Piercarlo Fabbio nasce ad Alessandria nel 1955, “precisamente in via Bergamo angolo via Trotti”. Dopo gli studi liceali, si laurea in Lettere all’università di Torino con una tesi di storia del Teatro e Storia del Cinema comparate, relatori i professori Gian Renzo Morteo e Gianni Rondolino. Allo IAL formazione inizia ad insegnare nel 1979 fino al termine dell’esperienza dell’ente. Nel 1982 si sposa con Alida Cotroneo, medico, sua compagna di scuola fin dai tempi del Liceo Scientifico; nel 1987 la famiglia si allarga con l’arrivo di Filippo Pietro Alex. Completa il quadro un cane Labrador retriever, Argo (che ha sostituito il meticcio Rolly), adottato su indicazione di Filippo nel 1997. Politico dagli anni Settanta (in ordine cronologico: DC, PPI, CDU, Forza Italia e ora PDL), Consigliere Comunale dal 1985 e sindaco dal 2007, nel 2012 deve lasciare la poltrona di primo cittadino di Alessandria a Rita Rossa. Giornalista pubblicista dal 1981, è direttore responsabile di Case & Affari e del Foglio di Fabbio. Ha pubblicato diversi libri, tra i quali ricordiamo “La piazza del tempo”, volume dedicato al ponte Tanaro. Il suo primo lavoro in regola è stato quello di bracciante agricolo negli anni Settanta.
1) Piercarlo, che cos’è per te Alessandria?
La mia città, nella quale sono nato, alla quale ho dedicato tanto tempo e dalla quale ho ancora molto da imparare.
2) Cosa avresti fatto di diverso rispetto a Rita Rossa in questi ultimi 12 mesi, se fossi stato tu il sindaco? E oggi che faresti?
Non avrei smontato utili strumenti per proseguire il cammino di mantenimento degli standard di qualità della vita raggiunti dalla nostra comunità, come Altri e la newco AMIU-IREN. Avrei evitato di dichiarare il dissesto. E oggi sceglierei lo sviluppo, perché il rigore, che è ciclico rispetto alla crisi, non dà risultati. Ora lo dice anche il FMI.
3) Abbattimento ponte Cittadella, bonifica teatro, rose moldave, troppe assunzioni nelle partecipate: c’è qualcosa, tra questi elementi o altri, che non rifaresti? Insomma, quale è stato il tuo errore principale?
Che cos’è una prova di giornalismo da trattoria? Il ponte cittadella andava abbattuto per legge; la bonifica del teatro avveniva a seguito di un incidente di cantiere mentre si asportava amianto, mica lo si metteva?; le rose le ha comperate Alegas (esattamente come altri oggi sponsorizzano aiuole) da un vivaista italiano e comunque io non sono razzista e le rose fioriscono ancora; per le assunzioni sarebbe meglio guardare i numeri (in Amiu 16 persone in 5 anni, manco il turn-over), anche se non ho sentito nessun giornalista sollevare critiche quando si sono stabilizzati i precari del SIT con l’assunzione in Aspal. Gli errori, se vi sono, sono di metodo. Non si può andare per episodi. All’epoca dei fatti la filosofia più diffusa era quella della spesa pubblica (mai sentito dire dagli attuali governanti, prima oppositori, quando vi era un avanzo di amministrazione, che non si era stati capaci a spendere tutti i soldi chiesti ai cittadini), poi nel 2012 venne la spending review (ed io avevo terminato il mandato) e se dobbiamo dirla tutta è già fuori moda. Ho fatto investimenti per 165 milioni di euro, ne ho lasciati altri 50 all’attuale Giunta che è riuscita finora a non far nulla, ho stabilizzato il debito che l’Amministrazione precedente aveva raddoppiato e ho incassato circa 50 milioni di alienazioni immobiliari e finanziarie. Ho mantenuto stabili tasse e tariffe. Sono errori?
4) Come ti è venuta l’idea dell’inno di Alessandria? Non hai mai pensato che potesse essere usato per mettere in ridicolo il tuo operato?
Chi conosce la storia di Alessandria non può pensare a queste stupidaggini. Di odi, carmi, inni in poesia dedicati alla città è piena la letteratura locale. L’inno è di Guido Astori, musica gradevole e orecchiabile. Mi è stato chiesto di mettere le parole e l’ho fatto. Dà fastidio fare un omaggio alla propria città? Per caso esiste un’ordinanza che obblighi le scuole o i cittadini a cantarlo? Nel passato, quando facevo le elementari, dovevo comperare “La città mia” scritto dal sindaco Nicola Basile e non mi pare che nessuno gli abbia dedicato dosi da cavallo di satira politica. Ed io sono contento di possedere quel libro.
5) Come si riorganizzerà il centro-destra alessandrino? E tu che ruolo pensi di poter ancora svolgere?
Oggi parlare di centrodestra è un po’ impegnativo. Se continuerà l’assenza del 60% degli elettori dai seggi, i partiti finiranno per orientarsi a fare politiche per pochi (i loro elettori) e si renderanno sempre più invisi. Il PDL che ha perso in tutti i capoluoghi, esattamente come ha fatto in Alessandria, non ha più alleati e nessuna attrattività. Che senso ha dire che senza Berlusconi non si prendono voti? Al di là del dovuto riconoscimento verso il nostro Presidente, la riflessione serve solo per affermare che il PDL è un ectoplasma e Silvio l’unico sopravvissuto. Bisognerebbe far nascere un nuovo soggetto politico, più in sintonia con il PPE, per riuscire anche a superare la diversità italiana. Vi è il problema delle diverse identità, perché, cadute le ideologie, comunque rimane la questione dell’assieme. Se invece si pensa ad un contenitore per ogni idealità fin qui interpretate dal centrodestra, allora si fa peccato di superbia e non si fa neppure un passo in avanti. Io ho 58 anni e Andreotti disse che a sessant’anni avrebbe smesso di fare politica.
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