Da Roma per Alessandria: Piano Marshall o Ponzio Pilato? [Controvento]

Ponzio Pilatodi Ettore Grassano.

Chi si aspetta, dal tavolo interministeriale romano, svolte decisive per il comune di Alessandria e per il suo territorio alzi la mano. C’è davvero poco ottimismo, attorno a questo ennesimo, probabilmente ultimo tentativo di ottenere, dalla capitale, una sorta di Piano Marshall che consenta di risananare senza licenziare. Perché di questo, in soldoni, si tratta.

Ieri pomeriggio, in extremis, c’è stato l’incontro tra sindaco e sindacati, nel tentativo di ‘ricucire’ un’unità almeno formale. Ed è emerso che all’incontro interministeriale di oggi prenderà parte anche Paolo Filippi. Aggiungi un posto al tavolo insomma. La presenza del presidente della Provincia simboleggia che la dimensione del problema non è solo cittadina, ma territoriale in senso più ampio. Scelta comprensibile, ma nonostante ciò Alessandria ha dato finora l’impressione più dell’armata Brancaleone che della compattezza. E, oltre ad una frammentazione figlia in forse del nostro individualismo mandrogno, ci portiamo appresso anche un’immagine di aurea mediocritas, che in questi casi non giova: nel senso che per ottenere un trattamento privilegiato o sei una vera eccellenza (e non è il nostro caso), o sei un territorio che sa fare casino come pochi.
E anche in questo caso, noi siamo sobrii al limite del menefreghismo, e sabaudi. Per fare un esempio piccolo e significativo: il comune nei giorni scorsi ha spedito in ritardo le bollette della nuova Tares (l’anticipo in due rate, si intende: il conguaglio ‘mazzata’ lo aspettiamo per dicembre) e gli alessandrini, invece di prendersela comoda come sarebbe stato legittimo, hanno ‘assaltato’ gli uffici postali. Perché si era sì parlato di un posticipo di 15 giorni, ma non si sa mai.
Questo per dire che non siamo Napoli o Reggio Calabria, e qui le rivolte, più o meno organizzate e strumentali, e la disobbedienza civile non sono proprio di casa.

Ma c’è un altro elemento che rende estremamente improbabile che da Roma arrivi una svolta decisiva, ed è l’interlocutore.
Il governo Letta, da quando si è insediato, parla di Fare, ma come un mantra rituale. O, per stare terra terra, come certi uomini nei bar d’una volta parlavano continuamente di donne, senza mai concludere nulla.

Insomma, tralasciando qui le articolate cause, di cui magari parleremo nei prossimi giorni, è evidente che questi ‘traccheggiano’ su tutto: l’aumento iva è rimandato di tre mesi, l’Imu prima casa di fatto anche, e così (e soprattutto) le riforme istituzionale e della macchina pubblica, di cui si fa sempre un gran parlare, senza mai andare oltre il puro ‘chiacchiericcio’.
Letta, appena insediato, si fece scappare quella frase sull’eliminazione delle Province, ma anche lì ne avete più sentito parlare, in un senso o nell’altro? Certo, si aspetta per i primi di luglio il responso della Corte Costituzionale, però l’impressione è che comunque l’immobilismo regnerà sovrano.

Attendersi dunque dal tavolo tecnico interministeriale su Alessandria qualcosa di più di un riepilogo della situazione, e di un “tric e trac” alla Ponzio Pilato, ci pare un azzardo. Voi che ne pensate?

Ps: il comunicato stampa di ieri di Rita Rossa si conclude con un “occorre tenere presente che la nostra città si regge per i 2/3 sul lavoro pubblico”. Sì, occorre certamente tener presente, ma anche rendersi conto che è un modello sociale insostenibile. Anzi, una classe dirigente (e non solo politica, sia chiaro) lungimirante avrebbe dovuto prevenire: oramai si tratta di inseguire cure miracolistiche. In bocca al lupo a tutti…

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