Quali idee hanno successo [Win the Bank]

Malvezzidi Valerio Malvezzi

 
Ero nell’ufficio legale del grande palazzo Romano. Il Capo dell’Ufficio Legale di quella grande società mi riceveva nel bellissimo ufficio del centro storico. La scrivania era un tripudio di matite temperate, di vari colori, tutte perfettamente allineate nei porta matite.

Le piante ornamentali facevano capolino sui faldoni accumulati ordinatamente sugli scaffali, tra i libri di diritto, le pratiche, le delibere e gli incartamenti per le cause della società. Il Capo dell’ufficio legale mi riceveva come consulente dell’amministratore delegato della medesima società, che aveva in gestione tutte le agevolazioni del Ministero dell’Economia e Finanze (MEF) e che oggi si chiama Invitalia.

Eravamo seduti e io osservavo il mio quaderno di appunti, mentre il sole luccicava sul tavolino di vetro. Stavo osservando, dati alla mano, che la maggior parte delle iniziative di nuova impresa che noi con quella società stavamo agevolando, da anni, non vedevano il rimborso dei contributi ottenuti dai nuovi imprenditori, né a fondo perduto né in termini di interessi sui finanziamenti agevolati.

La ragione era che la maggior parte di quelle imprese falliva, nel giro degli anni previsti per il rimborso dei capitali pubblici avuti in termini di finanza agevolata.

Per me, che all’epoca ero consulente e anche docente universitario a contratto di quella materia, era – lo dissi chiaramente – un resoconto fallimentare delle normative.

Il Capo dell’ufficio legale si tolse gli occhiali e con noncuranza cominciò a strofinarli per pulirli.

Quali idee hanno successo [Win the Bank] CorriereAl

“Lei non capisce, professore – mi disse, pulendoli – questa misura di finanza agevolata non è affatto un fallimento.”

“Ah, no? E perché, dato che buttiamo via ogni anno miliardi di soldi pubblici in imprese che poi falliscono?”

“Perché vede – disse pacatamente rimettendosi gli occhiali – ogni due di quegli imprenditori falliti, uno ci riprova.”

Rimasi a guardare quegli occhi miopi nascosti dietro le lenti spesse, come si guarda in un pozzo senza fondo, senza riuscire nemmeno a commentare.

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