Sotto choc. Così appariva ieri pomeriggio il consiglio comunale di Alessandria, dopo l’arrivo in mattinata dell’attesa pronuncia della Corte dei Conti, che ha di fatto certificato il dissesto dell’Ente. E sarà pure un mero stato contabile, come cerca di dare ad intendere l’ex sindaco Fabbio, ma in un’azienda privata si chiamerebbe fallimento.
Ma è vero che un Comune non può fallire? Certamente quel che è evidente è che questi politici (e dirigenti) convinti di avere, sempre e comunque, una rete di salvataggio, mille giustificazioni e, in fin dei conti, nessuna responsabilità per i loro pessimi servizi alla comunità hanno assolutamente fatto il loro tempo.
In ogni caso, ieri c’era da restare un po’ straniti (e più di un osservatore e/o ascoltatore del consiglio lo ha rimarcato) nel constatare che l’assise di Palazzo Rosso ha liquidato con poche frasi formali del sindaco Rossa la questione dissesto, per poi invece dedicarsi a disquisizioni su questioni operative (lo scioglimento di alcune partecipate, in particolare: ma soprattutto le riflessioni sulla loro utilità e sul loro funzionamento). Passaggi certo necessari e da espletare, ma che a noi cittadini, francamente, sono sembrate un po’ un bla bla fuori tempo massimo, un passarsi la palla, palleggiare e punzecchiarsi in punta di citazione e aggettivi (e qui l’ex sindaco Fabbio è sempre il più bravo di tutti), quasi un voler “parlar d’altro”. Come quando si va a casa del morto, e per alleggerire l’atmosfera si parla del tempo, o del tale che non si vedeva da un sacco di tempo.
Ecco: da oggi il morto c’è. Quindi non fate più finta di niente per favore, signori amministratori e consiglieri, e spiegateci che intenzioni avete, e cosa ci aspetta. Che il tandem Fabbio Vandone sia il principale artefice politico del disastro pare evidente a tutti, ma non ci basta e non risolve la questione.
Un’intera città ha il fiato sospeso, e la borraccia della speranza quasi vuota.
E. G.