Province: si litiga sulle briciole. Ma il futuro?

Ieri sul quotidiano La Stampa si tornava a parlare di Provincia, intesa come ente. Nello specifico, di una trattativa in corso per una (modesta a quanto pare: 89 mila euro complessivi per il 2012) riduzione del monte stipendi dei 680 dipendenti per il 2012. Tagli a quanto pare imposti da Roma, e che però secondo i sindacati andrebbero a penalizzare soprattutto chi guadagna 1.000 euro al mese, o poco più. E per nulla gli stipendi più elevati. E qui, attenzione, si parla di 56 “posizioni organizzative”, cioè non solo di dirigenti in senso stretto (una decina credo, ma chi ha dati precisi li fornisca), ma di funzionari che integrano lo stipendio base con voci relative a specifiche responsabilità e produttività (non ridete, please), e insomma alla fin fine tanto male non se la passano.

Del resto, limitatamente ai dirigenti di Palazzo Ghilini e di Palazzo Rosso, ho già avuto modo di segnalarvi in passato il rammarico di un mio amico, che ha ruolo analogo in un’amministrazione di altra provincia piemontese, e che ogni tanto mi chiede come mai lui sta “soltanto” sugli 80 mila lordi, e questi spesso assai oltre i 100 mila. Io di solito gli rispondo che secondo me è perchè sono più bravi: così, tanto per farlo arrabbiare.

In realtà siamo in attesa di capire quali sia la strategia complessiva di mister Monti sul fronte della spesa pubblica: si parlò di abolizione o accorpamento delle Province, o ancora di loro trasformazione in enti di secondo grado. Poi più nulla.

Ora a quanto pare si vola più alto: leggiamo che si sta lavorando di lima sugli sprechi della sanità (sul fronte acquisti, oltre che sul costo delle prestazioni erogate), ma anche che si prevede la vendita di asset pubblici. Quali, lo vedremo. E chi se li comprerà pure.

Ma le Province, in tutto questo turbinio di progetti che fine faranno? Attendiamo fiduciosi, e intanto facciamo la nostra fila a pagare l’Imu, in attesa di Irpef e aumento dell’Iva.

E. G.