Tiberti (Cgil): “E’ vera emergenza sociale: e la classe dirigente alessandrina è inadeguata”

Tiberti 5A Silvana Tiberti quando parla dei devastanti (e crescenti) effetti sociali della crisi del lavoro si incrina la voce: lei la chiama “empatia”, ed è chiaro che si tratta di coinvolgimento non solo razionale ma anche emotivo. Come succede quando si crede davvero a quel che si fa, insomma. “Non  è mica un trappolone?”, risponde quando le chiediamo un’intervista ‘a tutto campo’. Perché sono tempi così, delicati e di forte strumentalizzazione delle parole e dei gesti di chi occupa la scena pubblica. Poi però si fida, e accetta di raccontarci il punto di vista del sindacato di cui è segretario provinciale, la Cgil, ma anche il suo personale, sull’emergenza occupazionale, e sociale, del nostro territorio.

Segretaria Tiberti, domani ad Alessandria è sciopero generale cittadino, del lavoro pubblico e privato. Perché un altro sciopero, e perché ora?
Perché è il modo più forte e più efficace che ancora oggi i lavoratori hanno per dire basta: è inaccettabile che Alessandria venga stritolata così, apparentemente sul fronte pubblico (Comune e partecipate), ma in realtà con ricadute enormi su tutto il tessuto economico e sociale cittadino. Diciamo no ai licenziamenti, nel merito e nel metodo. Quel che sta succedendo su Aspal è emblematico, in negativo. Abbiamo un sindaco, ad Alessandria, che è stato eletto un anno fa dai cittadini promettendo tutt’altro. E che oggi si è consegnata nelle mani di tecnici che teorizzano che per ricostruire bisogna prima distruggere, e che Alessandria farà da cavia. E’ inaccettabile.

Si riferisce all’assessore Ferraris, in particolare?
Ho letto le sue affermazioni sulla città che vorrebbe: mi sembra l’esatto opposto di quel che, Ferraris Matteo 3un anno fa, il sindaco Rossa ha promesso agli elettori. Tra l’altro, da 12 mesi si parla solo di dissesto, litigando sulle responsabilità, e sul passato. Ma cosa si è fatto, nel frattempo, sul fronte della riorganizzazione vera? Che è il contrario di licenziare: significa analizzare, azienda per azienda, il dettaglio della situazione, e sedersi al tavolo con tutti i soggetti coinvolti, sindacati compresi, per cercare soluzioni condivise. Tutto ciò non c’è mai stato.

Ora si parla però finalmente di apertura, nei prossimi giorni, del tavolo interministeriale, e voi stessi, come Cgil Cisl e Uil, siete stati di recente a Roma incontrando, insieme a Giovanni Barosini, il ministro D’Alia…
(sospira, prima di rispondere) In tanti stiamo facendo il possibile e l’impossibile per ‘smuovere’ la situazione a livello romano, e speriamo davvero che qualcosa di risolutivo possa succedere. Anche se il problema rimane che finora abbiamo dato, come città, un’immagine disunita: in un momento in cui bisognerebbe più che mai fare fronte comune, si ha l’impressione che qualcuno abbia già deciso di procedere con la liquidazione delle società, e i licenziamenti. Come in effetti sta avvenendo.

Pensa ad Aspal?
Ad Aspal, al Tra, alle troppe ambiguità su Atm. E mi fermo qui. Il Tra, ad esempio: noi abbiamo chiesto che per questi 15 lavoratori si trovassero soluzioni ‘ponte’, anche presso aziende private del territorio: nell’ipotesi e nella speranza di restituire in futuro ad Alessandria un progetto culturale e teatrale degno di questo nome. E quindi di recuperare le loro professionalità. Ma nessuno ci ha ascoltati: più semplice tagliare, ricorrere alla cassa in deroga della Regione e tanti saluti. Aspal è un altro esempio drammatico: senza tutta questa fretta, e volontà, di liquidare la società, ai lavoratori si sarebbero potuti garantire se non altro 30 mesi di ammortizzatori sociali. Si è scelta volutamente una strada che ne offrirà al più 12, sempre che non arrivino sul fronte della cassa in deroga altre novità negative. Mi pare che, in tutto questo anno di discussioni, non ci sia mai messi nei panni dei lavoratori: che sono però alla fine le principali vittime del dissesto.

Sindacati AlessandriaSegretaria Tiberti, la centralità del caso Comune di Alessandria, a livello simbolico e anche di ricadute concrete sul territorio, l’abbiamo compresa. Buttiamo però lo sguardo allo scenario complessivo….
Lo scenario complessivo è disastroso, e quando noi come Cgil lo dicevamo, già nel 2010, sembrava vivessimo sulla luna. Ma sa quante telefonate riceviamo, e quante persone tutte le mattine si presentano qui, disperate, alla Camera del Lavoro? L’emergenza non è più soltanto occupazionale, ma sociale. C’è il lavoro che manca, e quello che è pagato troppo poco, a condizioni da fame. Penso alla valanga di finte partite iva camuffate, che non arrivano alla fine del mese: e a certi supposti esperti alessandrini di economia che propongono questo come modello per l’Alessandria di domani, senza neppure rendersi conto che è un modello che è stato riconosciuto fallimentare dalla stessa Confindustria.
Il risultato complessivo è devastante, e lo vediamo da diversi indicatori. La casa, ad esempio, con morosità nel pagamento degli affitti, e dei mutui. E la cessione del quinto non più solo dello stipendio, ma delle pensioni degli anziani, per aiutare figli e nipoti che non ce la fanno più. A me sta balenando in testa sempre più un’idea, in questi giorni…

E quale?
Il modello delle Soms, le società operaio di mutuo soccorso di un secolo fa. Ossia una nuovaSoms 2 prospettiva solidaristica, coraggiosa e forte, per far fronte al dramma di chi non ha più le risorse per pagare l’affitto, per far studiare i figli o per curarsi. Sa che è crollato il numero di coloro che, lavoratori dipendenti senza proprietà immobili, facevano la dichiarazione dei redditi per avere il rimborso delle cure sanitarie? Semplicemente perché hanno smesso di curarsi, non se lo possono più permettere!

In un quadro di questo tipo, non sarebbe necessaria una progettualità ‘di sistema’ , che vada oltre la pur indispensabile gestione dell’emergenza?
Assolutamente sì,  e noi da tempo sosteniamo che è tempo di non giocare solo in difesa, sul fronte degli ammortizzatori sociali che pure sono indispensabili. Bisogna invece dare una speranza e un futuro al lavoro in questa provincia. Ma anche qui, inutile nasconderselo: esiste una forte responsabilità delle istituzioni, e di tutti i soggetti che, a vario titolo, in questi anni avrebbero dovuto agire. C’è probabilmente un problema di inadeguatezza della classe dirigente del territorio, e se volete mettermi nel ‘mazzo’, come rappresentante del sindacato, lo accetto. Ma con le opportune distinzioni: è vero o no che abbiamo un ente territoriale, la Provincia, i cui rappresentanti politici hanno tirato i remi in barca molto prima del dovuto? Le cito poi casi recenti: la Giornata dell’Economia della Camera di Commercio: il deserto. Il Forum Pittatore Ambrosetti: iniziativa in sé importante: è chiaro che se sei moribondo, non puoi curarti da solo, ma devi rivolgerti ad uno specialista. Allo stesso modo, ci serviva un soggetto esterno, autorevole come Ambrosetti, che facesse un’analisi, e formulasse delle ipotesi di soluzioni e percorsi. Ma nell’alessandrino chi li raccoglie, poi, questi stimoli? Nessuno, cadono nel dimenticatoio, fino al prossimo convegno!

Terzo Valico 2Anche sul Terzo Valico si è molto discusso e litigato: e ora che si farà?
Ecco un altro esempio di pessima gestione di un grande progetto. Il progresso ha bisogno di opere pubbliche, di investimenti. Ma naturalmente il tutto deve avvenire, da un lato, con una forte attenzione all’analisi dei rischi (ambientali, di salute, di sicurezza). Dall’altro lato ci deve essere una progettualità ampia, ossia: il Terzo Valico dovrebbe essere un perno, una leva per far crescere tutto il territorio. Penso alla banda larga, alla logistica novese e alessandrina. Insomma, torniamo ancora una volta all’incapacità di fare sistema, e alle responsabilità di una classe dirigente, che non è solo politica in senso stretto.

In questo scenario drammatico, a casa del sindacato si nota una forte coesioneTiberti 6 della Triplice, ma anche una serie di sigle storiche o più recenti, dai Cub a Usb, che rivendicano spazio…
Confermo la forte unità tra Cgil, Cisl e Uil, per fortuna: in questo momento, di fronte ad un’emergenza occupazionale e sociale senza precedenti, è più che mai necessario fare squadra, e dare voce al disagio enorme dei lavoratori. Le altre sigle sindacali: qualcuna è effettivamente di lungo corso, e rivendica un proprio ruolo. Altre le conosco francamente poco. Ma non è questo il momento per aprire altri fronti di polemica.

Ettore Grassano

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