Io sono un comunista [U Gnacapiöğ]

Bona Giorgiodi Giorgio Bona.

Prima che gli amanti clandestini, PD e PDL, uscissero allo scoperto lingua in bocca rivelando a tutti la loro passione nascosta e il loro amore profondo giurandosi reciproca fedeltà, ricordiamo come gli avversari di Berlusconi, quelli di uno pseudocentrosinistra (più centro che sinistra perché sentire D’Alema e Bersani sembra sentire il Malagodi dei tempi d’oro) erano apostrofati dal Cav. con un termine che voleva apparire ingiurioso: comunista.
Comunista raggruppava una serie di insulti e di epiteti degni della miglior tradizione di destra. Con il termine comunista i seguaci dell’Uomo di Arcore avevano individuato gli avversari della competizione elettorale che andavano da Mastella a Ferrero passando dai compagni pentiti del PD.

Inutile dire che qualcuno che veniva apostrofato come comunista si sentisse offeso e provocato e prendesse le debite distanze.
In ogni caso credo che il termine comunista per chi lo è e si sente comunista sia un grande onore e un motivo di orgoglio.

C’è chi associa il termine comunista con le dittature dei paesi dell’est, con i crimini di Stalin, con i gulag, perché i comunisti mangiavano i bambini e adesso hanno fatto un passo in avanti e mangiano i cani, allo slogan Dio ti vede Stalin no.

Chi è comunista e non solo, però, non può dimenticare gli anni di lotta che hanno portato alle conquiste nel mondo del lavoro e dei diritti, quei diritti che gli amanti PD e PDL stanno affossando silenziosamente con una terapia indolore che sta anestetizzando la nostra società.

MondineA tal proposito voglio in questa sede riportarvi un passo del mio romanzo in embrione, il titolo provvisorio “le cicale cantano nel nostro silenzio”

La giornata è limpida e il cielo pulito. Senza una nuvola. Un sole caldo inonda il paese e la campagna circostante. Nonostante il sereno. le risaie rilasciano nell’atmosfera piccoli nembi di aria vaporizzata, come una nebbia sottilissima che si vede a occhio nudo.
Maria Provera tiene un forcone in mano e si trova lì dall’alba con poche irriducibili. Qualche ora dopo il corteo è composto da circa novecento persone, tutte lavoratrici del riso raccolte nelle loro umili vesti e sprofondate nel loro copricapo di paglia. Si sono date appuntamento a Vercelli invadendo le vie della città per un riconoscimento dei loro diritti.
Fa molto caldo, un’estate annunciata anche se è ancora primavera. Un caldo così non lo ricordano da trent’anni. La città è infestata dalle zanzare, che con questo caldo umido sono arrivate con largo anticipo.
Il giorno prima Maria, con una delegazione composta da alcune colleghe e accompagnata da Angelo Fietti in rappresentanza della Lega dei Contadini aveva chiesto un incontro alle autorità per discutere tariffe e orario di lavoro. Queste ultime avevano disertato l’incontro e per tutta risposta si erano organizzati per rispondere a queste richieste attivando una linea dura.
Dopo aver percorso la strada principale il corteo delle donne si ferma sulla piazza principale davanti alla sede del municipio. Il paese si attiva immediatamente mostrando grande solidarietà alle mondariso che marciano a testa alta. Il canto è intonato a bassa voce ma giunge alle orecchie di tutti, anche quelli che non vogliono sentire, è chiara la loro richiesta di un aumento di salario per riconoscere questo lavoro duro.

Chi non lo sapesse Maria Provera, la passionaria delle mondine, è stata in prima linea per la conquista delle otto ore di lavoro, una delle più importanti e e significative conquiste politiche e sindacali del 900. Non a caso viene dal mondo della monda del riso. Quello della mondina era uno dei lavori più duri e massacranti.

Il passo qui riportato è l’incipit di una rivolta delle mondariso che si sono sdraiate sui binari della stazione di Vercelli per impedire l’ingresso del treno in stazione che portava altre mondine provenienti dall’Emilia e che dovevano sostituire le scioperanti. Inutile dire che ci fu una carica della gendarmeria che colpì violentemente le donne che facevano resistenza..
In questa resistenza c’è un significato profondo nell’essere comunisti. Se essere comunista significa riconoscersi in questo, allora insultatemi pure. Io sono comunista.