Alessandria ha 850 anni: ma quale futuro? [Controvento]

Palazzo Rosso: Autano nuovo consigliere, Jacovoni vice presidente CorriereAl 1di Ettore Grassano

 
Antonio Maconi è forse la persona che, in assoluto, ci crede di più. Il logo Alessandria 850 lo ha creato e regalato alla città, e al progetto ci pensa da un paio d’anni: magari anche perchè all’epoca progettava di diventare sindaco, potrebbe obiettare qualcuno. Di sicuro però nel corso del 2017 ha aperto su facebook una pagina dedicata, che alimenta con contenuti, stimolando proposte. E sa bene, Maconi, che il compleanno di Alessandria non deve essere soltanto l’occasione per festeggiare, e per ri/scoprirne (per molti in realtà scoprirne proprio) la storia e le radici, ma soprattutto è una leva per giocarci, seriamente, la carta del futuro, e dello sviluppo.

Maconi nuovaMedico, di mestiere responsabile della struttura di ricerca dell’Aso, oltre che vice presidente della Fondazione CrAl, Maconi Alessandria la ama davvero, e lo si capisce anche solo consultando occasionalmente il suo profilo facebook, vero e proprio tazebao virtuale di foto e ricordi della città degli anni sessanta, settanta, ottanta. “E’ proprio questo il punto”, commenta l’interessato, “capire cosa negli ultimi cinquant’anni (l’ultimo ‘compleanno’ festeggiato in grande stile è stato quello degli 800 anni tondi: correva l’anno 1968, e sindaco a Palazzo Rosso era il socialista Abbiati, scomparso di recente) abbiamo perso per strada, ma anche cosa abbiamo conquistato. E soprattutto dove vogliamo andare”.

Maconi sa (e come lui lo sa il sindaco di Alessandria, Gianfranco Cuttica, uomo Il mesto balletto per Palazzo Rosso [Centosessantacaratteri] CorriereAld’arte e di cultura, ma attentissimo alle dinamiche della società e del mercato del lavoro), che il bicchiere di Alessandria attualmente è vuoto almeno per 3/4, rispetto a cinquant’anni fa.

Abbiamo, è vero, l’università che prima non c’era (e che potrebbe arricchirsi della Scuola di Medicina), ma “siamo una città con l’Università, non ancora una città universitaria”. In compenso la centralità industriale e logistica è ormai solo un’illusione, o a voler essere ottimisti un progetto. Le Ferrovie bypassano Alessandria, declassata a stazione di passaggio, mentre le caserme sono tutte dismesse, e pressochè fatiscenti. Se nel 1968 in quasi ogni famiglia c’era almeno un ferroviere o un militare, oggi abbondano i pensionati, oltre a dipendenti parastatali dall’età media in cui un tempo si andava in pensione, e con una propensione all’innovazione non pervenuta.

I pannelli "assorbenti lo smog" della Michelin: una bufala CorriereAlL’età media dell’Alessandria del 1968 era assai più bassa di quella di oggi, ovviamente. Addirittura in quegli anni, mentre nascevano moderne aree industriali e arrivavano insediamenti importanti (Michelin, ad esempio), c’era chi immaginava una città da 300 mila persone. Non andò così, anche perchè ci furono forze politiche (il Pci dell’epoca, in particolare) che frenarono gli entusiasmi. ‘Orde giovanili’ di migranti del sud significavano all’epoca potenziali focolai di rivolta. E il Pci era già da tempo partito ‘d’ordine’, non certo movimentista.

Sembra fantascienza, oggi, in questo territorio di anziani, disoccupati e migranti (non più ‘terroni’, ma africani) che ciondolano in giro senza sapere come passare la giornata, nella migliore delle ipotesi. Intanto i cervelli migliori della generazione dei 25-35 enni vanno via, all’estero, e riesce difficile dar loro torto.

Dunque, dove organizziamo questo anno di festeggiamenti? Case di riposo, centri per anziani e uffici di collocamento?

No, qualcosa ancora di più e meglio si può e si deve fare, e l’impressione è che il Comitato Alessandria 850 parta bene, con menti lucide (oltre a Maconi e Cuttica Di Revigliasco, anche il presidente del consiglio comunale Emanuele Locci, il vice presidente Mazzoni e il professor Barbato in rappresentanza dell’Upo) e che nessuno voglia fare retorica fine a se stessa. Giusto, per carità, recuperare le radici, e spiegare nelle scuole alessandrine la storia della città, dei suoi protagonisti, dei suoi monumenti. Il 30% degli under 15 ormai è di origine straniera, a rischio banlieue francese. E gli italiani (alessandrini magari da due o tre generazioni al massimo) quanto a consapevolezza storica non stanno messi meglio.

Però la vera sfida si chiama Alessandria 4.0: ossia la salvezza sta nella capacità di giocarsi davvero, con progettualità e senza tentennamenti la strada comune-alessandria-bandieredell’innovazione, e dell’attrattività del territorio comunale, e di tutto il circordario. Alessandria deve recuperare, e deve farlo in fretta, un ruolo di traino rispetto a tutto il territorio provinciale, e diventare terra di servizi innovativi, di economia evoluta e digitale, ‘ponte’ verso aree, italiane e non, in crescita e sviluppo. Come si fa, non lo spieghiamo di certo in un editoriale on line. Ma il lievito, l’elemento essenziale sono i cervelli, le competenze che vanno attratte e valorizzate, e non spinte ai margini e ad andarsene, come succede in questa città da molti anni.

E’ fondamentale provare allora a recuperarli, questi alessandrini illustri sparsi per il mondo. E non solo le solite sorelle pure in calo di ascolti tv, o il telecronista, o il comico che ha studiato due anni al Plana. Andiamo al sodo, please. Imprenditori, manager di livello, figure apicali dell’apparato pubblico italiano ed europeo. Ci sono tanti figli di Alessandria che una mano a questa città potrebbero (e magari vorrebbero) darla volentieri: ma bisogna coinvolgerli in maniera corretta, positiva e propositiva. Questo può e deve essere uno dei compiti centrali del Comitato Alessandria 2018. Ce la facciamo secondo voi?