Ironia del crepuscolo [Novecento]

Ironia del crepuscolo [Novecento] CorriereAl 1 di Pietro Mercogliano

 

Le etichette con cui conosciamo i movimenti artistici hanno origini varie e spesso incerte; il termine “Rinascimento” ha la sua prima attestazione incisa sulla porta di casa di un bottegaio romano, tanto per fare un esempio.

La paternità del termine “Crepuscolarismo” si attribuisce con buona probabilità al critico letterario Giuseppe Antonio Borghese, anche se altri la assegnano al suo collega Emilio Cecchi; in ogni caso si tratta di un termine nato nel secondo decennio del secolo scorso, quando ormai il movimento era giunto oltre il suo vertice: e si tratta, insomma, di un nome descrittivo e non programmatico.

In effetti, i cosiddetti ‘crepuscolari’ stessi non pensarono mai di darsi un Manifesto o di riunirsi in una Scuola: e anzi le caratteristiche stesse del movimento tendevano a una dichiarata solitudine del poeta e a una sua certa distanza dall’apparire in pubblico e dal proclamare sé stesso.

Il nome di “Crepuscolarismo” fa riferimento almeno a due dimensioni: una collettiva e una privata. Da un lato si tratta del patrimonio poetico italiano, che giunto con D’Annunzio a un estenuante zenitale splendore è nel suo crepuscolo ormai velato di una malinconica ironia; dall’altro è la vita del singolo poeta ad esser contemplata attraverso la medesima lente, come rivestita di un velo di sorridente nostalgia.

Il sentimento, che dal Romanticismo in avanti aveva dominato la ricerca poetica, è in epoca crepuscolare ormai sfumato nel sentimentalismo. C’è una sorta di sublime sperdimento nella poesia crepuscolare, un raggomitolarsi continuo su sé stessi in cerca dell’oblio di sé; si percepisce un senso continuo di autocompatimento, mentre la memoria si attorce scavando nei ricordi d’infanzia delle cose perdute.

La concentrazione sensuale del ricordo genera continuamente la consapevolezza del distacco e la cognizione della morte; il poeta è sempre solo col suo sentimento che lo sovrasta, ma non per questo il suo spirito è titanico od eroico: anzi, è l’immagine pietosa di un uomo in cerca di pace mentre l’insistenza della memoria e della precognizione lo stremano e lo schiacciano.

Il poeta che meglio assommi in sé le caratteristiche del movimento è probabilmente Ironia del crepuscolo [Novecento] CorriereAl 2Sergio Corazzini, autore di titoli come “Piccolo libro inutile” o “Desolazione del povero poeta sentimentale”. Definiva sé stesso un “novizio della morte”, e passò i pochi anni della sua vita nell’attesa del fato che lo colse infatti giovane. Negava che gli fosse tributata la qualifica di poeta, scegliendo forme d’espressione semplici e simili al flusso di coscienza di un bambino preda di una misteriosa desolazione.

Ironia del crepuscolo [Novecento] CorriereAlMa il maggior autore dei crepuscolari è certamente Guido Gozzano: a favore della sua eccellenza ebbe a pronunciarsi anche lo stesso Benedetto Croce. «La letteratura foggia la vita.», scriveva Gozzano. E la sua biografia fu cosí come la sua scrittura un lento ma continuo ritirarsi dalla vita, uno sprofondare nella malattia e nel torpore; sempre però attraversato da quell’ironia sferzante verso sé e verso il Mondo che lo portò, per esempio, a scrivere una cosa come la “Preghiera al buon Gesù perché non mi faccia essere dannunziano”. Uomo piemontese dalla vita infelice per necessità e per scelta, fu il poeta del mondo piccoloborghese e della bellezza delle cose mediocri.

Altri importanti autori del movimento furono Guido Govoni e Marino Moretti. E diversi altri si riconobbero, in quel torno d’anni d’inizio secolo, in una poetica che rifiutava la solennità derivabile da Carducci e l’estetismo dannunziano; nell’opera di D’Annunzio, solo il “Poema Paradisiaco” (opera che segna il programmatico distacco dal superomismo e col senno del poi contiene l’invenzione prima del Crepuscolarismo) è accettato da questi autori come possibile loro antecedente: e con esso i lavori dei simbolisti europei e di Pascoli, insieme alle piú diverse reminiscenze del patrimonio poetico italiano filtrato attraverso il vetro fosco del ricordo lontano.

Per dirla con Borghese: dopo il mattino dei grandi del Trecento e il meriggio del grande Rinascimento e dopo il pomeriggio rappresentato dal limpido Neoclassicismo e il vespro del nostro Romanticismo, il XX secolo contemplava e cantava mite il suo lungo crepuscolo.