Correva l’anno dimenticato 1977 [ALlibri]

Marenzana 2di Angelo Marenzana

 
Ultimo fine settimana di settembre, quarant’anni fa. La città di Bologna, allora primo snodo ferroviario d’Italia, si fa raccordo d’acciaio e avanguardia di una ben più ampia e diffusa marginalità giovanile. Da polmone di sfogo si trasforma in palcoscenico internazionale.

A Bologna si discute dopo le barricate erette appena sei mesi prima, giorni in cui un pezzo di città bruciava mentre la rimanente parte guardava estranea o sbigottita. Dopo le molotov, le parole provano a diventare protagoniste per comprendere e guidare un fenomeno istintivo. Per continuare, per andare avanti. Per non lasciare a quell’esperienza politica solo il puzzo del fuoco di paglia. Del fine a se stesso.

E così le analisi si consumano e si confrontano nel corso di un grande convegno sulla repressione in Italia organizzato in seguito all’appello uscito sulle pagine del quotidiano Lotta Continua e firmato da intellettuali del calibro di Jean Paul Sartre, Foucault, Deleuze e Guattari.

Perché tutto questo?

Perché correva l’anno ormai dimenticato 1977. Un anno che nessuno ha mai voluto riesumare per comprenderne la portata storica e che ha segnato un solco profondo tra passato e futuro. Quanto meno nell’azione politica e nei ricordi degli allora giovanissimi e della generazione post sessantottina. Una nuova cultura, una nuova immaginazione senza potere. Una nuova paura.

Ricordo anche molti alessandrini presenti tra la folla dei centomila e più Dal 30 settembre Rossi e Galfrè in mostra al Castello di Casale Monferrato CorriereAlche avevano invaso il capoluogo emiliano romagnolo, ognuno con un piccolo contributo personale che andava oltre alla semplice presenza. Giorni anche di musica, teatro, laboratori vari. Giovani di casa nostra che nelle (neanche troppo) segrete stanze si organizzavano per occupare (nel successivo mese di novembre) Villa Guerci e trasformarla in centro sociale. Azione che non andò oltre la mezza giornata prima dello sgombero da parte delle forze di polizia.

Dell’esperienza bolognese di quei giorni si è scritto ben poco. Si è voluto lasciare cadere il tutto nell’oblio dei successivi passi che una parte di quella generazione ha scelto di fare o abbracciando il mondo del terrorismo o quello dell’eroina pacificatrice di mille angosce.

Dal 30 settembre Rossi e Galfrè in mostra al Castello di Casale Monferrato CorriereAl 4Tra le poche testimonianze editoriali resta un volume (credo ormai introvabile) dal titolo Bologna, marzo 1977… fatti nostri edito dall’editore Bertani che, in quarta di copertina, tiene a sottolineare “Non c’è storia in questo libro, pagina uno non è madre o causa di pagina due, semplicemente viene prima: se qualche sociologo è tra voi, inizierà il libro dalla fine, quello è l’ordine sociologico, ma… il libro inizia come nella nostra testa, son la morte di Francesco, gli scontri, le barricate, il fuoco, là dove abbiamo iniziato questa fase della nostra vita…”


Anno attonito e dimenticato 1977. Nato sulle ceneri dei tanti gruppi extraparlamentari e dei mille collettivi cittadini e studenteschi impegnati per quasi tutto il decennio precedente in una forte opposizione di piazza in nome del diritto del proletariato operaio e giovanile. Un mondo che, costretto da mille contraddizioni interne e dall’idea di soddisfare il proprio concetto di bisogno, scelse di frantumare le barriere in cui sentiva costretto il proprio gruppo di appartenenza ideologica oltre a una qualunque forma partito in embrione per disperdersi nel più vasto e generalizzato “movimento”. Tutti sospinti alla ricerca di una maggior autonomia d’azione politica e di una forma di pensiero culturale più libertaria e creativa.

Ed è proprio dalla miscela esplosiva di pensiero politico, pensiero militare e pensiero creativo che il 1977 esplode sulla scena fin dai suoi primi giorni di calendario. Il palcoscenico d’esordio fu la storica cacciata del segretario sindacale della CGIL, Luciano Lama, dall’Università di Roma a metà febbraio. Una fuga consumata tra le spranghe degli autonomi e l’ironia degli indiani metropolitani (Lama non si ama), un’onda che nemmeno il ben più strutturato ed esperto servizio d’ordine del sindacato era riuscito a contenere. Il movimento aveva incominciato a gridare alla vittoria.

Sarà il mese di marzo a segnare la svolta definitiva con la morte a Bologna dello studente Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua (ucciso in via Mascarella da un colpo di pistola sparato da un carabiniere in seguito ad alcuni incidenti nei pressi dell’università tra esponenti di Comunione e Liberazione e studenti di diverso pensiero), evento scatenante di una durissima reazione da parte dei militanti tutti. Bologna verrà messa sottosopra per giorni interi al punto che per sedare i disordini faranno la loro comparsa i blindati dell’esercito. I più creativi battezzeranno quel periodo come i cento giorni di primavera. Mentre l’ala militare inizierà a sollevare le dita al cielo nel segno della P38.

Il 12 maggio a Roma sarà invece la volta della morte di Giorgiana Masi, una diciottenne uccia da un colpo di pistola durante alcuni incidenti di piazza nel corso di una manifestazione del Partito Radicale alla presenza di Marco Pannella. Autonomi armati? Poliziotti in borghese? Anche quello della morte di Giorgiana Masi si candidò subito per allungare la lista dei misteri italiani irrisolti.

Passano solo ventiquattro ore e a Milano in via De Amicis, ci scappa ancora il morto. Questa volta cade l’agente della celere Antonino Custrà (venticinque anni, stessa leva di Francesco Lorusso, 1952), colpito in pieno volto da un proiettile calibro 7.65 Dal 30 settembre Rossi e Galfrè in mostra al Castello di Casale Monferrato CorriereAl 5sparato dalla Beretta impugnata da uno tre giovani dal volto nascosto e piegati sulle ginocchia con le braccia tese nell’atto di far fuoco. I tre autonomi verranno ritratti in una foto che diventerà (forse la più famosa degli ultimi cinquant’anni) l’emblema del germoglio degli anni di piombo. E pure copertina di un volume fotografico edito da Derive Approdi pubblicato cinque anni fa dal titolo Storia di una foto.

Nel giorno successivo, sempre a Milano, più di duecento colpi verranno sparati da un gruppo di una quarantina di giovanissimi all’indirizzo della sede dell’Assolombarda. Molte le armi utilizzate.

Anno dimenticato 1977. L’anno in cui incominciavano a circolare in modo sempre più insistente parole d’ordine di stampo terroristico ma si faceva strada anche la grande forza comunicativa delle radio libere che covavano sotto cenere da un paio d’anni.

Giusto ricordare la nascita in Alessandria di Radio Veronica in un seminterrato di via Pistoia, caratterizzatasi subito per la forte impronta politica. Così come Radio Alice, che consentì alla presa in diretta dei fatti bolognesi nei giorni caldi della rivolta e nel corso dello stesso convegno.

Dal 30 settembre Rossi e Galfrè in mostra al Castello di Casale Monferrato CorriereAl 6Ed è proprio Radio Alice lo sfondo sonoro del romanzo di Paolo Grugni dal titolo L’odore acido di quei giorni (Edizioni Laurana), oggi alla sua quarta e nuova edizione, il romanzo che a tutt’oggi è quello che meglio ha saputo raccontare l’anima di quei giorni, dall’inizio fino al tragico epilogo. Un romanzo storico che si nutre dell’Italia che ha fatto tremare per un istante le fondamenta dello stato. Un’Italia scossa da bombe e terrorismo politico di diversa estrazione, di inquietudine che trovava una via di fuga nella violenza di piazza come forma di ribellione per guidare lo scontro popolare contro la repressione di stato.

Anni che hanno contenuto in sé tutti gli elementi per trasformare quegli istanti da cronaca del dolore in autentica letteratura noir.