Dado e l’incedere del tempo [Il Superstite 349]

ATO6: "Crisi idrica, i cittadini siano più parsimoniosi con l'acqua" CorriereAl 1di Danilo Arona

 

 

Erano i primi anni ’90. I tempi del Notturno, un bel locale di musica dal vivo agli Orti, in via Donizetti, nel quale passarono diversi mostri sacri della musica leggera, del jazz e della fusion. E che non disdegnava, senza puzza sotto il naso, di aprire ai gruppi e ai solisti locali. Furono stagioni intense prima che il club venisse spazzato dalla furia dell’alluvione del ’94. E nel gennaio del ’92 sul palco del Notturno salì Dado Bargioni. Più o meno un mese dopo su La Stampa uscì al riguardo un mio pezzo che val la pena di riportare in sintesi:

Passato recentemente con buon successo al Notturno Club, lo spettacolo del cantautore Dado Bargioni ha rivelato al pubblico un nuovo talento. Nato nel ’70, anno dello scioglimento dei Beatles, e “nipote” d’arte (lo zio è Rudi Bargioni, decano dei piano bar men della provincia), Dado si presenta con una sintesi audace tra le sue radici (i Beatles), i cantautori italiani fine anni ’70 (in particolare Concato e Daniele) e il funky nero. Ne esce un ibrido stimolante che ha una sorta di precedente nella musica di Mike Francis, uno dei pochi italiani che conquista i mercati esteri. La caratteristica è infatti l’apertura cosmopolita che lo stacca sena pentimenti dai ristretti confini cittadini. «Alessandria non stimola i talenti in crescita – dice – e poi le mie canzoni, soprattutto per l’armonia e la timbrica, hanno ben poco di italiano». Dopo avere frequentato con profitto il Conservatorio specializzandosi in clarinetto, Dado è stato a lungo il solista della Soul C. Band, uno dei pochi gruppi alessandrini a marcata influenza soul e R&B. Quindi, deciso a intraprendere l’attività del cantautore in proprio, ha organizzato un suo spettacolo con basi preregistrate e pochissimi interventi esterni sul palco. Al Notturno Dado ha fatto una strappo alla regola, facendosi accompagnare dagli zii Rudi e Antonella “Marti” Bargioni, dal batterista Nicola Martinelli e dal sax di Giorgio Penotti, e presentando, oltre alle sue canzoni, cover di classici dei Beatles, Commodores e degli Earth Wind and Fire. Ma i suoi progetti futuri non prevedono affollate pedane. «Ho dei buoni contatti con case discografiche – dice – e intendo presentarmi al pubblico soltanto con la mia voce, la chitarra e le basi da me create». Una scelta controcorrente? «Può darsi – risponde Dado – ma credo stia per ridimensionarsi il tempo dei facili effetti e dei gruppi a mille decibel. E poi i Bargioni non sono mai stati conformisti».

L’articolo proseguiva ancora, ma il succo è qui. Ed è un succo di 25 anni fa, santi Dado e l'incedere del tempo [Il Superstite 349] CorriereAl 1numi. E io sto ancora qua a scrivere e Dado ha proseguito la sua carriera in modo coerente e con eccellenti picchi di condivisione planetaria, com’è successo qualche settimana fa al Club Bitter End di Tina Schafer a New York, luogo mitico per la musica dei cantautori di ogni dove conosciuto anche come il New York Songwriters Circle. Esibizione straordinaria di cui trovate testimonianza su YouTube e su Facebook.

Ma allora, vi chiederete, perché riproporre un pezzo tanto datato? Perché i veri, grandi talenti, riescono a fottere il tempo e quell’articolo, intitolato (non da me) con perspicacia preveggente Dado, una voce e una chitarra, si sente cittadino del mondo, proiettava il nostro in un dinamico futuro/ presente in cui già si respirava questa sua dimensione sconfinata e “americana” e non solo perché, come ha scritto Wenders, l’America – ci piaccia o meno – ha colonizzato l’inconscio del mondo.
Personalmente credo che Dado ce ne farà ancora vedere (e sentire) delle belle. Magari un suo passaggio al Madison Square Garden, per dire. Io nel mio infinitamente piccolo gli ho già chiesto il permesso per utilizzare un suo pezzo a favore di un romanzo che al momento sta solo nella mia testa. Un lavoro che inizierebbe, condizionale d’obbligo, sulla vetta della montagna sacra degli Apache, il Monte Graham, dove il Vaticano ha costruito da qualche anno un gigantesco telescopio a infrarosso per monitorare lo spazio. Al Vaticano sanno che si sta avvicinando un misterioso corpo celeste abitato da una mostruosa e bellicosa razza aliena. Il nome del telescopio è LUCIFER. Curioso, no? Il nome del diavolo più famoso, l’Angelo Caduto per definizione. Ma anche titolo di una delle più belle canzoni di Dado. Andate ad ascoltarla e poi venite a dirmi se non merita un romanzo…
Okay, ho debordato e concludo affermando che, sicuro, la musica di Dado viaggia oltre le barriere del tempo. Né di moda né vintage, ma pezzo unico da farci colonizzare l’inconscio. Come l’America.