Dagli all’untore [Il Superstite 126]

arona-2di Danilo Arona

Oh, questa settimana, assieme ad altri girovaghi di Facebook, mi sono beccato la qualifica di “untore” per avere condiviso, senza apparente verifica sulle fonti, un sito informativo che descriveva una situazione di gravissimo disordine sociale – in pieno stile Distretto 13 di John Carpenter – nella sfortunata nazione greca. C’è stato chi, secondo un ineccepibile punto di vista, ci ha redarguito più o meno così (e va da sé che sintetizzo): non rompete i coglioni e, prima di diffondere cazzate, informatevi, perché la situazione in Grecia è grave certo ma non è quell’Apocalisse metropolitana dove si parla di folle che assaltano i supermercati e di bande armate che seminano il panico in giro.

Il ragionamento potrebbe non fare una grinza, però, al di là del fatto che certe condivisioni avvengono in buona fede e su un’onda emotiva amplificata dal collettivismo di Facebook, non sono personalmente affatto sicuro delle tesi, per capirci, “tranquillizzanti”. Non perché sia ancora un giornalista regolarmente iscritto all’Albo, ma piuttosto perché dispongo di una cugina che, innamoratissima, ha sposato un uomo ellenico. E qualche informazione ce l’ho. So ad esempio che, se sei diabetico grave, puoi crepare perché si fa fatica a trovare l’insulina. So che puoi uscire di casa al mattino e tornare nel primo pomeriggio per non potere più entrare perché te l’hanno occupata e la polizia pare non riesca a fare nulla (qualche caso analogo peraltro ce l’abbiamo avuto anche in Italia).

Grecia disordiniSo che certa violenza urbana è aumentata chiaramente alimentata da una disoccupazione che secondo dati ufficiali sta volando verso il 30%. Se tutto questo non significa ancora l’Apocalisse per le strade di Atene, il dato reale – e forse ancor più preoccupante – è la censura del silenzio con la quale chiunque, fra presunti untori e altrettanto presunti fan dell’obiettività, forse può incorrere in fenomeni di dis-percezione. Per quanto paradossale possa sembrare, esiste persino chi in Italia – e nella mia città, Alessandria – è convinto che non esista affatto un’emergenza sociale perché, beato lui, non gli tocca. O semplicemente perché vive, con quel che gli resta della materia grigia, da qualche altra parte. A costoro di certo non possiamo chiedere di avere una percezione oggettiva della situazione in Grecia. Lo dico così, con molta civiltà, spero. Anche se non mi piace, tra i vari tentativi di polemica tamarra che si sono letti contro gli “untori”, il consiglio, un po’ saccente, di continuare a postare foto di cani e di gatti da salvare. Come dire, occupatevi di cazzate e non di cose serie.

Si può anche non rispondere, ma purtroppo è necessario ricordare che la nostra è – anche – una nazione talmente incivile per molta parte di chi la popola che si è costretti a scendere in campo, con fotografie appunto di cani e di gatti, per tentare di arginare stupidità, violenza e sadismo gratuito nei confronti di creature senzienti che non hanno voce a propria difesa. Considerare questa pratica umanitaria figlia di un dio minore è ben più irrazionale e biasimevole della condivisione allargata dei preoccupanti segnali che ci provengono da una nazione a noi molto affine e che è stata culla della civiltà.