Valle d’Aosta: Il grande vino di una piccola Regione [Abbecedario del gusto]

Valle d’Aosta: Il grande vino di una piccola Regione [Abbecedario del gusto] CorriereAl 1 di Pietro Mercogliano

 

 

Facile compito è elencare le denominazioni d’origine del vino valdostano: esse sono solo una, Valle d’Aosta (o Vallée d’Aoste) D.O.C.; che poi si suddivide in sette sottozone, ed il cui areale praticamente coincide con la valle scavata dalla Dora Baltea che dà il nome alla Regione.

Meno facile è conoscere effettivamente questi vini: sia perché la produzione non abbondante rende infrequente imbattervisi, a meno che (e ne varrebbe la pena) non li si cerchi espressamente; sia perché si tratta in molti casi di vini davvero insoliti, per quanto gradevolissimi. Insomma: bisogna ammettere che l’immaginario collettivo, se si affissi sulla Valle d’Aosta, difficilmente si figurerà vigne e tini.

Eppure.
Ancora un paio di considerazioni sui numeri: se è vero che la Valle d’Aosta è la Valle d’Aosta: Il grande vino di una piccola Regione [Abbecedario del gusto] CorriereAlRegione che produce meno vino in tutta l’Italia, è vero anche che è quella che ne produce la maggior quantità percentuale a denominazione d’origine; almeno sulla carta, dunque, ‘poco ma buono’. Altro aspetto caratterizzante è dato dall’estrema parcellizzazione del vigneto: la conformazione del terreno, com’è facile immaginare, non consente lunghe e nemmeno medie estensioni di vite e condiziona anzi la ridotta o ridottissima dimensione delle singole aziende.

E, anche nei punti in cui la vite riesce a crescere per piú che un solo filare, sempre si tratta di una vitivinicoltura eroica: l’uva cresce abbracciando i monti e abbracciata dal ghiaccio, a un’altitudine media che sfiora i due chilometri e mezzo sul livello del mare.
Il terreno è scistoso in parte ed in parte sedimentario, formato da morene come da miche e ricco di rocce metamorfiche.

La sottodenominazione piú nota è quella del Blanc de Morgex et de la Salle, che prevede la vinificazione di Prié Blanc nella sottozona di Morgex; Morgex ha i vigneti piú alti d’Europa, e il Prié Blanc è un vitigno a bacca bianca unico nel panorama ampelografico italiano (ma diffuso con altro nome in territorio spagnolo); il vino è verdolino tenue, sottile ed elegante sia nei profumi sia nel gusto. Ancora fra i vitigni autoctoni sono da citare Fumin e Vuillermin oltre alla Nus Malvoisie (che nulla ha a che spartire con le Malvasie di cui porta il nome e che è anzi un clone di Pinot Grigio), che è vinificata sia in versione secca che di passito; di notevole qualità è anche il bianco aromatico che va sotto il nome di Chambave Muscat.

Valle d’Aosta: Il grande vino di una piccola Regione [Abbecedario del gusto] CorriereAl 2Ma, almeno quantitativamente, la Valle d’Aosta è soprattutto terra di vini rossi.
Il vitigno piú rappresentativo è senza dubbio il Petit Rouge, che rientra in varie proporzioni in diversi prodotti di altissima qualità: l’Enfer d’Arvier e il Torrette oltre che, in unione al vitigno Vien de Nus, il Nus Rouge; e anche lo Chambave Rouge, controparte scura del Moscato citato sopra, è a base Petit Rouge; in generale si tratta di vini corposi e dotati di complessi toni speziati.

E l’altro protagonista dei rossi valdostani è il Nebbiolo, qui chiamato Picotendro, che dà vita all’ottimo Arnad-Montjovet e allo straordinario Donnas: vino meraviglioso, d’indicibile finezza e preziosissima eloquenza giocata su toni sottili e su un corpo non poderoso.

Diffusissime sono in questo territorio le cooperative, che lavorano veramente bene, oltre che i singoli produttori. Si tratta di una terra tutta da girare, dove il vigneto cresce all’ombra dei monti e dei castelli e dove ogni vignaiolo ha da raccontare storie preziose; è la ricchezza senza limiti delle terre di confine, quando con intelligenza chi le abita sappia dalle culture che ne costituiscono l’identità trarre il meglio per sé e per chi voglia incontrarlo.