Ci sono due pilastri che ancora separano l’Italia dal baratro, e si chiamano sanità e scuola. Entrambe con l’aggettivo pubblica: non per demonizzare le opzioni private di vario tipo (più o meno convenzionate), ma per ribadire la centralità che lo Stato è doveroso abbia rispetto a queste due colonne portanti del nostro welfare. La terza colonna sono le pensioni: e vedrete che lì il prossimo passo sarà tagliare, da maggio, gli assegni già erogati. Grecia docet.
Scuola e sanità, dicevamo. Ad entrambe il governo Monti sta dando la mazzata definitiva, con tanti saluti ai diritti delle classe popolari, che del resto una ministra di recente ha definito “smorbie”, ma in inglese.
Sul fronte scuola, avrete letto anche voi l’ennesimo grido d’allarme delle Province, che non hanno più il becco d’un quattrino per pagare il riscaldamento degli edifici, per cui appena il freddo sarà un po’ più intenso, tutti a casa. Per noi padani, in particolare, abituati ad un inverno che comincia a novembre e finisce ad aprile, uno scenario di “vacanze lunghissime” da far tremare i polsi alle famiglie. I ragazzi studieranno davanti al pc domestico connesso ad Internet? Forse, ma da autodidatti, perché la scuola italiana non ha fatto certo passi in avanti significativi neppure su quel fronte. Del resto, se si pensa che docenti e studenti si portano la carta igienica da casa, ha senso mettersi a discutere di innovazione?
Eppure, attenzione, al maxi concorso per insegnanti (mestiere una decina di anni fa snobbato, e quasi denigrato) si sono presentati 321 mila candidati per 11 mila posti: un dato che, meglio di tante analisi sociologiche, dice quale sia la realtà occupazionale italiana. E, tra l’altro, in pochi evidenziano che l’accesso al concorso è stato precluso ai neolaureati degli ultimi anni (non so quanti di preciso), altrimenti il numero di aspiranti sarebbe stato ancora più eclatante.
Passiamo alla sanità: il ministro alessandrino Balduzzi, prossimo candidato del Pd alle politiche 2013 (o così si dice in giro, ma mi pare così strano: è un tecnico, no?), ha varato un nuovo piano di tagli, col plauso e le frasi retoriche di rito del Quirinale: “Bene i tagli, ma salvaguardare il servizio”. Ora, tutti noi siamo stracerti che nella Sanità (che si “brucia” quasi l’80% dei bilanci delle regioni: un mare di euro) ci siano “mangerìe” di ogni genere e ad ogni livello, sprechi per inefficienza cronica, e magari anche una quota di amministrativi o dirigenti vari ben imboscati, a fronte di carenza di infermieri e medici di prima linea.
Epperò ci crede qualcuno al fatto che i tagli avverranno sul fronte degli sprechi e delle inefficenze, senza invece penalizzare i pazienti? Figuriamoci: qui saltano 30 mila posti letto, e incrociamo le dita, augurandoci di conservare la salute a lungo.
Ma da quanti anni sentiamo parlare di riduzione di costi in questi e altri settori nevralgici dell’economia pubblica? Possiamo ancora credere alla buona fede, e alla competenza, di chi li propone?
Il welfare, con i suoi tre pilasti essenziali (istruzione, sanità, previdenza) rimane il discrimen tra una società civile, che offre a tutti un livello almeno “basico” di opportunità e tutele, e una nuova era barbarica, in cui andare, tutti contro tutti, a guadagnarsi privilegi e favori individuali. E secondo molti osservatori e indicatori europei il biennio 2013-2014 vedrà l’Italia al centro della tempesta. Monti continua a vedere la luce in fondo al tunnel? Sarebbe bello chiederglielo!
E. G.