Il gelo sulla città

Giornate di gelo, ma anche di grande tensione politica, sottotraccia. Al centro della scena c’è sempre Palazzo Rosso, e come potrebbe essere altrimenti?

Ieri sera consiglio comunale un po’ stucchevole. Che senso ha, a fronte delle tante emergenze, incertezze e ambiguità tutte alessandrine, ascoltare Rovito, Bocchio o La Greca che discutono di Unione Europea, governo Monti e potere delle banche? Mi pare davvero un modo imbarazzante di ‘ciurlare nel manico’. Ofelè fa el to meste, dicono a Milano. Dovrebbe valere anche per i consiglieri comunali, no? Confesso che ad un certo punto mi sono illuso che si stesse facendo una ‘supercazzola’ agli alessandrini. Ma non attribuiamo troppa arguzia quando non è il caso: è stata ‘supercazzola’ inconsapevole, purtroppo.

Poi, peraltro, il consiglio comunale ha dato il via libera alla variante del Piano regolatore generale in merito all’area collinare di Valmadonna e Valle San Bartolomeo,che nel pomeriggio era stata votata in commissione Politiche del Territorio.

Il dato politico è senz’altro la spaccatura politica interna all’Idv, il cui consigliere Paolo Bellotti, ricordiamolo, è stato il più tenace oppositore politico del progetto, mentre il capogruppo del’Idv Giancarlo Cattaneo in commissione si è astenuto, e in consiglio non era presente.

Intanto, sempre ieri, agli osservatori più attenti non è sfuggito su Il Sole 24 Ore, un articolo che, nella sua tecnicità normativa, sembrava ‘tagliato’ su misura sulla vicenda alessandrina. Nel testo suddetto si parla di procedure di default di comuni e province, e di quali debbano essere compiti, ruoli e contrappesi tra Corte dei Conti e Prefettura.

Insomma, gira voce che ci sia un rimpallo di responsabilità su chi deve fare il prossimo, inevitabile passo. E che le attese nuove carte della Corte dei Conti a Palazzo siano giunte da mo’…

Del resto nessuno in questi ultimi giorni, fra i principali esponenti del centro destra che abbiamo interpellato, se l’è sentita di dire tra virgolette: “dalla Corte dei Conti non è ancora arrivato nulla”. Piuttosto è stato un rimbalzare di “noi non ci siamo sentiti, io non confermo e non smentisco, ma cosa ti cambia, tanto la fine è nota…”.

Già, la fine: sono sempre più numerosi a parlare di default, di dissesto guidato, di una sorta di concordato fallimentare dell’ente. Neanche fosse acqua fresca. Qualcuno addirittura dice: “ma guarda che sarebbe la soluzione migliore: al sud diversi comuni hanno scelto questa strada, e hanno ricevuto da Roma fior di aiuti”. E va beh, adesso sta a vedere che alla fine la vicenda dell’ultimo anno è tutta una strategia dei nostri amministratori per massimizzare l’utile pubblico cittadino.

Eddai, un po’ di ritegno. Se (e diciamo se, incrociando le dita affinché non sia così) default dovesse essere, sarebbe un disastro per Alessandria, e naturalmente un fallimento senza se e senza ma per il sindaco Fabbio e la sua giunta.

Ma come? Cinque anni fa sono partiti con slogan avveniristici e grandi progetti di privatizzazione di partecipate fino ad allora gestite (a loro dire) in maniera pessima, e ora chiudono il loro ciclo in questa maniera? Oltretutto, avendo negato i fatti fino all’ultimo…no, non ci posso credere, sarebbe davvero troppo.

Però i giorni passano, i dubbi crescono, e non è vero che agli alessandrini non importa nulla. Nessuno di loro magari (e per fortuna) si strapperà mai i capelli per questioni politiche. Però capiscono, capiscono tutto invece. Per questo sono così scettici e demotivati.

E. G.