Alessandrini (e italiani) come i capponi di Renzo?

Ricapitoliamo: il Governo conferma il nuovo aumento dell’Iva, che va a sommarsi a tutti gli altri balzelli che sappiamo, Imu in primis. Una tassa quest’ultima che, applicata ad un contesto come quello alessandrino (dove abbondano i proprietari di più immobili: ma si tratta spesso di case e appartamenti a bassissima redditività), rischia di creare, da qui ad un anno, sconquassi indicibili. “Per dicembre ci sto ancora dentro, ma l’anno prossimo dovrei vendere un appartamento, per pagare le tasse sugli altri, perché liquidità ne ho poca. Ma a chi vendo, considerato che nessuno compra? Quindi alla fine aprirò un mutuo in banca”. Me lo ha detto l’altro giorno un conoscente, ed è un sentimento diffuso.

E queste sono rose a confronto dei molti  che non hanno neppure un reddito fisso su cui far conto, oppure lavorano ma senza la certezza di essere pagati. Mi riferisco ai disoccupati, ai precari, ai dipendenti di tante piccole aziende private (che ricevono gli stipendi in ritardo da un pezzo, ma un po’ per timore e magari un po’ anhe per solidarietà con il datore di lavoro sopportano in silenzio), ai soci delle cooperative, ad artigiani e lavoratori autonomi, e naturalmente alla non meno felice condizione, oramai, di tanti dipendenti pubblici, a partire da quelli di Palazzo Rosso e dintorni. E poi ci sono le gravi emergenze della Provincia, alle prese da qui al prossimo anno con un percorso in sostanza di auto annullamento deciso a Roma. Non solo per gli accorpamenti (con Asti, nella fattispecie), ma per i tagli insostenibili ai bilanci, che significheranno per forza riduzione di servizi, e di personale.

Dove voglio arrivare? In sostanza a questo: rischiamo di scannarci, giorno per giorno, su emergenze che toccano ognuno di noi, o i vari settori della società e del mondo del lavoro. Beccandoci tra noi come i polli di Renzo (che poi erano capponi, in realtà), in una sorta di guerra tra poveri, o tutti contro tutti, che non porta da nessuna parte. Soprattutto in mancanza di una strategia complessiva che sia sì chiara, ma anche condivisa dalla maggioranza della popolazione. Chiamasi democrazia.

Perchè in Italia la democrazia oggi è sospesa? In primis perché Monti e i suoi finti tecnici sono stati imposti e non scelti. Ma soprattutto (e nessuno lo spiega a sufficienza ai cittadini italiani) perché costoro stanno compiendo un’operazione chiara e terribile: restituire al più presto ai tedeschi e ai francesi, e alle loro banche, la parte di debito pubblico italiano che costoro si ritrovano in pancia. A questo servono gli odierni e i prossimi sacrifici del popolo italiano: mica a creare infrastrutture e sviluppo. E l’unico problema, in vista delle elezioni politiche, pare sia trovare la “gabòla” per garantire continuità al processo, altro che. Una volta che quest’ultimo sarà completato, l’Italia verrà temo abbandonata a se stessa, e lo scenario greco (o argentino di qualche anno fa) diventerà un passaggio inevitabile, lungo e doloroso.

Insomma, giusto che Rossa, Filippi e chi altri si battano ognuno per il proprio ente, e porzione di territorio. Ma rendiamoci conto che la dimensione del problema non è certo locale. O comunque non solo.

E allora qualcuno di voi ha capito qual è la strada (concreta e dimostrata con numeri: non con affermazioni di principio) proposta dai diversi schieramenti politici agli italiani per i prossimi 10 anni?  Io continuo a percepire solo l’emergere dell’istinto di conservazione di un ceto parassitario, terrorizzato dall’idea di perdere privilegi. Grandi e piccoli, a Roma come in periferia.

E l’astro nascente Samorì? Questa è una bella manovra preparata a tavolino, e da seguire con attenzione: Berlusconi ne sa una più di Andreotti! Beh, forse esagero…