Non è che mi diverta a fare il millenarista da venerdì di fine mese, ma far finta che non stia succedendo nulla sarebbe altrettanto irresponsabile.
In questi giorni l’Italia sembra davvero un Paese al capolinea da tanti, troppi punti di vista perchè possa trattarsi solo di curiose coincidenze.
Da un lato la vicenda Telecom (che va a sommarsi a tante altre analoghe, meno evidenti: la nostra economia è in svendita. Ma del resto quando auspichiamo investimenti stranieri sul suolo patrio a cosa pensiamo?), dall’altro la pantomima surreale di Berlusconi, che si trascina, e ci trascina, da un tempo inenarrabile, senza che nessuno abbia la forza e la dignità di mettergli la parola fine, una volta per tutte.
Riguardo a Telecom, ora si scopre che nessuno sapeva nulla: da Bernabè a Letta. Quindi quel mio amico che, limitandosi a leggere i giornali qui in provincia e ad annusare l’aria, me ne parlò un mese fa e oltre sarà come minimo dei servizi segreti: meglio che me lo tenga buono, che dite?
La verità è che siamo un Paese di ipocriti, e di finte vergini. Punto. E che Telecom è un’azienda con una montagna di debiti (superiori al fatturato annuo: a me han sempre detto che sopra il 60-70% sei praticamente fallito, ma i tempi cambiano!), e da sempre mal gestita. Ovvio che gli spagnoli razionalizzeranno, taglieranno costi e personale, ottimizzeranno. Ma che dire di quest’altra farsa del ‘proteggeremo la rete, e i dati sensibili?” A voi forse se vi spia un ‘tavaroli’ italiano o uno spagnolo vi cambia qualcosa? Mah…..
Su Berlusconi, abbiamo già detto tutto tante volte. Ora il Pdl per opporsi all’applicazione della legge italiana minaccia le dimissioni di massa (e tornano a parlare di ‘accuse deliranti’: passi per il delirante, come opinione. Ma non sono accuse, cari: è una condanna definitiva. Silvio è un pregiudicato: fate pure la rivoluzione, ma almeno raccontatela giusta alle vostre truppe), a cui Napolitano replica che nel caso, extrema ratio, si dimetterà anche lui. Intanto il Presidente della Repubblica si fa fotografare mentre brinda con Sergio Zavoli. Quasi duecento anni in due, e il “boccino” ancora in mano: se non è un Paese in disarmo e senza futuro questo, ditemi voi.
Non è che dovremo, alla fine, dimetterci noi da italiani, vero?
Poi ci sono le questioni locali, alessandrine. Con un’economia pubblica e parastatale a pezzi, e che cerca di tirare a campare, mese dopo mese, sperando nel miracolo. E tutti gli altri, ossia noi che allo Stato i soldi li portiamo soltanto, senza riceverne in cambio in forma di prebenda mensile, che ci ingegniamo con allegria a sopravvivere nel nuovo mondo, in cui il lavoro sarà sempre meno centrale, e sempre più simile ad un hobby tra i tanti.
E intanto tengono banco i diritti civili, e il loro presunto calpestamento: si sentono calpestati gli esponenti del movimento LGTB (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender), e naturalmente i loro paladini della sinistra democratica, ma anche le associazioni cattoliche, e da quelle parti c’è chi pensa di ‘sguainare le spade”. Calma ragazzi, calmatevi gli uni e gli altri: è tipico dei Paesi che stanno sprofondando scatenare crociate ‘diversive’. Non abboccate, e non smettere di confrontarVi civilmente: è l’unica strada. Ma di questo riparleremo.
Chiudo con una citazione musical-letteraria ‘millenarista’, che credo ben sintetizzi lo stato di cose. Cantava ormai parecchi anni fa il grande Max Manfredi: “C’erano tutti i segni della fine/ma non c’era la fine”.
Ecco, oggi siamo messi un po’ così: non siete d’accordo?