“Gli italiani sanno bene che, nei momenti di crisi, puoi magari rinunciare ad una vacanza, o rimandare l’acquisto dell’auto, ma nutrirsi, e in maniera qualitativa, rimane indispensabile. Questo mi pare il dato di partenza interessante”. Cesare Balsamo, oltre ad essere da circa un anno presidente provinciale di ConfCooperative, è (“da almeno 5 generazioni”) un protagonista del mondo agricolo di casa nostra: non solo appunto per le sue attività di famiglia, ma perché dal 2003 è alla guida di AsProPat, cooperativa agricola di Castelnuovo Scrivia che raggruppa 152 soci produttori di patate e cipolle. Una delle realtà più solide e brillanti del comparto, e del territorio. Ma davvero il futuro è nel ritorno alla terra? E a quali condizioni, ossia come funziona oggi quel mercato? Proviamo a farcelo raccontare.
Presidente Balsamo, prima di tutto congratulazioni: la sua riconferma alla presidenza di AsProPat è di una decina di giorni fa. Pronto alle sfide che la attendono?
Pronto, ed entusiasta, perché noi agricoltori siamo fatti così: amiamo il nostro lavoro, e poi constatare che finalmente in tanti si stanno accorgendo che la terra è centrale per il futuro di una popolazione è davvero una bella soddisfazione.
Ci dia qualche numero su AsProPat, prima di tutto…
La cooperativa è nata a metà degli anni Ottanta, e personalmente la guido da dieci anni. Siamo una realtà sana, che nel 2012 ha generato un fatturato di oltre 5 milioni di euro, con una crescita di 400 mila euro rispetto all’anno precedente. I soci hanno conferito circa 80 mila quintali di prodotto, mentre complessivamente il lavorato è stato di circa 112 mila quintali, perché naturalmente acquistiamo anche patate e cipolle da chi non è socio. Insomma, c’è un giro d’affari in costante crescita, e il nostro cliente è naturalmente la grande distribuzione, a cui conferiamo un prodotto già lavorato e pronto per la vendita.
Avete una sede, a Castelnuovo Scrivia, che è un piccolo gioiello…
Ci è costata non pochi sforzi, e un investimento significativo, di oltre 3 milioni di euro. Ma ne è valsa la pena, perché oggi devi avere davvero tutte le attrezzature e gli strumenti necessari per operare al meglio in ogni fase dell’attività, dalla raccolta alla consegna, se vuoi essere competitivo e qualitativo. Aggiungo che una bella mano ci venne dalla Regione Piemonte: i soldi pubblici possono essere anche bene investiti sul territorio insomma, per creare valore e sviluppo.
Si parla spesso di ‘filiera corta’ e prodotti a chilometro zero. Voi ci credete?
Sì, moltissimo: anche perché la concorrenza è fondamentale, ma su certi prodotti ha davvero poco senso che io vada a fare concorrenza in Lazio a chi produce là, e che loro vengano qui. Diventa un mercato schizofrenico. Qui mi costringe per forza a calarmi però anche nel mio ruolo di presidente di ConfCooperative: lo scorso 27 maggio a Torino è stato presentato un progetto molto interessante, che si chiama OrtoQui, e che coinvolge gli operatori di tre regioni: Piemonte, Lombardia e Liguria. Si tratta di una partnership tra i supermercati Coop del territorio e una serie di produttori di qualità certificata: un modo per valorizzare la filiera corta, e al tempo stesso l’eccellenza di alcuni prodotti e territori. Le cito, a parte le nostre patate e cipolle, anche pesche, albicocche, fragole e ciliege di Volpedo e del tortonese, i meloni del mantovano, le zucchine e le piante da vaso di Albenga, e così via. Insomma, il meglio che le tre regioni offrono sul fronte della produzione ortofrutticola, e che vale la pena valorizzare in loco, prima di correre a vendere chissà dove.
Presidente Balsamo, solo dieci anni fa l’agricoltura sembrava destinata, almeno in Italia, ad un ruolo residuale. Oggi è uno dei pochi comparti a reggere l’urto di questa crisi sistemica. E domani?
Io che l’agricoltura fosse al tramonto non ci ho mai creduto, neppure quando veniva snobbata da molti. Certo, ora fa piacere vedere soprattutto che, al di là delle mode che vanno e vengono, ci sia già da anni una forte inversione di tendenza da parte dei giovani, che sono tornati, o si sono avvicinati per la prima volta, al mestiere di agricoltori, e con un approccio nuovo, più moderno e al passo con i tempi. Del resto le statistiche parlano chiaro: mentre il mercato immobiliare è il calo costante, il prezzo dei terreni agricoli e delle tenute sale. Gli italiani stanno tornando, anche dalle nostre parti, a guardare alla terra come ad un investimento duraturo e stabile, di prospettiva. Di recente ho partecipato ad un convegno nazionale, in cui veniva messo in evidenza che, fra pochi anni, il pianeta avrà 9 0 10 miliardi di abitanti, contro gli attuali 7. Di cibo, insomma, ci sarà bisogno crescente. Ed è positivo che all’interno del decreto ‘del fare’ del governo Letta ci sia anche una forte attenzione per il consumo del suolo: ma lo sa che ogni anno in Italia viene sottratto all’agricoltura un quantitativo impressionante di terreno, per destinarlo ad edilizia, parcheggi, aree artigiani e quant’altro? E’ ora di invertire la rotta: sul fronte edile si riqualifichi quel che c’è, ed è abbandonato. E si torni ad una valorizzazione vera dell’agricoltura.
Parliamo di lavoro agricolo, presidente Balsamo: a che punto è la lotta contro l’abusivato?
Generalizzare è pericoloso: ogni tanto emerge qualche caso eclatante in negativo, e si fa di tutta l’erba un fascio. In realtà la gran parte delle aziende agricole ricorre ormai, anche per il lavoro stagionale, ai voucher e alle altre forme previste dalla legge. Noi, come cooperativa, siamo attentissimi a questi aspetti (abbiamo 15 dipendenti fissi, che arrivano a 25 in certi momenti dell’anno) e lo stesso rigore consigliamo sempre ai nostri soci. L’abusivato, oltre ad essere eticamente scorretto, alla lunga produce davvero più danni che benefici, anche in un’ottica strettamente imprenditoriale.
Ettore Grassano
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