Trentino: Storia e Natura [Abbecedario del gusto]

Trentino: Storia e Natura [Abbecedario del gusto] CorriereAl 1di Pietro Mercogliano

 

 

La storia del vino in Trentino inizia in anni antichissimi, almeno quattro millennî fa: a quest’epoca, infatti, risale un’anfora contenente vinaccioli che è stata ritrovata nella Valle d’Isarco. Tale lunghissima tradizione ha consentito di sviluppare già in tempi arcaici abilità di coltivazione e vinificazione molto raffinate, che – unite alle favorevoli condizioni del territorio – hanno garantito a questa Regione un primato qualitativo davvero invidiabile; non a caso, fin dal I secolo d.C. imperatori e pensatori latini ricercarono e celebrarono i vini da loro detti “retici” (e cioè originarî proprio di questa zona alpina).

La produzione si arrestò quasi totalmente nell’Alto Medioevo a causa delle invasioni barbariche, per poi riprendere nell’XI secolo all’interno di abbazie non solo italiane: diversi monasteri svizzeri e austriaci e soprattutto bavaresi, accortisi ben presto della grande vocazione vitivinicola del territorio, acquistarono infatti appezzamenti di terreno in Trentino proprio per destinarli a questo tipo di coltivazione per il loro consumo.

In questa stessa zona fra Bolzano e Trento sorgeva l’abbazia di San Trentino: Storia e Natura [Abbecedario del gusto] CorriereAlMichele all’Adige, che vantava nelle colline del suo contado un vigneto piantato a Teroldego: tale vitigno era destinato a divenire uno dei simboli e degli araldi della vitivinicoltura trentina.

Un secondo arresto alla produzione (dopo quello dell’Alto Medioevo) giunse per ragioni economiche: le alte quantità di litri vinificati causarono nel XVII secolo un crollo dei prezzi troppo drastico per gran parte dei viticoltori; si dovette attendere l’arrivo di Napoleone, che a fine XVIII secolo incoraggiò e consentí la rinascita della viticoltura della Regione.

Un terzo e ultimo arresto fu segnato alla metà del secolo successivo dagli attacchi dei parassiti; ma già nel 1874 veniva fondato l’Istituto di San Michele all’Adige per la sperimentazione enologica, e la vitivinicoltura trentina veniva lanciata verso quella crescita che ancora la interessa.

Due sono i principali vitigni autoctoni proprio di questi luoghi.Trentino: Storia e Natura [Abbecedario del gusto] CorriereAl 2

Il già citato Teroldego, vinificato in purezza nella zona del Campo Rotaliano, dà origine a un vino rosso (o anche rosato) denominato Teroldego Rotaliano: color rubino, profumi di frutta di rovo e viola ma anche di spezie scure e pelle conciata; e poi c’è il Marzemino Gentile, tipico della Valdadige: vini fruttati, poco tannici e tipicamente sapidi.

Nella stessa zona della Valdadige si producono altri vini rossi da vitigni della famiglia della Schiava nonché da uva Casetta e Enantio (una specie di Lambrusco), e si coltivano anche diversi vitigni internazionali: Cabernet Sauvignon e Merlot, Lagrein, Riesling e Sauvignon Blanc, Pinot Grigio e Pinot Bianco, Moscato Giallo; il Lagrein, vinificato sia in rosato che in rosso, è molto diffuso anche nell’area della Piana Rotaliana: territorio alluvionale attraversato dal torrente Noce.

Zona completamente diversa è quella a nord-est dell’Adige, fra Lavis e la Val di Cembra (in questi posti esatti è stato rinvenuto un manufatto inciso di origine etrusca il quale testimonia come una vitivinicoltura di qualità sia proprio qui ben affermata almeno dalla metà del VI secolo a.C.); l’elevata altitudine dei terreni terrazzati e la composizione dei loro terreni poveri d’acqua favorisce la concentrazione aromatica nelle uve, specie bianche: Müller Thurgau, Manzoni Bianco, Pinot Bianco, Chardonnay.

Anche la zona dei Laghi Trentini si connota per una netta prevalenza di vitigni a bacca bianca; in particolare spicca la Nosiola Gentile, che dà in questi luoghi sia un vino secco sia uno dolce che va sotto il nome di “Vino Santo”: entrambi si caratterizzano per un ottimo equilibrio e per una notevole sapidità.

Un discorso a parte perita l’areale di Trento, interamente dedito alla produzione dello spumante Trento D.O.C.: produzione iniziata da Giulio Ferrari (la cui azienda fu poi acquistata da Bruno Lunelli) sul modello dello Champagne, ossia il Metodo Classico impiegato sui tre Pinot sciampagnardi (Blanc, Noir, Meunier); prodotto ormai da quasi cinquanta Cantine diverse, è forse (nel bene e nel male) il piú rétro degli spumanti nostrani e – in certe sue felici espressioni – certamente uno dei grandi vini del mondo e secondo alcuni – nelle grandi annate dei grandi produttori – lo spumante migliore d’Italia.