C’era una volta la banca del territorio

Al di là delle rassicurazioni di facciata, tira aria sempre più fredda (e non è condizionata) su quel che è rimasto della vecchia Cassa di Risparmio di Alessandria. Le cronache ufficiali le conosciamo tutti: fino alla recente fusione per incorporazione con la Banca di Legnano, e alle inchieste giudiziarie che coinvolgono la capogruppo Bpm (Banca Popolare di Milano), con arresto dell’ex presidente Massimo Ponzellini, tutt’ora ai domiciliari.

Nei giorni scorsi c’è stata poi la lettera inviata dai vertici del gruppo bancario milanese (il seduttivo presidente Andrea Campanini Bonomi e il ceo, o consigliere delegato, Piero Luigi Montani) a tutti i dipendenti, con la quale si annuncia il rinnovamento totale, per cui ad esempio “grazie agli sforzi sul fronte del sistema di gestione e di controllo della Banca, certi episodi avvenuti in passato – sia sul fronte delle operazioni svolte dalla Banca sia su quello dei prodotti offerti alla clientela – non si ripeteranno, e i nuovi presidi ci aiuteranno in questo senso”.

Peccato che le valutazioni (ufficiose e in camera caritatis) di non pochi dipendenti vadano in direzione assolutamente contraria, e che in tanti a livello di gruppo stiano aspettando con una certa apprensione di conoscere i dettagli del nuovo piano industriale, annunciato per metà luglio.

A noi, naturalmente, preme innanzitutto, da inguaribili provinciali, la situazione
del nostro territorio. E qui quel che emerge, dialogando con chi sta dentro “la macchina”, sono sconforto e sorrisi di rassegnazione. Gira voce che, da quando il marchio CrAl ha smesso (nonostante le rassicurazioni della vigilia) di comparire sulle comunicazioni indirizzate alla clientela, non pochi “affezionati”, soprattutto retail, abbiano deciso che non c’era motivo per continuare il percorso con una banca locale che tale non è più, e che fa parte di un gruppo fra i più “chiacchierati”. Tempi duri per i banchieri, lo so. Ma quelli che alla fine rischiano di rimetterci di più, alla fine (oltre ai clienti, ça va sans dire) sono mi sa i poveri bancari: altro che le dichiarazioni d’amore della Littizzetto, che pure risalgono soltanto ad un pugno di anni fa.

Ma restiamo sulla Banca di Legnano: si dice in giro che a fine anno la stessa (e quindi anche gli sportelli CrAl) sarà definitivamente inglobata dalla capogruppo, e che quindi tutte le filiali diventeranno “tout court” Bpm.  Vero o illazione?

“Guarda che è già successo alla Cassa di Risparmio di Tortona, e a tante altre: alla fine non è quello che interessa davvero ai clienti”, mi dice un’amica che ne sa. Bah…però se a questo si accompagna un progressivo distacco dal territorio, e l’incapacità di prendere in loco anche la minima decisione discrezionale a supporto di questo o quel cliente o progetto, forse forse i conti non tornano.

Ma la Fondazione CrAl, in tutto questo processo, che fa? Sta alla finestra, lavora su progetti alternativi o che altro? Ricordate ad esempio l’accordo sulla “recuperabilità” del marchio in caso di sua dismissione da parte di Bpm, e l’ipotesi, accantonata ma mai del tutto abbandonata, di una banca di territorio targata Alessandria e Asti? Non è che adesso che si torna  a parlare anche di provincia unica il progetto potrebbe tornare di attualità?

Di certo oggi anche l’immagine della Fondazione CrAl è sbiadita, e non sono pochi a ritenerla un “buen retiro” per politici in parcheggio, e leva utile soltanto ad un gruppo di amici, o amici di amici.

Sicuramente in altre realtà (la stessa Asti, o Cuneo) da parte della popolazione (o di gruppi e strati della stessa) sono arrivati segnali del tipo “la Fondazione è nostra, sia più aperta e trasparente”. Gli alessandrini invece, fatalisti o rassegnati che siano, tendono a pensare “la Fondazione è roba di pochi, che ne fanno quel che garba loro: da sempre”.  E’ solo un luogo comune, o c’è del vero? Ed è pensabile che si imbocchi un percorso diverso per il futuro?

E. G.