Come si presenta in riunione il progetto della vita? [Win the Bank]

Win The Bank - Intervento di Valerio Malvezzi al Congresso della Lega al GAM a Torino CorriereAldi Valerio Malvezzi

 

 

Batteria di tre segretarie regolamentari, tirate a lucido.

Erano le tre del sesto piano, quello riservato all’alta dirigenza. Fungevano da staff dell’amministratore delegato e ormai, dopo sei mesi di permanenza in quel piano, seppure come consulente, le conoscevo bene ed eravamo passati al tu amicale.

Simpatiche signore romane, come tutti quelli che lavoravano in quel palazzo d’altronde, mi aiutavano a far passare il tempo che passava lento, mentre facevo anticamera, in quel pomeriggio del ventitré dicembre, l’antivigilia di Natale.

Una delle donne rispose al telefono.

“E’ Ale. – mi disse, posando la cornetta – Dice che tra cinque minuti l’Ingegnere potrà riceverti.”

Come si presenta in riunione il progetto della vita? [Win the Bank] CorriereAl

Ale era Alessandra, l’assistente personale. Una specie di incrocio tra un doberman e una bionda con tre master alla Bocconi. Probabilmente non dormiva mai, lavorava perennemente e, quando parlava, cosa che faceva di rado tra una comunicazione di servizio e l’altra, mi ricordava – non so perché – un sergente maggiore tedesco in un campo di concentramento.

Guardai l’orologio; almeno venti minuti di ritardo.

E io, naturalmente, per prudenza ero arrivato con una ventina di minuti di anticipo. Consultai nervosamente il faldone rosso, che pesava certamente non meno di una decina di chili di carte. Dentro, il mio progetto e tutta la documentazione allegata.

Ripassai mentalmente il discorso che mi ero preparato, e avevo stampato la cinquantina di slides della presentazione video, che non si sa mai non voglia vedere il file a video. Avevo in mente una relazione di circa mezzora, che riassumeva le centinaia di pagine di studio che, da luglio, avevo fatto in quella società.

Il ticchettio dei tacchi nervoso sul pavimento anticipò l’entrata di Ale, come sempre.

“Vale, oggi è una giornata di merda – mi disse mentre seguivo il suo passo militare nel corridoio verso l’Olimpo – e siamo già in ritardo con tutti gli appuntamenti. Un contrattempo dietro l’altro con quelli del Ministero e lui è incazzato nero.”

Amava metterti a tuo agio.

Ritornai nell’ufficio dell’Amministratore Delegato della società pubblica che allora si chiamava Sviluppo Italia (oggi Invitalia) e nella quale ero stato a luglio, quando ero stato convocato. Da allora, avevo lavorato come consulente per tre giorni la settimana nel sesto piano, a non più di trenta metri di distanza, separato solo dal corridoio in fondo al quale intravedevo, talora, vaga e indistinta, l’aurea di santità.

Dopo sei mesi, finalmente, avevo ottenuto un appuntamento per presentare il progetto di rilancio di una delle società del Gruppo. Mi avevano chiamato per un problema di parecchie decine di milioni di euro di aiuti di Stato, con fonti italiane e comunitarie, che potevano attivare investimenti per miliardi.

E ora, finalmente, era giunto il momento di presentare la mia idea.

Mi fece cenno di accomodarmi dall’altro lato del tavolo da riunione e diede un cenno al copioso materiale che stavo tirando fuori dal faldone e ordinando sul tavolo.

La sua voce uscì fuori dal nulla.

“Professore, Lei ha tre minuti.” – mi disse senza salutare.

Tre minuti.

Guardai il volto inespressivo del dobermann, il mio faldone bello ordinato, quindi gli occhi freddi del mio interlocutore e poi fuori dalla finestra il cielo grigio di Roma che si preparava alle feste natalizie.

Tre minuti per presentare un progetto che valeva almeno un miliardo; mi venne da ridere, ma sapevo che non scherzava affatto.
Così, conscio di aver già sprecato un patrimonio di cinque secondi, spostai la decina di chili del faldone rosso e tirai fuori il paracadute.

Per continuare a leggere l’articolo clicca qui.