5 domande a… Paolo Bellotti

Bellotti Paolodi Andrea Antonuccio.

Funzionario Giuridico Pedagogico del Ministero di Giustizia, responsabile dell’ufficio educatori del carcere di Alessandria, vorace lettore di fumetti e grande fan di Vasco Rossi, Paolo Bellotti è assai noto in città per le battaglie politiche sostenute in opposizione alla giunta Fabbio, e per le coraggiose denunce legate alle presunte “infiltrazioni” della ‘ndrangheta nel nostro territorio. Alle nostre domande (5, più un bis) ha ribattuto con 5 risposte e un documento. Buona lettura!

1) Paolo, che cos’è per te Alessandria?
Alessandria è la città nella quale sono nato e nella quale affondo le mie radici. Mi piace ricordare che in città c’è una piazza, al quartiere “Cristo”, intitolata a Vittorio Bellotti, mio padre. Quindi è una città che non posso non amare. Ma se amo Alessandria, amo molto meno gli alessandrini. Gli rimprovero il fatto di non aver il coraggio di sperimentare nuove vie, di essere troppo legati alla cultura del qui e ora e di non sapersi proiettarsi nel futuro. E’ una città che potrei definire  culturalmente “omologata” al potere di turno, chiunque al momento lo rappresenti. Una cittadinanza che, come in una lagna infinita, continua a lamentarsi che nulla avviene, ma è subito pronta a segare le gambe ad ogni novità manifestata appena fuori dagli schemi. Sarà colpa della nebbia, o del fatto che manca un vero centro storico come luogo di confronto e di incontro, ma sta di fatto che gli episodi di innovazione e di solidarietà, seppur presenti, rappresentano solo una lodevole eccezione e non invece un modello culturale di riferimento.

2) Pensi anche tu che Rita Rossa si debba dimettere?
Ci mancherebbe altro: l’arrivo di un commissario sarebbe la rovina definitiva della città. Il compito della politica è quello di incalzare, suggerire, proporre e magari anche contestare il Sindaco quando non si è d’accordo sulle sue scelte, ma un commissario non farebbe  altro che applicare rigidamente delle norme, senza alcuna possibilità di confronto e di dialogo, e sarebbe un vero disastro. Trovo però strabiliante che a chiedere la dimissioni del Sindaco attuale siano, fra gli altri, proprio quelli che hanno ridotto in miseria l’intera città. Mi chiedo con che faccia i vecchi amministratori  girino ancora per le vie cittadine pur sapendo che con le loro azioni ne hanno causato il fallimento. Cosa pensano? Che via la Rossa, quelli di prima possano tornare a governare la città? Gli alessandrini non farebbero mai una stupidata simile. Magari guarderebbero a nuove formazioni, ma il ritorno alla giunta Fabbio proprio mi sento di escluderlo.

3) E oggi tu che faresti per salvare la città?
Penso che il nodo centrale della crisi del Comune risieda non tanto dentro all’amministrazione comunale in quanto tale, ma nelle sue aziende ( AMAG – ATM- AMIU- COSTRUIRE INSIEME – ex ASPAL ecc). Per questo ho scritto un documento per proporre un nuovo modello di gestionale per le nostre partecipate. E’ un documento molto tecnico,  quindi di non facile ed immediata lettura sopratutto per i non addetti ai lavori. Così vi propongo il link (La cogestione) per chi avesse voglia di leggerselo e approfondire. E’ un documento privo di slogan, che tenta di dare una risposta concreta a legislazione e a risorse economiche invariate. Troppo facile ipotizzare soluzioni chiedendo più soldi a Roma o una nuova legge. Gli amministratori si devono confrontare con il qui e ora, e così ho fatto io. Se qualcuno trovasse la voglia di leggerselo e  avesse anche voglia di commentarlo, mi farebbe davvero un grande favore. Aspetto critiche e suggerimenti.

4) Dopo trent’anni in Consiglio Comunale, alle ultime elezioni hai deciso un po’ inspiegabilmente di non ricandidarti. Perché?
Mi piacerebbe risponderti che è proprio perché sono passati 30 anni, ma non è vero. La passione per la politica, quando uno ce l’ha, se la porta dentro tutta la vita. Il vero motivo è che non vi erano, e non vi sono, partiti politici che in qualche modo mi possano rappresentare. E poi avevo commesso un errore imperdonabile. Mi ero fidato dell’Italia dei Valori. Lo consideravo un partito che proprio per la presenza di Di Pietro poteva rappresentare una ventata di legalità nel mare della politica affaristica. Invece mi sono ritrovato in compagnia di personaggi alquanto dubbi sul piano della moralità politica, se non anche coinvolti in vicende giudiziarie poco chiare. Tutto il contrario di quello che speravo. In politica gli sbagli si pagano, così ho ritenuto opportuno fermarmi. Sbagliare è umano, è perseverare che è diabolico.

ndrangheta-piemonte5) Hai avuto paura quando hai denunciato pubblicamente le infiltrazioni della criminalità organizzata sul nostro territorio?
Assolutamente no. Quando con il comitato di Valle San Bartolomeo abbiamo iniziato a contestare il Piano Regolatore sulla variante collinare, lo abbiamo fatto solo per una ragione di tutela ambientale e di salvaguardia del patrimonio paesaggistico. In allora, mai e poi mai, si poteva anche solo immaginare che la ‘ndrangheta fosse in qualche modo interessata al nostro territorio. La mia era una battaglia in consiglio comunale contro un Piano Regolatore che devastava la nostra collina. La paura è venuta dopo. E’ arrivata quando sono stato chiamato dai vertici dei ROS e successivamente sentito dal Procuratore Antimafia di Torino. Soprattutto è quando le mie deposizioni sono entrate a pieno titolo nel processo Albachiara (costola del processo Minotauro) che ho iniziato davvero a preoccuparmi. Devo però dire che la vicinanza di amici e di associazioni (prima fra tutti gli amici di Libera) mi ha aiutato ad affrontare una vicenda che, fin quando il processo non sarà terminato, non si potrà definire conclusa. Non posso sapere, spetterà ai giudici accertarlo, se davvero la ‘ndrangheta aveva messo gli occhi sul nostro territorio. Una cosa però è certa: con la nostra mobilitazione abbiamo comunque messo in atto una fortissima azione di prevenzione. Abbiamo affermato che Alessandria non è una terra di così facile conquista per le organizzazioni criminali, e di questo dobbiamo tutti andarne fieri.

5bis) La politica per te è un capitolo chiuso, o ti sei solo preso una pausa di riflessione? A quale partito ti senti oggi più vicino?
La politica in quanto politica non è mai stato per me un capitolo chiuso. Appartengo a quella generazione che è convinta che qualsiasi azione è comunque un fatto politico. Se invece mi stai chiedendo se la politica attiva in qualche formazione è fra i miei desiderata, la risposta è certo che sì. Spero che intorno al nuovo paradigma del “bene comune” si formi una nuova coscienza politica che sappia darsi un modello organizzativo per formare un nuovo movimento di tipo culturale e anche politico. Un movimento in grado di contrapporsi al pensiero dominante che teorizza la promozione del mercato senza regole come unica ipotesi per uscire dalla crisi attuale. Non è privatizzando che si esce dalla crisi. Non abbiamo bisogno di meno politica, anzi, al contrario c’è bisogno di più politica. Posso lasciarti con un modesto consiglio? Se nell’intervistare qualche altro politico, o anche qualche personaggio che intenda mettersi in politica, gli senti dire le solite frasi sulla necessità del rinnovamento, della pulizia morale e “bla bla”, chiedigli prima che cosa lui ha fatto fino ad ora per meritarsi la nostra fiducia. Se la risposta è la solita frase “io non ho fatto politica fino ad oggi” mollalo, salutalo e rivolgiti altrove. E’ di altro che abbiamo bisogno.

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