Giovani impreparati? Lo dicono le aziende….[La coda dell’occhio]

Zoccola Paolodi Paolo Zoccola

Mai come in questo periodo siamo stati sommersi da statistiche, da percentuali, da schemi e diagrammi che danno visibilità a ogni aspetto dell’economia. Eppure… eppure qualche volta i conti non tornano. O comunque rivelano una realtà diversa. Prendiamo per esempio il caso della disoccupazione giovanile venendo a incrociare le esigenze delle aziende e l’offerta scolastica.

Lo scorso 22 novembre il rapporto Excelsior di Unioncamere certificò che “nonostante la crisi economica molte aziende non riescono a trovare facilmente alcune figure professionali e personale adeguato”. In particolare le specializzazioni maggiormente richieste dalle aziende, ma di difficile reperimento sul mercato dell’offerta giovanile sarebbero:

Esperto di software
– Esperto di gestione aziendale
– Analista programmatore
– Progettista meccanico
– Operatore commerciale estero
– Sviluppatore di software
– Educatore per disabili
– Tecnico commerciale
– Addetto marketing
– Programmatore informatico
– Progettista elettrico
– Infermiere
– Educatore professionale

Ma come? Con tutti gli ‘smanettoni’ in circolazione mancano gli esperti e gliLavoro-giovani sviluppatoridi software? Mancano i programmatori informatici. Con il fervore di attività sviluppata dal terzo settore mancano gli educatori di disabili e gli educatori professionali? Sembrerebbe impossibile eppure niente ci permette di dubitare di un organismo affidabile come Unioncamere. Anche perché sul ‘Corriere della Sera’ di martedì scorso, sono stati pubblicati i risultati di un’indagine in campo imprenditoriale che sostanzialmente viene a confermare la situazione. I dati provengono dal rapporto McKinsey, condotto su otto Paesi Ue e presentata nei giorni scorsi a Bruxelles.
Spiegano come “il 47% dei datori di lavoro italiani” ritengano le loro aziende danneggiate dalla impossibilità di trovare lavoratori preparati. Un altro record italiano: si tratta della percentuale più alta fra tutti i Paesi esaminati.

Ed ecco subito un esempio lampante: in Italia il lavoro più ambito dai giovani è il creatore di siti Web (61% contro il 58% di «sì» dei giovani tedeschi) mentre per le aziende la competenza informatica attestata dai curricula che ricevono dai giovani che cercano impiego raggiunge appena il 18%. Ma non solo. Saremmo portati a pensare che con tutti i servizi e reportages allarmati che ci descrivono orde di giovani che vanno all’estero per cercare lavoro, il possesso di un inglese fluente sia ormai ampiamente diffusa. E invece non è così perché, sempre secondo le aziende, una buona conoscenza di questa lingua è soddisfatta solo dal 23 per cento dei propri dipendenti.

Sembrano due mondi che non riescono proprio a comunicare, ma un dato riportato dal rapporto McKinsey chiarisce molte cose: “il 72% degli educatori in Italia pensano che i ragazzi abbiano le attitudini di cui avranno bisogno alla fine della scuola; ma solo il 42% degli imprenditori concorda”.

Si tratta di una discrepanza che rivela due visioni della realtà decisamente diverse, e non credo che gli imprenditori italiani siano esageratamente esigenti. Concludendo con un piccolo apporto personale posso dire che sono ormai molti anni che sento amici imprenditori sostenere che “se cerchi personale non particolarmente qualificato tanto quanto, ma se hai bisogno di uno davvero bravo, non lo trovi mai”.

Sarà il caso di fare qualcosa. Magari cercando di incrociare meglio domanda e offerta e poi, soprattutto, incominciando a ripensare seriamente tutto il sistema scolastico, come ho proposto in mie precedenti ‘code’.