Molinari: “Portiamo a Roma le emergenze di Palazzo Rosso e Palazzo Ghilini”

Molinari RiccardoRiccardo Molinari fuma il sigaro, come Umberto Bossi. Ma se provate a trascinarlo in diatribe di corrente (“si dice che lei sia maroniano, e che Cota l’abbia inserita in giunta regionale senza entusiasmo”), liquida qualsiasi abbozzo di polemica con un sorriso, e con un “ma con tutti i problemi che abbiamo, pensiamo a lavorare e a risolverli, per i piemontesi”. A soli trent’anni, di cui più della metà di convinta militanza leghista, Molinari ricopre, dallo scorso 20 marzo, il ruolo di assessore regionale, con numerose deleghe in portafoglio, ma due più “delicate” di altri: i rapporti con gli enti locali, e con l’università.

Lo incontriamo, naturalmente nel fine settimana, alla sede alessandrina della Lega Nord, di cui è segretario provinciale. E tra un’emergenza telefonica e l’altra, riusciamo a “fare il punto” sulla situazione del nostro territorio, e sullo stato di salute della politica regionale.

Assessore, ora che lei fa parte della casta a tutti gli effetti, ci confessi subito se viaggia da Alessandria a Torino con autista e berlina d’ordinanza…
(sorride, ndr) Veramente per ora sto usando il treno, in attesa di ottenere, questo sì, i pass per l’auto necessari per muoversi per Torino senza incappare in continue multe. Per il resto, chi mi conosce sa che mi sono sempre spostato con mezzi miei, altro che autista.

Appena si è insediato, si è subito ritrovato tra le mani la “patata bollente” delleMolinari Maroni comunità montane. Qual è la situazione?
Non solo quella veramente: consideri che ho saputo la sera del 19 marzo, intorno alle 21, che dal giorno dopo sarei stato assessore: e i primi giorni sono stati pesantissimi, tra incontri e approfondimento diurno e serale di tutte le questioni. La vicenda comunità montane è complessa, ma si sono anche diffusi allarmismi da cui occorre sgomberare il campo. Che le stesse debbano scomparire lo ha deciso, in sostanza, una legge dello Stato: che ha fatto un po’ come con le Province in realtà: non ha detto proprio cancellatele, ma le ha svuotato di fatto di risorse e competenze, che è la stessa cosa. Il Piemonte aveva già concesso una proroga di tre mesi, rispetto alla scadenza nazionale del 31 dicembre scorso. Proprio perché da noi, come noto, esiste una miriade di piccoli comuni, ai quali era corretto dare il tempo di organizzarsi, attraverso unioni o convenzioni, per continuare ad erogare i vari servizi: dalla polizia municipale alla manutenzione delle strade, per intenderci. La situazione in realtà è “a macchia di leopardo”: nel senso c’è chi si è già pienamente organizzato, e chi ci sta lavorando.

Ma le comunità montane che fine faranno? E i loro dipendenti?
Nel giro di qualche settimana la Regione nominerà dei liquidatori, che non dovrebbero essere politici ma tecnici, i quali dovranno occuparsi di portare il bilancio in pareggio, valutando caso per caso come procedere alla valorizzazione e vendita dei beni delle comunità. Precisiamo, però, che è nostra intenzione tutelare in maniera totale i dipendenti delle strutture: una parte dei lavoratori tornerà in carico diretto della Regione, altri saranno collocati nei comuni, che riceveranno per dieci anni un contributo del 70% del costo lordo degli stipendi, e la possibilità di assumerli in deroga al patto di stabilità. In parallelo, si attiveranno tutte le forme possibili di uscita incentivata (ma assolutamente volontaria) o dove possibile di “aggancio” alla pensione.

Palazzo GhiliniRimaniamo sugli enti locali assessore: lei, da alessandrino, conosce benissimo le emergenze di Palazzo Rosso, e anche di Palazzo Ghilini. Cosa farà?
Tutto il possibile, e magari anche di più, mi creda. Intanto nei prossimi giorni ho già in programma un incontro con il presidente della Provincia, Paolo Filippi, e con l’assessore Comaschi, per entrare in tutti i dettagli tecnici e finanziari. Vorrei essere non solo interlocutore, ma anche megafono delle esigenze del nostro territorio, e questo al di là delle magliette di partito. Un incontro diretto al più presto vorrei farlo anche con Rita Rossa, ben sapendo che lì c’è l’ulteriore aggravante e complicazione del dissesto: ma proprio perché Alessandria è l’unico capoluogo di provincia piemontese in questa situazione, deve essere aiutata in tutti i modi possibili.

Anche facendo “pressione” su Roma?
Assolutamente sì. E qui il discorso si fa più politico. Nel senso che davvero l’emergenza degli enti locali, nel loro insieme, è arrivata ad un tale livello, che solo facendo fronte comune le tre regioni del Nord (Lombardia, Veneto e Piemonte) possono riuscire a battere i pugni sul tavolo, e farsi ascoltare davvero. A Roma, dove c’è assoluto bisogno di un governo, fosse pure ‘di scopo’, come in Europa. Naturalmente, e qui parlo da leghista, il fatto di avere tre governatori di Regione della Lega Nord credo possa essere un aiuto per un’azione forte e comune. E per noi leghisti anche un’ulteriore responsabilità.

La Regione Piemonte però, fra le tre, sembra il vaso di coccio: è piena di debiti, diciamocelo.
Lo so bene, e non si può ignorare che, in passato, sia stata gestita a livello di finanza pubblica più o meno come una regione del profondo Sud. E’ poco diplomatico dirlo, ma è quel che è successo. La nostra giunta, dal 2010, sta facendo tutto il possibile per raddrizzare la situazione, che è delicatissima. Soprattutto sul fronte sanità: dove, bisogna che i cittadini lo sappiano, un eventuale commissariamento porterebbe a tagli lineari pesantissimi, tutti sulla pelle dei piemontesi e del diritto alla salute. Credo che l’attuale rimpasto, oltre a rispondere a logiche di riequilibrio politico all’interno della maggioranza di centro destra, abbia consentito di mettere in campo una squadra coesa e determinata. Ci aspettano due anni pesanti, lo sappiamo bene, ma ce la metteremo tutta, in termini di impegno, e di trasparenza.

Palazzo-borsalinoLei, Molinari, ha anche la delega ai rapporti con l’Università. In fondo è stato studente fino a non molti anni fa: è un mondo che dovrebbe sentire ancora molto vicino….
E’ così: la settimana scorsa ho avuto incontri concreti e soddisfacenti con gli organismi di gesitone, ma anche con le rappresentanze degli studenti. C’è ampia sintonia, mi pare, sulla necessità di andare, immediatamente e non chissà quando, verso una logica che, nella distribuzione delle risorse (peraltro sempre più scarse), vada verso una declinazione concreta del merito. Quindi, in sostanza: borse di studio, contributi alloggio e altre forme di sostegno devono andare ai più bravi, naturalmente tra coloro che hanno redditi tali da necessitare di aiuti. Come fare? C’è accordo sul fatto che muoversi solo sulla base della media dei voti, a prescindere dalla difficoltà dei corsi di studi, non è un approccio corretto. Per cui proprio in questi giorni gli esperti stanno mettendo a punto una versione “italiana”, ossia tradotta in trentesimi (come le votazioni agli esami) dei criteri di valutazione europei, già utilizzati per l’Erasmus. Criteri che sono appunto in lettere, e non in trentesimi. Inoltre, c’è la ferma intenzione di dedicare maggiore attenzione alle esigenze dell’Università del Piemonte Orientale: anche qui, da subito, individuando dentro l’Edisu una figura dirigenziale di riferimento che risponda in prima persona su questo fronte. Mi auguro che i risultati si possano vedere rapidamente: di sicuro monitorerò anche personalmente, e con filo diretto aperto con i responsabili.

Ettore Grassano