Dobbiamo ancora mantenere dei dirigenti così, liberi di fare danni?
In Italia il dottorato non si nega a nessuno, anche se gli studi di laurea molte volte sono considerati inutili ed una percentuale altissima di iscritti alle Università non arriva alla laurea, ma abbandona molto prima. E’ molto diffusa nella gente comune la convinzione che per avere successo nella vita e fare soldi (che è poi il marcatore principale della conquista del successo) non occorra tanto studiare, ma piuttosto imparare a farsi furbi, a introdursi magari in politica, avviare conoscenze importanti, con una certa predilezione per i personaggi equivoci abili a nuotare nelle paludi della corruzione. Più che il sapere della cultura, fanno gola i fasti dello spettacolo, la notorietà televisiva eccetera.
Poi si viene a scoprire che anche quelli che hanno prima snobbato la cultura (che un noto ministro del precedente governo aveva detto che non si mangia né si beve) fanno carte false per appropriarsi di una laurea, magari raccattata presso la “Libera Università di Malta” o la altrettanto “Libera Università” di un non meglio precisato Cantone Svizzero. Ovviamente pagando fior di soldi in nero, meglio se sfilati in barba ai contribuenti ignari.
Qualcuno magari li giustifica anche, affermando che loro poverini erano molto impegnati nel fare, occupati a produrre, a lavorare, mica come quei rammolliti di studenti del liceo che perdono tempo a studiare storia e filosofia, matematica e fisica, informatica (basta e avanza conoscere l’uso del telefonino o l’I-pad) o magari ancora il greco ed il latino (buah, che schifo!).
Alla fine però hanno bisogno di anteporre al loro nome la fatidica sigla: Dott. Tal dei Tali e nel loro curriculum elencare una sfilza di benemerenze intellettuali assolutamente inventate di sana pianta, dopodiché possono entrare nell’Olimpo di coloro che contano veramente e quindi anche un Pier Fieramosca o come diavolo si chiama (ignoravamo fosse già noto come chansonnier padano) può avere il diritto di far parte della Segreteria del Senato della Repubblica, grazie al Trota, alla Nera ed a tutti quelli che come loro hanno avuto in gioventù l’allergia per gli studi.
Il triste è che anche molti loro elettori li difendono, quasi covassero un insano desiderio di rivincita verso chi ha invece raggiunto una solida posizione grazie all’applicazione negli studi.
In Italia non possiamo più meravigliarci di nulla, dopo quello che abbiamo visto, e quindi la notizia è rimasta sconosciuta ai più, perché le nostre televisioni dei Grandi Fratelli e delle Isole dei Famosi non ne hanno nemmeno fatto cenno ed i giornali che tuonano titoli ad effetto non ne hanno scritto neppur in ventiduesima pagina, ma io, che non sono laureato e sul posto di lavoro non mi hanno quasi mai chiamato ragioniere, quale io sono e fui, ma invece geometra (questa è tutta un’altra storia lunga da spiegare), vorrei parlarvi di una cosa così scandalosa che in un qualsiasi paese moderno, che non sia governato da un sultano o da un dittatore, avrebbe sollevato uno scandalo di proporzioni tali da provocare una inchiesta.
Secondo voi affidereste una delle biblioteche più ricche d’Italia, cioè praticamente del mondo, piena di tesori inestimabili, ad un sedicente principe dottore che non è principe e non è mai stato laureato? Eppure è successo. Dove?, chiederete voi. A Napoli, ma i benestare e le autorizzazioni sono passate anche nelle mani di fior di ministri del Nord che hanno giurato più volte di essere lì per fare pulizia. Forse non è colpa loro se non se ne sono mai accorti, ma della loro impreparazione e mancanza di adeguata cultura. Chi vuol fare la barba alla scimmia bisogna che sappia almeno adoperare il rasoio.
Il sedicente principe, nonché dottore, si chiama Marino Massimo De Caro; ha dichiarato di essersi laureato all’Università di Siena, di aver insegnato Storia e Tecnica dell’Editoria nel Master di specializzazione dell’Università di Verona. Di più: ha detto di essere stato consulente del Cardinale Meija, bibliotecario del Vaticano, di aver pubblicato un libro su Galileo Galilei, di essere stato in passato direttore della Biblioteca del Duomo di Orvieto. Ancora di più: la sua famiglia vanta origini nobili, imparentata con i Principi di Lampedusa, per cui lui ha il diritto di fregiarsi del titolo principesco, al pari del famoso Tomasi di Lampedusa, autore del Gattopardo.
“Perdindirindina!” avrebbe esclamato Totò, che di titoli nobiliari ne vantava una sfilza lunga mezzo metro, o “Peb-bacco” avrebbe esclamato Diego Abatantuono mentre mia nonna Majen si sarebbe limitata ad esclamare “Cujon!” dal basso della sua modesta cultura! Peccato che il vero principe, Gioacchino Lanza Tomasi di Lampedusa, si sia affrettato a ribadire che i De Caro, avi del bibliotecario in questione, non hanno nulla a che vedere con la sua casata. Per somma di sfiga poi viene fuori che all’Università di Siena il sedicente Dott. De Caro si è sì iscritto nel 1992, rimanendovi poi regolarmente fino al 2002, ma senza laurearsi. Quanto all’Università di Verona, nei documenti non risulta traccia di tale illustre docente. Ebbene un personaggio del genere avrebbe potuto comparire come protagonista di un film di Lino Banfi o interpretare il Conte Mascetti al posto di Ugo Tognazzi in “Amici Miei” ma non di sicuro ambire a dirigere una prestigiosa Biblioteca, come quella dei “Girolamini” di Napoli, fondata nel 1586 e ricca di ben 159.000 volumi e manoscritti antichi di inestimabile valore. La biblioteca in questione è in condizioni di grave degrado e già qualche anno fa è stata alleggerita di parecchi volumi rari, che con ogni probabilità sono andati ad arricchire collezioni private.
Ebbene, grazie alla nomina a consulente e collaboratore ministeriale da parte del Ministro G. Carlo Galan (attore di punta della cosiddetta “politica del fare”, già ministro dell’Agricoltura e poi dirottato ai Beni Culturali per far posto al noto Francesco Saverio Romano, entrato nei famosi “Responsabili” nell’ultima fase del precedente governo), il sedicente Dott. De Caro è stato nominato direttore della Biblioteca.
In conseguenza dell’aggravarsi del degrado fisico della biblioteca medesima, qualche settimana fa, anche a seguito della ulteriore sparizione di volumi, un gruppo di circa duemila studiosi italiani ha chiesto quale fosse la competenza professionale di tale direttore, il quale si è poi saputo che vanta anche il ruolo di Segretario organizzativo dell’Associazione Nazionale del Buongoverno di Milano, il cui presidente onorario è niente meno che il Sen. Marcello dell’Utri. Il giorno stesso in cui veniva reso noto l’appello di quel gruppo di studiosi, il bibliotecario sedicente dottore, nonché principe, si è precipitato dal Procuratore della Repubblica di Napoli per denunziare la sparizione di circa 1.500 volumi. Che solerzia!
Ah, dimenticavo di dire che l’uomo è anche Console Onorario del Congo, nonché già assistente del Sen. Corbinelli, già responsabile pubbliche relazioni dell’INPDAP (Ente coinvolto in una serie di scandali), già titolare di una libreria antiquaria a Verona, già socio in una libreria antiquaria di Buenos Aires, la Imago Mundi, di un certo Pastore coinvolto in Spagna in una inchiesta su una serie di furti alla Biblioteca Nazionale di Madrid ed in quella di Saragozza. Lo stesso De Caro sarebbe stato il mediatore dell’affare del petrolio venezuelano, che Gian Antonio Stella aveva denunziato come uno dei casi più clamorosi di alleanza fra berlusconiani e d’alemiani. Basta, per favore!
Luigi Timo
(non dottore, né tanto meno laureato)