Alessandria in marcia: ma verso dove?

Comincia per Alessandria un’altra settimana di passione? Tutto lascia supporre che sia così: il Comune con le casse vuote, la Provincia alle prese con la riduzione degli stipendi dei dirigenti (e con la coda polemica dei tagli di giunta di sabato), e l’appuntamento con il processo Solvay fissato, salvo rinvii dell’ultima ora, per mercoledì 17.

Di tutti i temi, a me francamente questo sembra di gran lunga il più serio, e infatti appassiona giusto qualche bastian contrario come Lino Balza, che mi piace citare spesso per la coerenza con cui porta avanti la sua battaglia quasi solitaria.
Sindacati, politici e cittadini di Alessandria dell’inquinamento generato dal polo chimico se ne fregano da sempre: credo si possa chiamare “rimozione di massa”, che non significa non sapere. Significa credere che va bene così, tanto di qualcosa si deve pur morire, ecc ecc..

Sindacati, politici e cittadini saranno presenti invece, in massa e senza bandiere di partiti, alla fiaccolata per Alessandria di giovedì sera. Iniziativa contro cui naturalmente non ho nulla, e che spero non venga vissuta come una sorta di via Crucis, o marcia funebre.

In questi casi, però, il cui prodest, ossia a chi giova, è d’obbligo porselo. E’ quella di giovedì sera una dimostrazione di forza rivolta a mister Monti? Beh, ma quello Alessandria non sa nemmeno dove sta sulla carta geografica: appartiene sicuramente alla categoria di milanesi “ah, da voi nelle Langhe si mangia benissimo” che mi sono sciroppato per anni, credetemi.

E del resto saremmo davvero dei provinciali nel senso più triste se non ci rendessimo conto che di situazioni di enti locali alla canna del gas (o territori in condizioni disperate: pensate a L’Aquila, per fare solo un esempio) ce ne sono talmente tante, che non è che possiamo aspirare al primo posto nell’agenda del governo.

A me la mobilitazione di giovedì sera pare quindi assolutamente rivolta al “fronte interno”: mi pare cioè che sia un modo che sindacati e amministratori locali del centro sinistra (il centro destra, o quel che ne resta, per ora tace: e non si sa se acconsente) hanno per “serrare le fila” del consenso, e per dire in primis alle migliaia di lavoratori che dipendono in maniera diretta o indiretta da Palazzo Rosso (e in fondo anche da Palazzo Ghilini): noi siamo con voi, noi siamo voi.

Sarà un successo? In termini di partecipazione, probabilmente sì. Ma, ancora una volta, l’auspicio è che ci sia chi, nel team del sindaco di Alessandria, sta lavorando seriamente sull’assetto futuro di tutto il “sistema” Palazzo Rosso.

Per Palazzo Ghilini il discorso è più sfumato: se davvero il Governo ha intenzione di commissariare tutte le Province entro fine anno, che altro possono fare nel frattempo Filippi e Comaschi se non ridurre i costi all’osso (compreso il ridimensionamento di alcuni stipendi), e soprattutto cercare di vendere l’immobile di Arenzano? Ben poco.

Il Comune, invece, ha una maggioranza eletta da pochi mesi, e che dovrebbe ragionare da qui al 2017, almeno. Andando, come visione, anche molto oltre, e proponendo soluzioni finanziarmente compatibili e realizzabili. Del tipo: ecco come ti rivoluziono un ente “decotto”.

Con un progetto serio, anche in bozza, si possono battere i pugni sul tavolo di Monti, ed esigere ossigeno per realizzare l’impresa. C’è questo progetto? Qualcuno sta lavorando con numeri e dati su una riorganizzazione complessiva del Comune, e delle sue partecipate? Speriamo di sì, e che prima o poi se ne abbia notizia.

In caso contrario, fiaccolare e marce su Roma, finalizzate a trovare risorse per procrastinare sine die lo stato di cose presenti, assomiglia terribilmente ad una richiesta di elemosina. E, dato il contesto del Paese e il numero di “Alessandrie” esistenti, non ci vuole un genio per capire che si sta perdendo tempo. E’ finita un’epoca: o ne prendiamo atto e mettiamo in campo un nuovo modello di ente locale, o ne pagheremo le conseguenze ogni giorno di più.

E. G.