La verità fantastica di Dino Buzzati [Novecento]

La verità fantastica di Dino Buzzati [Novecento] CorriereAl 1 di Pietro Mercogliano

 

 

Insieme a Landolfi e a Calvino (e fra questi ognuno di noi può se piace stilare le sue classifiche), Dino Buzzati è fra i maggiori autori del Novecento fantastico italiano. E, cosí come per i suoi colleghi, il Fantastico è per lui un’occasione per meditare sugli strati piú profondi dell’Esistenza: allontanata la superficie dei piccoli e grandi fatti che costituiscono la nostra realtà, nuda – e poi rivestita della trama del Fantastico – sta la Verità. I racconti fantastici di questo nostro Autore sono in un certo senso, presi tutti assieme, come un grande apologo della ricerca di un senso alla vita o comunque di un modo per viverla.

E sono, per dir cosí, l’altra faccia della medaglia del Buzzati-cronista: Dino Buzzati fu infatti anche stimatissimo giornalista, e non solo scrisse elzeviri e Pagine Culturali ma ben si distinse come autore di Cronaca Nera.

E, come da un lato le sue cronache paiono sempre significare qualcosa che vada oltre La verità fantastica di Dino Buzzati [Novecento] CorriereAl 2il fatto narrato, d’altro lato le sue opere d’invenzione narrativa beneficiano della sua inclinazione al giornalistico: ché il freddo tono della cronaca, unito a quello straniato del racconto fiabesco, non fa che confermare la sensazione di verità che accompagna la fruizione di queste opere fantastiche. Come la sua pittura (Buzzati fu infatti anche valente e versatile artista figurativo) alterna ad uno stile surrealista e metafisico un altro fumettistico e quasi naïf, la narrativa di Buzzati oscilla costantemente fra questi due registri: l’oscura nettezza dell’espressione giornalistica e la vaghezza limpida dei racconti della nutrice; sembra come di leggere il resoconto di un racconto attorno al fuoco.

Particolarmente esemplificativi di questo stile sono certamente i racconti: questi uscirono in diverse raccolte, una delle quali – intitolata semplicemente “Sessanta racconti” – vinse nel 1958 addirittura il Premio “Strega” (cosa non comune per opere di silloge); sono testi non collegati fra loro (tanto che alcuni erano già usciti in tre raccolte precedenti), e la loro lettura ben si presta quindi anche a sessioni saltuarie: motivo in piú per affrontarla, qualora non lo si sia già fatto.

La verità fantastica di Dino Buzzati [Novecento] CorriereAlMa l’opera piú nota di Buzzati è senza dubbio “Il Deserto dei Tartari”, romanzo al quale l’Autore stesso attribuiva il ruolo di suo magnum opus e al quale lavorò per lungo tempo prima della pubblicazione del 1940. Si tratta dell’opera di Buzzati nella quale piú evidente appare quella tematica esistenzialista di cui si diceva e che gli è valsa la fama di “Kafka italiano”.

Non è secondario segnalare come i “Tartari” non siano mai esistiti: è il nome che – per assonanza col Tartaro infernale – si diede nel Medioevo al temuto popolo orientale dei “Tatari”; insomma, quella dei Tartari è una minaccia che pur nella sua veridicità storica sconfinava nell’equivoco e nella leggenda. Tanto piú si può dir ciò a proposito Tartari di Buzzati, come sarà noto a chi abbia letto il romanzo e come di seguito si proverà a raccontare.

La trama del libro, programmaticamente scarna fino all’evanescenza è prestissimo riassunta. Giovanni Drogo è arruolato presso la Fortezza Bastiani, al confine settentrionale del Regno: oltre la Fortezza Bastiani si stende un’ampia piana, dalla quale potrebbe giungere la minaccia nemica dei Tartari; ma in effetti è da anni che né i Tartari né alcun altro compaiono da Nord.

Cosí tutto il libro è l’attesa di una minaccia che non arriva, mentre la Fortezza Bastiani vive i suoi ritmi sempre uguali scanditi da una disciplina militare ferrea anche se (o per ciò proprio) svotata di ogni scopo e senso; e mentre Giovanni Drogo cerca un suo scopo e un suo senso: e – come sempre accade – li troverà dove e quando non avrebbe mai creduto, correndo fino all’ultimo il rischio di non riconoscerli.