Letteratura di bottega [Il Superstite 350]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

 

Nel 1996, una vita fa, il settimanale Sette, supplemento del Corriere della Sera, mi dedicò tre pagine all’interno di uno special intitolato Il Diavolo probabilmente. I testi erano di Marco Travaglio e del mio amico Edoardo Rosati e l’articolo che mi riguardava s’intitolava Dal nostro inviato all’inferno, da incorniciare per i posteri e per i nipoti a venire come esempio lavorativo da lasciar perdere. Qui Edo scatenava la sua arte giornalistica definendomi “Dylan Dog delle Langhe”, con almeno un passaggio che val la pena di richiamare:

 

Nel piccolo bunker di Arona non si respira odore di zolfo. Semmai di camomilla. Perché siamo in un’erboristeria. Arona ce l’ha da vent’anni. Al banco ha messo sua moglie. Lui sta da questa parte, nel retro, tra gli scaffali con le riserve di liquirizia e lavanda. È qui che ha scritto il libro-inchiesta Satana ti vuole con Gian Maria Panizza, un viaggio nel mondo delle 500 sette sataniche italiane che passa dallo sfighé (come lo chiamavano a Bologna) Marco Dimitri al raffinato Quirino Principe, esperto di demonologia islamica. Ma la cosa che appassiona di più Arona sono le storie di diavoli di piccola taglia che ha raccolto nel computer: materassi che bruciano inspiegabilmente nel Monferrato, la profanazione di un cimitero di Ovada, quattro rose e uno stiletto trovati all’alba a un crocicchio alle porte di Alessandria. Metteteci tutto questo. E metteteci pure che il retrobottega di un’erboristeria non è esattamente il luogo dove vi aspettereste di trovare un cacciatore di demoni…

 

Il resto oggi si può omettere. Perché, lo ripeto, oggi è notevole la preveggenza Letteratura di bottega [Il Superstite 350] CorriereAldell’amico Edo che ha avuto e che ha dalla sua il vantaggio di conoscermi bene. Ventun anni fa il Rosati colse e mise bene in luce l’importanza, assoluta, della location creativa. Perché il luogo in cui lavoro tuttora, ormai anche un po’ vetusto, è in primo luogo la bottega degli attrezzi dello scrittore: qui i miei “diavoli di piccola taglia” – i Misteri di provincia per anni sul Piccolo di Alessandria, Melissa, Pazuzu, Bassavilla, etc, etc… – hanno preso vita, uscendo da quello strano limbo situato tra inconscio e folclore che è soprattutto la riserva di caccia, la provvista di immaginario, che ogni scrittore dovrebbe battere a ogni nuova prova.

Ma la bottega è stata pure centro di incontri straordinari. Che più di una volta sono finiti, trasfigurati, nelle pagine di qualche mio libro. Impossibile non citare Tigre della Comunità di Damanhur che per primo mi parlò delle Linee Sincroniche della Schiena del Drago, una straordinaria ipotesi di geografia “psico-energetica” – con Google avete modo di approfondire l’argomento, se interessa – che attraversa tanti miei libri e racconti. Sostanzialmente perché poi alla fine ci credo. In bottega sono transitati il cacciatore di streghe Luigi Rapetti,  l’autentico mago Marco Pepè di Genova, amici scrittori e musicisti, e anche un mare di sconosciuti che mi hanno raccontato storie “ai confini della realtà”, alcune delle quali non divulgabili per più di una ragione e soprattutto per privacy.

Era logico pensare che prima o poi la bottega divenisse protagonista a tutto tondo. E tra pochissimi giorni questo accadrà. L’illustrazione che allego a questo pezzo, magari ruffiano e di sicuro promozionale, è la copertina che lo testimonia. Ovvio, l’esercizio è trasfigurato come lo è l’erborista che lo gestisce. Non si chiama Mandragora ma Opus Magica e il conduttore all’anagrafe fa Martino Tavaglione, “erborista geniale e pazzoide, forse serial killer”, come scrive l’amico Angelo Marenzana nella prefazione. E molto pirla, aggiungo io, che ne sono l’ideatore. L’Opus Magica è un negozio più o meno in centro che opera in una città marcescente e lovecraftiana, attraversata da un paio di fiumi, sprofondata nella nebbia e abitata da un crogiolo di razze che ne fa una sorta di babele identitaria: oh, non pensiate che sia una metafora di Alessandria, figuriamoci… Ah, l’Opus Magica è in dirittura d’arrivo per la fine, uccisa come tante altre botteghe di quartiere da una impazzita miriade di centri commerciali che praticano prezzi al di sotto dei costi vivi e dal commercio on-line senza regole. Oh, anche qui va da sé che non mi riferisco a casi personali. Non pensate male…

L’inquietante bottega delle piante fatali, edito da un gruppo di ragazzi in gamba di Roma (Watson Edizioni), è anche non troppo in sottotraccia il mio primo tentativo di fare un libro comico. E garantisco che, al di là di qualche mio classico ingrediente (spettri, omicidi bizzarri, misteri cosmici), ci sono sul serio un paio di passaggi dove persino l’autore ancora si scompiscia dal ridere.

L’invito all’acquisto è implicito, ma rafforzato dal fatto che il libro è molto breve, circa 80 pagine, e si legge in una notte. Costa di conseguenza, perciò è un affare. Accattatevillo (Sophia Loren).