La fredda primavera delle fabbriche

Tira un vento gelido sulle fabbriche dell’alessandrino. E si annuncia una primavera da brividi. Basta leggere i report periodici dell’assessorato provinciale al Lavoro per rendersene conto. Ma c’è dell’altro: oltre allo stato di crisi ormai più o meno conclamato di numerose realtà piccole e medie, da un po’ arrivano sospiri e colpi di tosse anche dal fronte dei ‘fabbriconi’ spinettesi.

L’altro giorno in un bar ho ascoltato per caso due ragazzi dialogare tra loro, e ho scoperto che, da un giorno all’altro, alla Michelin di Spinetta pare sia scattata la cassa integrazione. Immagino, e mi auguro, solo in qualche reparto, e per un periodo limitato. vedremo di indagare.

Significativo però è anche, e soprattutto, un articolo pubblicato venerdì scorso in prima pagina su Il Piccolo da un attento osservatore delle dinamiche economiche del nostro territorio, il giornalista Enrico Sozzetti.

Leggetelo, in giro lo trovate ancora sicuramente. Pare che i vertici spinettesi della Solvay Solexis abbiano lasciato chiaramente intendere ai sindacati che, tra crisi generale del ‘sistema Paese’ e processo in corso sull’inquinamento da cromo, con rinvio a giudizio e accuse pesanti per diversi dirigenti (sia pur del passato) tutto potrebbe essere possibile.

Compresa la dismissione del polo chimico? Magari, è il primo commento che mi viene da fare, da abitante della Fraschetta che rapporti di lavoro con quella realtà non ne ha mai avuti, e che l’aria della zona invece la respira da sempre. La Fraschetta è terra martoriata da veleni agricoli e industriali di ogni tipo, e francamente non sono un fan dello sviluppo ad ogni costo. Però è evidente che chi ha responsabilità pubbliche deve ragionare in modo più ampio, e considerare anche gli aspetti occupazionali, e di ‘tenuta’ economica di un territorio. E se l’alessandrino si è accontentato per decenni di essere ‘il ventre molle’ del triangolo industriale, puntando su fabbriconi inquinanti anziché su specializzazione e innovazione, non è che può decidere di cambiare strada dalla sera alla mattina, senza programmazione di alcun tipo.

Io comunque non credo proprio che il polo chimico sia a rischio dismissione: semmai, per evidenti ragioni congiunturali, ci può essere la tentazione di creare un clima da “non tirate troppo la corda, o ce ne andiamo”.

Speriamo invece che da un lato i tribunali facciano il loro dovere rapidamente e fino in fondo, e che, sul fronte dell’economia territoriale, ci possa essere la capacità di guardare al futuro, e ad un tessuto di piccole e medie imprese oggi ‘strozzate’, e dalle quali soltanto può arrivare un segnale di ripresa vera, e di futuro di qualità. Altro che i ‘fabbriconi’.

E. G.