I conti non tornano. Qualcuno di sicuro non ce la racconta giusta, e naturalmente speriamo che a sbagliarsi siano coloro che prevedono il crollo più o meno imminente del sistema Italia, e non gli aedi della ripresa economica dietro l’angolo.
Ieri, i giornali cartacei e on line ‘sparavano ‘ con grande enfasi l’ottimistica analisi del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni (non un Carneade qualunque, quindi: nella foto), che non solo enfatizzava la fine della recessione, ma faceva riferimento ad una ripresa ormai dietro l’angolo. Quando a parlare è un personaggio di questa levatura, è lecito ipotizzare che lo stia facendo da un osservatorio, e con competenze, non proprio da uomo della strada, e quindi con un conseguente livello di attendibilità piuttosto alto. Del resto, considerato che la crisi dura nei fatti ormai da diversi anni, e che l’Italia in particolare ha vissuto gli ultimi 24 mesi in piena recessione, tutti noi non aspettiamo altro che poter finalmente, dopo la pausa di agosto, ripartire con nuovo entusiasmo, di cui c’è disperato bisogno.
Però un altro signore, Giorgio Squinzi, che di mestiere fa l’imprenditore, e soprattutto è leader di Confindustria, indirettamente ha risposto a Siccomanni con un bel ‘frena, amico, frena’, sottolineando che “la ripartenza sarà molto debole, e dipenderà soprattutto dal miglioramento della situazione internazionale”.
Insomma, un semplice ‘rimbalzo’ tecnico, effetto del nostro export verso quei Paesi (Stati Uniti in primis) che sono, loro sì, in ripresa effettiva. Che si tratti di qualcosa di più, invece, è tutto da verificare. Insomma, neanche Siccomanni, con il coro di tutti i media a sostegno, può convincerci che un Paese con un debito da paura, una macchina pubblica ‘ipertrofica’ e inefficiente, un sistema produttivo ‘imballato’ e demotivato, infrastrutture vetuste e una sanità a rischuo default, possa uscire dalla crisi con la bacchetta magica, o per semplice traino estero.
Magari qualcuno esagera pure con il catastrofismo, ma “i numeri” dell’Italia estate 2013 sono effettivamente drammatici, e sperare di ribaltarli con parole in libertà, per quanto provenienti da fonte autorevole, può creare più irritazione (come gli sfoghi che abbiamo sentito noi ieri mattina nei negozi e bar alessandrini) che entusiasmo. Calma e sangue freddo dunque: dalla crisi si deve cercare di uscire, ma con fatti e concretezza, non attraverso semplici slogan.