Le lucertole della politica

Da alcuni giorni cerco di prestare ancora più attenzione del solito all’unico strumento in cui credo per capire cosa sta succedendo davvero nel Paese. Ossia ascolto le persone attorno a me: amici, vicini di casa, conoscenti al supermercato o al bar. Mi sto sempre più convincendo che:

A) l’elezione del sindaco di Alessandria interessa soltanto ad una (sempre più sparuta, ma assai rumorosa) pattuglia di truppe cammellate, e di commentatori professionali. L’alessandrino medio non crede assolutamente che dalle urne a maggio uscirà una qualche soluzione “altra”, rispetto a quanto la città ha partorito finora. E forse neppure pensa che sia possibile, tanto ormai la parola politica è stata svilita, diciamo pure sputtanata dai suoi praticanti.

2) la vera preoccupazione diffusa riguarda il futuro del Paese, non naturalmente per amor patrio (che da noi ha avuto probabilmente la sua ultima manifestazione temporale nell’urlo di Tardelli a Spagna ’82: da lì in poi solo sopravvivenza individuale), ma per le conseguenze che ognuno immagina come scenario per sé, e per i propri affetti. Che il governo Monti sia un passaggio antidemocratico, imposto da banche e Germania, credo che in tanti lo abbiano ben presente dall’inizio. Il punto è che, col pragmatismo amorale di cui ha sopportato usurpatori stranieri e ladroni nostrani, purché qualche briciola arrivasse anche al proprio desco (“di Francia o di Spagna, basta che se magna”), les italiens han pensato più o meno: “va beh, piuttosto che veder andare in fumo i risparmi di una vita, viva Monti, viva Napolitano, se serve viva pure Mao Tze Tung“. Che tra l’altro potrebbe essere il prossimo passo.

Comunque: ora che a molti è chiaro che Napolitano e Monti sono i liquidatori fallimentari non del vecchio regime (che con ruoli diversi hanno sempre pienamente/biecamente incarnato), ma del welfare state e dei risparmi degli italiani, cosa resta?

“Ma di Grillo cosa ne dici?”, è il commento più ricorrente al bar, tra amici, al mercato. Ma, con tutti i meriti che oggi si possono riconoscere a chi da anni dichiara con tenacia che il re è nudo (penso alla politica delle ruberie, ma soprattutto allo strapotere delle banche: denunciato con forza dal solo Beppe, mentre i tanti professoroni tacevano, e parallelamente intascavano consulenze e gettoni nei consigli di amministrazione), non credo che Grillo si proponga per il dopo Monti. E quando dice castronerie come “Usciamo dall’euro e non paghiamo il debito pubblico” dovrebbe pure immaginarsi il panico che crea tra chi oggi, per protesta, lo voterebbe volentieri. Perché il meccanismo perverso è che, d’accordo, oggi siamo strozzati dalle banche: ma i banchieri il debito pubblico l’hanno comprato con i nostri soldi, e non pagarlo significa veder andare in fumo i nostri risparmi, temo.

Quindi quale soluzione c’è all’orizzonte? Alternativa al crollo intendo, perché quello dobbiamo scongiurarlo assolutamente, o lo pagheremo noi. Mica lorsignori.

E. G.

Ps: dei movimenti della politica partitica tradizionale torneremo a parlare presto. Leggo ad esempio che Alfano annuncia rivoluzioni: sarà mica Berlusconi che medita di cambiarsi il cognome in Cordero di Montezemolo?

E poi c’è Casini che lancia il Partito della Nazione, mentre Renzi (e forse Chiamparino) starebbero spingendo il Pd alla deflagrazione. Con possibili ricadute persino alessandrine.

Dice bene la Jena su La Stampa: tutte novità frenetiche come la coda di una lucertola già morta.