annuncio presidenziale, sono andati a fondo, come altre volte mai, nell’illustrare il blocco di potere, di interdizione, di dissuasione che è oggi rappresentato dai quadri dell’alta burocrazia romana: così ramificato, così intrecciato con la classe politica da far pensare che ogni tecnica per scioglierlo, al di fuori di quella applicata al nodo gordiano, sia destinata a fallire.

Ma cosa ha determinato la crescita enormemente ridondante di questoRenzi lavoro 2 organismo? Alcuni ragioni sono squisitamente culturali e stanno all’origine di uno Stato che concepiva la burocrazia in modo occhiuto e sospettoso come accadeva nelle monarchie ottocentesche (che dovevano tenere a bada i loro sudditi) e che ha mantenuto lo stesso orientamente anche con quelli che dal dopoguerra a oggi dovrebbero essere cittadini. Ne ho accennato in altre ‘code’ ma qui sorvolo per arrivare rapidamente alla situazione attuale. I cui presupposti più recenti ci vengono spiegati da Guido Salerno Aletta sul sito www.formiche.net: “Tutto deriva dal fatto che ormai da venti anni la politica si è ritirata dalla guida dell’Amministrazione: per evitare guai giudiziari non firmano più nulla. […] Abbiamo il paradosso, in questi giorni, di un Vice ministro che si è lamentato di essere ancora senza deleghe dopo otto mesi dal giuramento: i burocrati saranno pur sempre nominati fiduciariamente, ma fanno ciò che vogliono. Finchè i ministri ed i sottosegretari non ricominceranno a mettere loro le firme sugli atti amministrativi e di spesa, non avranno nessun potere vero di controllo e di direzione sulle amministrazioni”.

Da quando è stata abrogata l’immunità parlamentare la politica ha evitato ogni rischio scaricandone il peso sugli apparati burocratici, che hanno ringraziato per gli emolumenti da sogno che hanno ottenuto in cambio e sono diventati da allora assolutamente autoreferenziali.

Non solo. Facciamo questa volta riferimento a un documentatissimo articolo di Sergio Rizzo apparso sul “Corriere della Sera”, che ci spiega per esempio come la Segreteria generale della presidenza del Consiglio, certamente una struttura cruciale e complessa, nel tempo sia diventata gigantesca e oggi impieghi “4.500 persone, più del triplo rispetto al Cabinet Office del premier britannico David Cameron”. E conclude: “Inutile dire che il cambiamento vero della pubblica amministrazione parte da qua: l’alta burocrazia. Ed è certo che la portata innovativa del governo Renzi su questo fronte si giudicherà dalle prime mosse. Vedremo se il ministro Marianna Madia darà seguito ai propositi di introdurre misure per l’Italia sconvolgenti come la licenziabilità dei dirigenti o l’obbligo di rotazione degli incarichi dirigenziali dopo un massimo di sei anni. Un grimaldello che potrebbe mettere in crisi incrostazioni di potere […].
Anche se per sbriciolarle completamente manca un passaggio. Ovvero, che le leggi siano scritte in modo chiaro e trasparente, e soprattutto che per essere attuate non abbiano bisogno di decreti, norme o circolari ministeriali: un sistema che espropria il Parlamento del potere di legiferare affidandolo a meccanismi nebbiosi manovrati da una burocrazia spesso ottusa e autoreferenziale, corresponsabile dell’immobilismo. Con il risultato che tutto finisce nel pantano. A ottobre 2013 il Sole24ore ha calcolato che per rendere operative leggi emanate a partire dal governo Monti mancavano 469 provvedimenti di attuazione”.

Sarà interessante assistere a questa partita. Noi gli auguri a Renzi li facciamo in tutta sincerità, per il resto staremo a vedere.