Preferenze o voto di scambio? [La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zocccola

Disperato perché non riesco a liberarmi dalla sindrome che mi costringe a leggere giornali e riviste di ogni tipo, nonché ad assistere a trasmissioni televisive di discussione, si fa per dire, politica, mi rifugio anch’io nello sterminato bagaglio delle citazioni di un autore molto utilizzato da chiunque ami il guizzo geniale, l’intelligenza fulminea che fotografa la frequente assurdita dell’agire umano: Oscar Wilde.

Sono tamente tanti i bon mot che gli vengono attribuiti che a volte sorge persino il dubbio che molti non siano davvero i suoi. Pazienza, prendiamoli per buoni anche se, come italiano preferirei pescare nel bacino letterario italiano utilizzando autori come Flaiano e Longanesi alle cui icastiche formulazioni è solo mancata la vastità di diffusione che è garantita dalla lingua inglese. Vabbè, per non tirarla troppo per le lunghe, cito il seguente aforima wildiano: “Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza”.

A che proposito? Ma del tema delle preferenze che sembra essere diventato una discriminante fondamentale per decidere se uno è democratico o no. A questo strumento vengono infatti attribuite valenze salviche che ci trasporterebbero automaticamente in un’aura di perfetta democrazia in cui, lasciati liberi di scegliere, i cittadini indicherebbero i migliori tra i candidati alle elezioni facendo piazza pulita di maneggioni, lobbisti, capi bastone, loschi figuri adusi a corruzioni e camarille di ogni genere.

Ma quando mai! Sono abbastanza vecchio da ricordarmi molto bene delle quadrette, delle terzine, di tutti i giochini che le preferenze consentivano, per cui a finire eletti erano sempre e comunque quelli scelti dai partiti oppure coloro che avevano deciso di investire seriamente sul proprio futuro di parlamentari. Se c’è uno strumento che consente la manipolazione del voto elettorale è proprio quello delle preferenze e a testimonianza cito un articolo di Barbara Alessandrini, apparso su www.opinione.it, che riporta parte di una ricerca condotta sui risultati delle regionali del 2010.

Ne risulta la fotografia di un’Italia “ancora una volta spacchettata in tre realtà: unVoto_di_scambio Nord in cui il tasso di preferenza è arrivato al 30,2%, un Centro con il 41,5% e il Sud che ha toccato la punta massima dell’80,3%. È più che legittimo azzardare l’ipotesi che l’inclinazione dell’elettore settentrionale e centrale a premiare la lista con un voto di opinione generalista tutt’al più concentrato sul candidato premier, man mano che si scende lungo lo stivale, ceda il passo alle scelte personalistiche, frutto delle condizioni strutturali e culturali che informano il rapporto tra elettorato e politici”. Come a dire voto di scambio.

Penso non siano necessari commenti. Vero è però che la democrazia come è interpretata oggi in Italia abbisogni di profonde correzioni. Bisogna fare in modo che l’elettore non sia soltanto l’utile idiota che viene chiamato al voto ogni cinque anni e poi se ne sta alla finestra per altri cinque anni senza nessuna, o pochissime, possibilità di intervenire nel gioco politico mentre gli eletti, fanno tutti i loro comodi, magari siglando trattati e accordi tra nazioni che esplicitamente non prevedono nessun consenso da parte dei cittadini, i quali ne devono soltanto, come nel caso dell’Euro, subire le terribili conseguenze. Altro che preferenze, bisogna riportare l’elettore al centro dell’elaborazione politica.

Il concorso di idee è aperto.